• Non c’è sentimento più forte della paura per legare insieme le persone e farle partecipare ad un massacro. Il Covid-19, la paura di contagiare e di essere contagiati, la paura di essere diffusori e dei diffusori, la paura di essere un portatore sano di Covid-19, la paura di essere responsabile della morte dei tuoi cari, la paura di aver dato fastidio ai medici di medicina generale i quali hanno ben altro da fare, la paura di occupare impropriamente il pronto soccorso o la terapia intensiva.
Il comitato tecnico scientifico, l’Organizzazione Mondiale della sanità, nei confronti della popolazione mondiale si stanno comportando come per anni ci si è comportati nei confronti delle persone portatrici di disturbo psichiatrico, definiti impropriamente “matti”. Siamo diventati tutti pericolosi socialmente per sé e per gli altri. E’ diventato pericoloso perfino abbracciare i propri figli, andarli a trovare, andare a trovare i propri genitori anziani. Nelle chiese, anche l’acqua santa è pericolosa, sostituita dal gel: la scienza ci dà più sicurezze rispetto alla fede. Tutto è diventato pericoloso. Ci si guarda con sospetto, come si guarda un “matto”.
Quando incontriamo una persona, fisicamente cerchiamo di mantenere la distanza di un metro, psicologicamente e socialmente stiamo stabilendo distanze di gran lunga superiore: ci stiamo allontanando sempre più l’uno dall’altro, ci stiamo perdendo. Edward Hall, antropologo statunitense, ha usato per la prima volta il termine prossemica. Questa disciplina ci dice che le distanze che quotidianamente stabiliamo sono un preciso indice del tipo di rapporto che stiamo intrattenendo con l’interlocutore, ci parla del nostro disagio o del nostro benessere relazionale, della disponibilità o della chiusura, della nostra manifestazione di fiducia o di sfiducia.
Le distanze prossemiche sono quattro: distanza intima (0-50 cm), caratteristica dei rapporti stretti, dove è presente intimità, come tra partner, tra madre e figlio, tra familiari, ecc. A questa distanza si è talmente vicini da potersi perfino toccare e odorare; distanza personale (50–150 cm), utilizzata per l’interazione con gli amici; distanza sociale (150-300 cm), utilizzata per la comunicazione tra conoscenti, nel rapporto insegnante-allievo o tra colleghi; distanza pubblica (oltre i 300 cm), utilizzata per le relazioni pubbliche. Stare insieme, volersi bene, amarsi, incontrare i propri amici, toccarsi, esprimere un punto di vista, un proprio pensiero: tutto è pericoloso.
• Un tempo, i malati psichici era solito rinchiuderli in manicomio, oggi, che siamo tutti socialmente pericolosi, come se fossimo malati psichici, veniamo rinchiusi nelle proprie abitazioni. Il comitato scientifico, l’Organizzazione Mondiale della sanità, ci ha dichiarati tutti, potenzialmente, socialmente pericolosi, incapaci di intendere e di volere, irresponsabili. E’di questi giorni la notizia che un anziano su dieci, ospitati nelle case di riposo, sta rifiutando di fare il vaccino.
Anche questa scelta è considerata socialmente pericolosa. Tutti coloro che si rifiuteranno di fare il vaccino verranno messi alla gogna, etichettati, classificati, additati, allontanati come si allontanava i malati di lebbra, i matti, i poveri, le persone con qualche deficit fisico e intellettivo. In questo modo, in passato, hanno trovato fondamento i pregiudizi, i luoghi comuni, le false ideologie sociali, psicologiche e politiche, nei confronti di migliaia e migliaia di persone per il semplice fatto che erano “diversi”. Da quando si è diffusa la pandemia da Covid-19, un anno fa, ci guardiamo come se fossimo degli appestati, dei delinquenti pericolosi. A questi criminali, il Comitato tecnico scientifico di tanto in tanto offre qualche beneficio di pena, qualche permesso. I detenuti in casa possono uscire per qualche ora, possono incontrare qualcuno, non troppi per non creare aggregazioni pericolose.
Ai detenuti non resta che sognare, ricordare quando si andava allo stadio, alle olimpiadi, ai concerti, in mezzo a migliaia di persone; ai detenuti non resta che ricordare la bellezza di una vacanza, di una crociera, la meraviglia delle montagne innevate, le passeggiate lungo il mare, la partecipazione alle feste, ai matrimoni. Non si sa ancora per quanto tempo dureranno le misure di sicurezza, che vengono rinnovate in continuazione.
Come le persone socialmente pericolose, viviamo in libertà vigilata: siamo obbligati a non uscire dai propri comuni o dalle proprie regioni; siamo obbligati a stare in casa dalle ore 22 alle ore 5; siamo obbligati a non frequentare i bar o i luoghi pubblici, le palestre, i teatri, i musei, pena la loro stessa chiusura. Tutto deve essere fatto in streaming, anche i funerali, le feste di compleanno, di laurea. Tutto deve essere virtuale. Lo psicoanalista austriaco Wilhelm Reich (1897-1957) affermava che la rabbia «nasce dalla frustrazione ma maschera il dolore», una sorta di auto-difesa contro le avversità del mondo esterno. In moltissime persone, le restrizioni per fronteggiare la pandemia da Covid-19 sta provocando un notevole accumulo di ira, rabbia e rancore per aver perso tutto, lavoro, casa, amici, prospettive di impiego, dignità, desiderio di vivere.
Antonio Loperfido, psicoterapeuta