Algiers al Capitol il 18 febbraio, unica data Nord Italia

PORDENONE – Osannati da pubblico e critica per la loro sapiente miscela di punk-rock e gospel del profondo Sud americano, la band americana sta presentando in Europa il nuovo acclamato album, SHOOK.

L’irriducibile band di Atlanta, impegnata in un tour mondiale, torna in Italia, in due esclusive date, per presentare in anteprima il nuovo album “SHOOK”, un disco fortemente collaborativo.

Il 18 Febbraio a Pordenone al Capitol, unica data al Nord Italia, la band presenterà in anteprima il suo quarto album, in uscita il 24 Febbraio via Matador Records, a distanza di tre anni dal precedente, “There Is No Year”.

«Shook è un viaggio che nasce e muore ad Atlanta»: così Franklin James Fisher definisce il nuovo disco, un album la cui nascita non è stata né semplice né scontata. Molte, infatti, sono state le difficoltà della band di Atlanta, tanto che si era parlato perfino di un loro scioglimento. Ma è stato anche un momento ricco di creatività, dal quale è nato un album decisamente interessante.

Il disco è un lavoro fortemente collaborativo, per costruire il loro quarto album, gli Algiers sono diventati una sorta di crew aperta, e hanno riunito una schiera di artisti a loro affini con l’intento di fare dei capisaldi della loro etica, la comunità e la collaborazione, anche il principio creativo di questo disco.

Un parterre di ospiti, una schiera di artisti a loro affini, tutti pesi massimi della scena alternativa – che spaziano da icone a futuri astri della musica – Zack de la Rocha, Big Rube (The Dungeon Family), Billy Woods, Samuel T. Herring (Future Islands), Jae Matthews (Boy Harsher), LaToya Kent (LaToya), Herring (Future Islands), Backxwash, Nadah El Shazly, DeForrest Brown Jr. (Speaker Music), Patrick Shiroishi, Lee Bains III e Mark Cisneros (The Make-Up, Kid Congo Powers).

Shook è un parafulmine per un’energia e un sentimento sfuggenti ma universali. Una pluralità di voci; un ritorno a casa spirituale e geografico; una strategia di condivisione in un mondo in fiamme; la storia della fine di una relazione; una festa estiva in veranda ad Atlanta. Un disco di 17 tracce di musica sconvolgente ed elettrizzante, come non succedeva di ascoltare da tempo.

Gli Algiers hanno passato mesi a lavorare sulla struttura di questo album per arrivare, alla fine di un percorso durato mesi, a diciassette brani in cui si può trovare veramente di tutto. Prendendo in prestito le parole dello stesso Fisher, ci troveremo «Una pluralità di voci; un ritorno alla casa spirituale e un ritorno geografico; una strategia di condivisione in un mondo in fiamme; la storia della fine di una relazione; una festa estiva in veranda ad Atlanta».

Gli Algiers sono sempre stati irriducibili, ma Shook è allo stesso tempo particolarmente raggiante e celebrativo. E’ nato quando Fisher e Mahan si sono ritrovati per diversi mesi nella nativa Atlanta, in preda alle crescenti pressioni e al burn-out da musicisti in tour.

Questo situazione ha dato il via a un intenso periodo di creazione di beats, immersioni di ore in sessioni di Rhythm Roulette e Against the Clock oltre a immergersi nelle profondità dell’alt-rap su YouTube. Una rivisitazione di “Subway Theme”, capolavoro del rap newyorkese infuso di punk degli anni Settanta di DJ Grand Wizard Theodore, è servita da moodboard spirituale per l’incrocio tra lo stile urban e la controcultura dell’album.

Nel corso del set di canzoni, che scorre senza soluzione di continuità tra parlato e sequenze strumentali ambient, la band ha reso omaggio a un’ampia schiera di iconoclasti del rap e del punk, da DJ Premier, DJ Screw e Dead Boys a Lukah, Griselda e Dïat, tagliando e avvitando i beat su di un polveroso SP-404 e un Sequential Circuits Tempest.

I brani del nuovo album rimodellano e ricontestualizzano abilmente la nozione di ‘essere sconvolto’ (Shook), da diverse prospettive, diventando sia oracoli che narratori. “Il disco approfondisce e amplia il mondo degli Algiers”, afferma il batterista Matt Tong.

Le registrazioni sul campo e i sample creati dalla band enfatizzano il senso del luogo, della collettività, della comunità immaginaria e della casa, ricostruendo un mondo che evoca la sfuggente esperienza sensoriale del crescere in una città del Sud. “Lavoravamo in un ambiente a noi familiare”, dice il chitarrista Lee Tesche. “Sembra il disco più Algiers di tutti quelli realizzati”.

La realizzazione di questo disco è ancora più impressionante dal fatto che la band stava cadendo a pezzi e sul punto di sciogliersi. Invece ha prodotto un disco straordinario e trasformativo, nato dalla condivisione di un esperienza e di un luogo. “ 1Credo che questo disco rappresenti il nostro ritorno a casa” afferma Mahan, mentre Fisher aggiunge: “È stata un’esperienza positiva del tutto nuova: avere un rapporto rinnovato con la città da cui proveniamo ed esserne orgogliosi. Mi piace l’idea che questo disco vi porti in un viaggio che inizia e finisce ad Atlanta ”.

Gli Algiers sono una delle band più incisive sul fronte live e singolari per l’apparato etico-concettuale che la contraddistingue. Gruppo dalle sonorità potenti, che contamina post-punk, elettronica e soul per costruire una musica di denuncia e di rabbia, che parla del passato dello schiavismo e della segregazione ma anche del razzismo e del suprematismo bianco del presente.
La band ha realizzato uno dei cataloghi più eccitanti degli ultimi anni, l’ultimo album del 2020 There Is No Year è stato descritto come “elettrizzante e imprevedibile” da The Observer e “preciso, riflessivo e potente” da NME.

Gli Algiers sono un trio di rock sperimentale americano formato da Franklin James Fisher, Ryan Mahan e Lee Tesche. I tre s’incontrano ad Atlanta, Georgia, e nel 2007 uniscono passioni politiche e inclinazioni musicali: il gospel per il cantante, il post punk per i due musicisti. Diffondono musica e idee militanti tramite Tumblr. Dopo alcuni singoli e video, nel gennaio 2014 vengono messi sotto contratto dall’etichetta Matador e registrano a Londra l’album di debutto ALGIERS, pubblicato il 2 giugno 2015.




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