Buona la prima: a Muggia va in scena “Malvasia in porto”

Il vino non accetta confini geografici e offre il meglio di se’ in specifici areali geografici caratterizzati da orografia, clima, idrografia simili, oltre che dalla mano dell’uomo.

A Muggia, lo scorso 26 luglio, sul lungomare si è svolto l’evento “Malvasia in porto”, banco d’assaggio e mercato del vino dove le Malvasie sono state le protagoniste.

Il wine tasting serale, che ha visto la presenza di oltre trenta viticoltori, è stato accompagnato dalla formula del “menù diffuso”, ossia dall’offerta da parte di ristoranti, enoteche e osterie, di un menù che potesse ben abbinarsi alla Malvasia in degustazione.

Il riuscitissimo evento è stato caratterizzato anche dal “diritto di tappo”, ossia la possibilità da parte del visitatore di poter acquistare direttamente dai produttori la bottiglia desiderata per poi degustarla al tavolo del ristorante prescelto per la cena. Massima libertà, dunque, nella scelta del vino da abbinare al menù, dietro corresponsione del solo compenso per il servizio al tavolo.

Malvasia in porto alla sua prima edizione è già appuntamento immancabile per approfondire la conoscenza dei vini della costiera triestina, del Carso e non solo.

L’evento infatti, come per Mare e Vitovska e Teranum, riunisce produttori provenienti dalle vicine Croazia e Slovenia e promuove, attraverso il vitigno coltivato in tali paesi, un’areale accomunato da una specifica identità geografica.

Proveniente dal Peloponneso e precisamente dal villaggio Moni Emvasis, la Malvasia fu scoperta dai Veneziani durante il periodo della Repubblica Serenissima di Venezia. Grazie a loro, il vitigno raggiunse le coste italiane e non solo. Non è noto dove trovasse effettiva origine il vitigno, forse greca o forse proveniente da altro paese per poi essere allevato in quella zona dell’Egeo.

Ad ogni modo, l’interesse della Serenissima per i vini dolci ed aromatici ha certamente determinato la diffusione e coltivazione di vitigni come la Malvasia nei territori controllati dalla Repubblica. Così avvenne anche per l’Istria, la costa dalmata e i territori a ridosso della costa di Veneto e Friuli.

Più che di Malvasia in realtà sarebbe più corretto parlare di Malvasie dal momento che ve ne sono di diverse, geneticamente differenti tra di loro come la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio, la Malvasia nera di Brindisi, la Malvasia di Casorzo, la Malvasia delle Lipari, ecc…

In particolare, la Malvasia Istriana che ci interessa più da vicino e caratterizza la viticoltura veneto-friulana in particolare, presenta una certa somiglianza nella genetica con la Malvasia delle Lipari e la Malvasia Lunga.

Durante la manifestazione sono state presentate molte versioni di Malvasia, così come molto differenti le interpretazioni dei vignaioli presenti.

I vini, caratterizzati da ottima beva nelle versioni più giovani, hanno dato comunque prova di buona attitudine all’invecchiamento e capacità di essere vinificati con la tecnica delle lunghe macerazioni, dando origine a vini oggi più noti con il termine orange.

Al palato il sorso si è espresso con corpo piuttosto deciso e caratterizzato da buona acidità e buon tenore alcolico.

A seconda delle versioni, i sentori olfattivi si sono mossi dal fruttato e floreale fresco e croccante, verso interpretazioni caratterizzate da frutta matura, confettura e frutta secca.

Un plauso a Enti, Associazioni e aziende quali GAL Carso, Comune di Muggia, dall’Associazione Viticoltori del Carso e LAS Istreprivate, che ancora una volta hanno dato dimostrazione di come il lavoro di squadra permetta di raggiungere traguardi importanti in termini di promozione del territorio e dei suoi prodotti tipici.

Antonio Lodedo




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