Italia e digitale? Ancora troppa televisione

Nell’epoca della digitalizzazione, con i social network ormai costantemente citati nelle conversazioni e nelle notizie, ci si aspetterebbe ormai una deriva inarrestabile verso l’utilizzo di computer, smartphone e tablet in luogo della “vecchia” televisione. Invece, un recente rapporto del Censis ha svelato che non solo non è così, ma che il paese è ancora indietro sul piano dell’accesso a internet e sull’utilizzo dei servizi online.

Infatti, nonostante i vari sforzi degli operatori nazionali, e dello Stato stesso, di portare connessioni accessibili – e in grado di supportare servizi basilari via web – in tutti i comuni, sono ancora 4,3 milioni gli italiani senza una connessione a internet. Il che significa che il 17,8% delle persone non ha ancora neanche un cellulare con traffico dati.

Questo inevitabilmente suonerà come strano a chi sta attualmente leggendo questo articolo attraverso un computer o uno smartphone, ma in realtà il cosiddetto digital divide è ancora presente, e inevitabilmente resta un fattore di rallentamento sia del settore privato che di quello pubblico. Molte amministrazioni locali, infatti, oggigiorno forniscono diversi servizi online, alleggerendo e ottimizzando i carichi di lavoro e riducendo gli spostamenti dei cittadini.

Ancora più evoluto è il settore privato, che ormai da molti anni propone servizi online, a partire dagli e-commerce che aprono nuove opportunità di business a realtà che faticavano a imporsi nei canali del commercio tradizionale. È poi su internet che nasce la shared economy, ovvero servizi di condivisione di spazi e utilities come AirBnb o Blablacar, o la più discussa e controversa Uber.

All’estero, in particolare nel resto della Comunità Europea e nei paesi anglosassoni, sono ormai utilizzate da una fetta sempre più consistente di popolazione. Una diffusione talmente capillare dell’uso del web che ormai anche le attività che non ne avevano bisogno ci si sono affacciate, un altro esempio è infatti il gioco d’azzardo, che nella realtà online consente una selezione di slot estremamente ampia rispetto non solo ai bar, ma anche alle sale da gioco più attrezzate.

Eppure, nonostante il web sia un canale che offra un risparmio non solo in termini di tempo, ma anche di denaro, la stragrande maggioranza degli italiani passa ancora molto più tempo davanti alla televisione che utilizzando un dispositivo connesso a internet. Anche le cosiddette smart tv, ossia televisioni collegate a internet, non vengono particolarmente in supporto, essendo ancora troppo poco diffuse e prerogative dei ceti più alti (10% dei meno abbienti, 26% delle famiglie ad alto reddito).

La concorrenza alla televisione viene dai servizi multimediali quali Netflix o SkyGo che permettono di bypassare la trasmissione via antenna o satellite, tuttavia faticano a imporsi: è una abitudine soprattutto dei più giovani. Ma se è atteso che i nostri “senior” abbiano difficoltà oggettive a prendere dimestichezza con le nuove tecnologie, sorprende che anche gli italiani ancora in età produttiva siano mediamente poco avvezzi.

Ed ecco il dato che lo conferma: solo 5,3 milioni di connazionali utilizzano – almeno occasionalmente – uno dei servizi di streaming, incluso RaiPlay che è pure una sostanziale riproposizione dei canali tradizionali Rai.

In sostanza e in conclusione pare che, purtroppo, anche in aree come queste l’Italia resti indietro rispetto agli altri paesi sviluppati e perda in questo campo anche il confronto con realtà emergenti che hanno puntato molto sul digitale (si pensi alla Romania che ha “cablato” il paese diversi anni fa). Quale che sia la natura del gap, andrà colmato in fretta.




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