Employer Branding, strategia vincente nella ricerca del personale

In letteratura la job satisfaction è l’approccio secondo cui il lavoro non si limita per l’individuo ad assumere una dimensione puramente economica, ma va a toccare anche tutte quelle componenti decisive per il benessere, la soddisfazione e la salute mentale.
Oggi, in virtù di ciò che si è sperimentato durante la pandemia, sempre più persone sono alla ricerca di un ambiente di lavoro stimolante, creativo, inclusivo e che rispecchi i propri valori, anche a rischio di non ricevere uno stipendio da capogiro. La dimostrazione di tale tendenza emerge dalle stime del Ministero del Lavoro che registrano, a partire dal 2021, un boom delle dimissioni volontarie.

Secondo i dati, sono soprattutto i giovani tra i 25 ed i 35 anni ad essere più attenti ed esigenti rispetto all’ambiente di lavoro, consapevoli che un contesto nocivo porti inesorabilmente ad una perdita di motivazione e ad alti livelli di stress.

Per le aziende, in questo momento, una delle più grandi sfide è riuscire a conquistare e trattenere i talenti migliori per emergere e risultare competitive. Per farlo devono essere attraenti e mostrare l’immagine migliore di sé ai loro interlocutori, capendone i gusti, i desideri e le aspirazioni così da mettere in campo tutti gli strumenti necessari per il raggiungimento di questo obiettivo.

L’employer branding

L’employer branding, termine usato per la prima volta negli anni ’90 da parte di Simon Barrow e Tim Ambler nel loro saggio accademico reso pubblico dal Journal of Brand Management, è l’insieme dei benefici funzionali, economici e psicologici derivanti da una specifica occupazione e riconducibili con l’azienda stessa.

Oggi viene intesa come la reputazione di un’organizzazione utilizzata strategicamente per attrarre e reclutare nuove risorse promettenti. In quest’ottica, l’azienda stessa viene utilizzata e pensata come se fosse un marchio e non solo nella fase di recruiting ma anche in quella della retention. Gli obiettivi principali di questa strategia sono diffondere il valore dell’organizzazione, curarne l’immagine, attrarre i candidati migliori, incrementare il coinvolgimento e la fidelizzazione dei dipendenti e migliorare il clima e benessere organizzativo.
Ad occuparsi della progettazione e pianificazione della campagna di employer branding, che deve essere sistematica e continuativa, il reparto delle Risorse Umane e del Marketing.

Le azioni basilari sono sostanzialmente tre. La prima, consiste nel raccogliere le informazioni utili per definire la percezione del valore e della reputazione aziendale sia dentro che fuori l’organizzazione, così da poter definire la strategia. Avviata la campagna, per capirne l’andamento ci si può avvalere della web analytic e della web semantic analytics dei social, sempre più centrali in questi processi di valutazione. Infine, l’ultimo step coincide con la misurazione dei risultati ottenuti, che avviene esaminando sia i curriculum ricevuti, in termini qualitativi e quantitativi, che il livello di retention.

La ricerca del candidato perfetto
Non sempre è l’azienda a scegliere i propri dipendenti. La prima decisione spetta al l’aspirante lavoratore che sceglierà, sulla base di alcuni parametri, di presentare o meno la propria candidatura leggendo un’offerta di lavoro. Se l’azienda ha come obbiettivo intercettare i migliori talenti, allora anche l’offerta di lavoro dovrà essere davvero interessante.

Per prima cosa, è essenziale pubblicare l’offerta su siti web considerati facili da usare e rendere chiaramente individuabili tutte le informazioni inerenti alla posizione lavorativa aperta.

Un’offerta è considerata allettante quando vengono garantiti una serie di vantaggi come, ad esempio, il work life balance, la formazione o lo smart working.

Nel proprio sito deve essere ben curata la sezione “Lavora con noi” nella quale dovrà essere presente una panoramica dell’ambiente di lavoro e la possibilità di autocandidarsi. Per trasmettere l’immagine “del posto ideale dove lavorare”, dove il potenziale candidato potrà identificarsi, riconoscersi e desiderare di voler far parte di quel contesto, è necessario caricare video con testimonianze dirette dei dipendenti, o dei manager, mixando momenti di lavoro con altri momenti piacevoli e ludici tra le mura aziendali.

Social network e blog aziendali possono aiutare notevolmente le operazioni di recruiting. I primi sono considerati dei data base dai quali è possibile cercare informazioni su milioni di professionisti e sono utili sia ai recruiter che a coloro che stanno rispondendo ad un annuncio di lavoro, così che possano verificare se nella propria rete ci sia qualcuno che lavora già in quell’azienda. Il blog, invece, è uno spazio comunicativo che può mettere in relazione dipendenti e candidati coinvolgendolo maggiormente sui temi più disparati, così da prenderne in considerazione anche capacità e aspirazioni.

Le nuove frontiere della selezione
Non più solo colloqui. L’employer branding funziona quando di riesce a far coincidere perfettamente il candidato con le skills ricercate per una determinata posizione. Ma come testare in maniera infallibile le capacità del prossimo assunto? Attraverso il gioco. La gamification è l’ultima frontiera del processo di selezione e reclutamento.

L’uso dei videogiochi, di natura ludica e competitiva, stimolano in coloro che ne fanno uso un senso di partecipazione e coinvolgimento che sfocia nell’espressione delle migliori abilità e capacità. Questa tendenza è spesso utilizzata anche nella formazione dei dipendenti già impiegati al fine di rendere l’aggiornamento maggiormente efficace e meno noioso e per disincentivare il tasso di abbandono e dimissioni volontarie. Certo, i costi sono notevoli, difatti le organizzazioni che ricorrono alla gamification sono di alto profilo, ma dal punto di vista operativo sono davvero funzionali.

Mettere al centro le persone
Per migliorare le performance aziendali e dei propri dipendenti presenti futuri, oggi le aziende devono usare tutti gli strumenti a disposizione per creare le condizioni favorevoli affinché i lavoratori possano sentirsi apprezzati e motivati. Un processo che deve partire fin dalla selezione e che, se studiano e pianificato perfettamente, assicurerà un capitale umano dall’alto profilo.




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