Speciale Cannes 2024 CRONACHE DALLA POLTRONA “Locust”: Un Melodrammone Nero tra le Ombre di Taipei**

Presentato all’interno della Semaine De La Critique a Cannes 2024, questo film ”Locust” di Keff, giovane cineasta (classe 1991) taiwanese/americano, cresciuto a Hong Kong e che si è formato presso la scuola di cinema di Spike Lee, ci porta in un viaggio nei meandri di una Taipei notturnissima e iper delinquenziale, dipingendoci un noir intenso e melodrammatico che è quasi un romanzone di formazione maledettissimissimo.

Il film si sviluppa come una parabola moraleggiante costellata di traumi familiari, soprusi sociali, contrapposizioni tra povertà e ricchezza, gangster, pupe, eccessi, corruzione, techno music, e comincia in una lavanderia a gettone con uno sfondo chiaro e cronachistico: una tv accesa trasmette un servizio di un tg taiwanese legato ai fattacci sanguinolenti cinesi relativi alla ripresa di Hong Kong del 2019.

Il parallelo con l’attuale situazione di Taiwan arriva immediato e urgente e questa dimensione di cronaca riportata con una certa insistenza durante tutta la lunghezza (importante) del film contribuisce a creare un climax di insicurezza e incertezza in una città che, sebbene ritratta in modo iperbolico e notturnamente parziale, riesce comunque a catturare l’attenzione.

Per onestà intellettuale devo però aggiungere che amando e conoscendo abbastanza bene Taipei, posso assicurare che il livello di realismo per quel che riguarda gli aspetti criminali credo rasenti la pura fantasia.

Come ha sottolineato il giovane regista Keff all’inizio della proiezione, “Locust” è un melodramma nero che affronta temi di crescita personale e inquietudine giovanile. In modo classicistico e metaforico, mi pare che il film rifletta l’ansia crescente tra i giovani taiwanesi di fronte alla supremazia cinese, in un contesto socio-politico in rapida e forse impredittibile evoluzione. Taiwan, con il suo peculiare status politico, è attraversata da tensioni fortemente oscillanti tra un desiderio di indipendenza e il mantenimento dello status quo.

Il film segue la storia di un giovanissimo lavapiatti muto, Zhong-Han, ma non sordo!, (il bravo attore taiwanese Liu Wei-Chen), proveniente da un paesino della provincia che si trasferisce in città per aiutare i suoi quasi genitori adottivi nella loro umile trattoria. La tranquillità della sua dura ma serena vita da poveraccio viene presto sconvolta dal suo stesso disagio giovanile e dalle cattive-cattivissime amicizie, oltre che dall’arrivo di un super villain mega cattivone capitalist-immobiliarist-mafios-stronz-imprenditore che acquistando tutto l’isolato ove c’è il ristorantuccio casalingo, con metodi da intimidazione mafiosa Sicilia anni ’80, manda violentemente a remengo tutti i pochi e poverissimi punti fermi di questo giovanotto forte ma piuttosto introverso. Tutti gli eventi porteranno a proiettare lo sventurato afono e nerovestito lavapiatti muto nell’occhio di una fitta che spirale di violenza e criminalità dissennata praticata e subita in giro per i Family Mart (una sorta di tipici supermarket aperti h24) e per i club di Taipei a ritmo di musica techno dal sapore super berlinese.

La regia e la messa in scena è di stampo assai classico ed europeggiante con qualche trovata qua e là e c’è un’ottima fotografia e effettivamente il film comunque è di livello e anche il cast è scelto con cura, anche se i ruoli minori mostrano qualche segno di rigidità tipicamente asiatica e ingenuità macchiettistica.

Nonostante la rappresentazione eccessiva della delinquenza e della iper violenza, che non rispecchiano affatto la realtà di Taipei, il film utilizza questi espedienti narrativi per raccontare un malessere profondo. Lo stesso regista ha ribadito prima della proiezione alla Croisette in una sala Lumiére pienissima, che non dobbiamo pensare a Taiwan solo come una fonte di semiconduttori o come una semplice espressione geografica a sud della Cina, ma come un’isola di 23 milioni di abitanti che lottano per la loro identità.

Come accennato, il film è infarcito di continui rimandi ai notiziari taiwanesi del 2019, durante i tumultuosi mesi in cui la Cina riprendeva il controllo su Hong Kong con grande uso della violenza. Le immagini giornalistiche di poliziotti che a manganellate reprimono studenti disarmati introducono il pubblico in un mondo di sangue e scontri, intensificando l’atmosfera del film.

Tra i momenti di violenza gratuita, emergono anche segmenti di gioia e amore, soprattutto nelle scene che coinvolgono la bellissima e convincente deliziosa giovane attrice Rimong Ihwar che interpreta un ruolo secondario ma memorabile. Il suo sguardo penetrante e i sui grandi occhioni mandorlati catturano il cuore degli spettatori, aggiungendo un tocco di dolcezza e “ammore” al quadro oscuro.

L’antagonista, (interpretato dal bellone taiwanese Devin Pan), è un amico fraterno e inizialmente fedele del protagonista, che poi diventa super cattivo… il suo personaggio è molto affascinante ma psicologicamente risulta poco approfondito.

Per essere un film d’esordio, “Locust” è sicuramente un prodotto più che buono, molto classico e “occidentaleggante” nella struttura e a suo modo cupamente rassicurante.

Se volete farvi un’idea dell’attuale clima socio-politico a Taiwan, forse questo film non è il mezzo più indicato. Tuttavia, come opera prima di un giovane regista, offre un’esperienza cinematografica intensa e coinvolgente, capace di far riflettere e emozionare.

Pasqualino Suppa




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