Fiera Hannover. Pascolo “segnali di rinascita e ottimismo”

HANNOVER – La Germania resta il mercato di riferimento della subfornitura del Friuli Venezia Giulia anche se, come per altre filiere, la flessione degli ultimi mesi – a fine anno la produzione industriale tedesca aveva fatto segnare un -1,6% – ha creato non pochi problemi che stanno avendo o rischiano di avere effetti importanti sulla tenuta dei nostri fatturati. Con qualcuno che oggi parla di accerchiamento da Oriente.

E quindi all’Hannover Messe, la fiera di settore più importante al mondo alla quale partecipano alcune aziende regionali sotto l’egida del Centro Regionale della Subfornitura – che fa capo alla società consortile camerale TEF, «non è un caso – osserva Silvano Pascolo, componente della Giunta camerale – se i segnali che vengono lanciati (l’utilizzo delle tecnologie innovative e soprattutto a un’agenda economica chiara) riflettano la necessità vitale del Paese di infondere ottimismo, un po’ come se si ci trovassimo dinanzi alla rinascita dell’economia pesante tedesca. La Germania, ci hanno spiegato al di là dei numeri che attendiamo di verificare, è convinta che almeno metà di quella equazione sia già stata soddisfatta e tutti auspichiamo possa essere così». Il rapporto tra la CCIAA di Pordenone-Udine e la Hannover Messe è trentennale e proprio quest’anno è stato suggellato da una premiazione alla presenza del senior vice president sales della rassegna, Christian Pfeiffer, presente anche il vicedirettore Cristiana Basso.

Pascolo ha ricordato in questo senso che sono oltre 500 le imprese aderenti al Centro che in questi trent’anni si sono appoggiate alla CCIAA per la loro attività di internazionalizzazione ad Hannover aggiungendo che «siamo qui, oltre che per sostenere le imprese nei processi di internazionalizzazione, per capire se questo ottimismo è, o meno, giustificato».

Lo scorso anno, come attestano i dati dell’ufficio Studi Statistica della CCIAA di Pordenone-Udine, la Germania si è confermato principale partner commerciale delle imprese dell’Udinese e del Pordenonese per i prodotti della metalmeccanica che ha nella subfornitura un segmento importantissimo. L’export è pari al 13,8% della produzione (seguono Stati Uniti con il 7,3% e Austria con lo 5,5%) pari a 1 miliardo e 94 milioni di euro di fatturato. «Quota che però, a testimonianza della crisi del sistema tedesco – ha detto ancora Pascolo – è diminuito di 172 milioni rispetto all’anno precedente (-13,6%), con Udine a -109 milioni (-13,6%) e Pordenone che invece ha tenuto +1% (+3 milioni)».

Per Sergio Barel, amministratore delegato di Brovedani Group – settore automotive con siti produttivi in Italia, Slovacchia e Messico con forniture in 20 paesi e 100 stabilimenti clienti in tutto il mondo – «la Germania e i nostri clienti in particolare hanno pagato le spinte inflattive e il fatto che tali costi non sempre sono stati ribaltati alle case automobilistiche; a questo si aggiunge che il mondo dell’auto si sta spostando verso l’elettrificazione che ha il suo baricentro fuori dall’Europa. Il contesto è quindi piuttosto complesso anche se il risultato degli ultimi due anni – dice – è sostanziale stabilità e per i prossimi due di una leggera ripresa legata principalmente all’aumento di produzione di auto rispetto agli anni precedenti». La principale criticità, sempre secondo Barel, che è anche Presidente del Consorzio Industriale Ponte Rosso di San Vito al Tagliamento, «è legata alla transizione ecologica che oggi rischia di non vedere la Germania protagonista come lo è stata per lo sviluppo dei motori endotermici. Nell’ultimo periodo si è aggiunto anche un tema sulla competitività del paese; questo comporta che i grandi player tedeschi nostri clienti oggi, contrariamente a qualche anno fa, prediligono produrre le auto ibride ed elettriche nelle loro localizzazioni fuori dalla Germania con ricadute enormi sulla filiera classica della componentistica. Il tessuto manifatturiero tedesco, se opportunamente orientato – ha concluso – può ancora fare da traino all’industria meccanica europea».

All’auspicabile ventata di ottimismo si contrappone però il colpo d’occhio nei padiglioni di una fiera dove nel giro di pochi anni la quota degli espositori del Vecchio Continente si è assottigliata. Con aree che dopo il Covid hanno continuato a tenere le porte chiuse. Anche qui sono arrivati gli agguerritissimi competitors orientali, eletti un tempo a operai del mondo che però, a distanza di pochi anni, paiono non aver più nemmeno bisogno della componentistica d’eccellenza che, anzi, producono e vengono a proporre in Europa.

Sono loro, secondo i nostri imprenditori, i nuovi supplier da temere di più. Michele Norio, amministratore socio dell’omonima società di Maniago specializzata nelle lavorazioni meccaniche d’eccellenza (l’impresa compirà settant’anni fra qualche mese), dice che ad Hannover «l’impressione non è positiva, anzi: dobbiamo rivedere i piani di industrializzazione del nostro Paese, non solo del Friuli Venezia Giulia, guardatevi tutt’attorno: siamo circondati dall’Oriente».

Che sia così per riempire gli spazi lasciati vuoti dal post-Covid o meno, ha poca importanza. Norio, che nell’Olanda, nella Germania e nell’Austria ha i suoi mercati di riferimento, è convinto che «se non ci si dà una svegliata, una mossa, le cose peggioreranno. I tedeschi fanno i propri interessi, il nostro valore aggiunto nel prodotto c’è ancora, ma nell’approccio al mercato sono diventati più competitivi di noi».

Fabrizio Magistrali, manager alla guida del sito della Flex a Trieste, parla della necessità di fare «molti investimenti in tecnologia perché quello che sta accadendo con l’ingresso dell’IA e il miglioramento dei processi di automazione porterà a una selezione drammatica dei fornitori che riusciranno a essere o meno dei player globali». Secondo Magistrali la Germania continuerà ad essere ancora il Paese più importante per la manifattura europea perché banalmente non ce ne sono altri e gli altri hanno i suoi stessi problemi.

«Sconterà sicuramente, se non si rimette in carreggiata – conclude Magistrali – un impatto severo sulla parte automotive considerato che le sue aziende non sono assolutamente a livello di quelle del Far East». Una flessione, quella del mercato tedesco, che ha avuto un effetto domino anche su chi non opera direttamente col mercato tedesco come la Fonderia Piccinin di Fontanafredda perché, come spiega la proprietà, «abbiamo subito una riduzione dei volumi dovuta ad una contrazione del mercato dei nostri clienti».

Gli imprenditori, infine, convengono sull’importanza del ruolo della CCIAA di Pordenone-Udine in questi specifici contesti dove andare da soli non offrirebbe vantaggi in termini di visibilità e l’organizzazione sarebbe onerosa. È auspicabile – come ha detto Barel – che tali iniziative si moltiplichino».

Il Centro Regionale della Subfornitura del Friuli Venezia Giulia, cui ieri hanno fatto visita il console d’Italia ad Hannover David Michelut – di origini isontine – e il direttore ICE di Berlino, Ferdinando Fiore, promuove e sostiene le imprese che operano nei settori meccanica/elettromeccanica, elettronica, legno/arredo e plastica/gomma al fine di sviluppare rapporti e collaborazioni con committenti nazionali ed esteri anche attraverso la piattaforma operativa tradotta in diverse lingue in cui sono registrate le imprese subfornitrici regionali. Alla collettiva erano presenti anche Latofres Srl, HPG Srl, e Realcable Srl.




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