Circolo della stampa, ultimo incontro dell’anno sulle discriminazioni

PORDENONE – Sul tema pesante delle disuguaglianze è stato come aprire un vaso di Pandora, nel convegno di oggi, indetto dal Circo della stampa di Pordenone nell’ex chiesa di San Francesco di piazza della Motta, tant’è vero che si è preferito approfondire una delle componenti amaramente più attuali e più gravi, ma anche più antiche: le discriminazioni perpetuate nei confronti delle donne.

L’evento ha concluso la serie di iniziative che da metà novembre a metà dicembre sono state imperniate sulla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e che fanno capo per Pordenone e per il suo territorio, all’assessorato alle Politiche Sociali e alle Pari Opportunità con la collaborazione di associazioni e di istituzioni.

Il tema, “Disuguaglianze: di genere, sociali, economiche, religiose, razziali”, è stato anche l’ultimo dell’anno per il Circolo della stampa, a chiusura delle attività collegate alla 14a edizione del concorso giornalistico nazionale “Premio Simona Cigana”.

Lo svolgimento è stato affidato all’assessora alle Politiche sociali e alle Pari Opportunità, Guglielmina Cucci e a due relatrici di ampia esperienza: Valeria Palumbo (scrittrice della storia delle donne e giornalista di primo piano della carta stampata e della televisione) e Rosanna Rovere (presidente delle Camere civili del Triveneto, già presidente dell’Ordine degli avvocati della provincia di Pordenone).

«È un argomento a noi caro – ha dichiarato durante i lavori il presidente Pietro Angelillo – che portiamo avanti da anni per denunciare mali sociali discriminatorii in tutte le categorie “deboli”, partendo dalle donne, per arrivare ai giovani e agli anziani a causa della mancanza del rispetto verso la “persona” e di una errata cultura dei rapporti umani e sociali. Per questo riprenderemo il filo conduttore nel 2024, insistendo anche sul linguaggio e sull’atteggiamento dell’informazione, oggetti di formazione per giornalisti».

Aprendo la serie degli interventi, l’assessora Cucci ha evidenziato la politica degli interventi della Pubblica amministrazione pordenonese a sostegno delle famiglie (settemila interventi quest’anno), a dimostrazione di quanto grave sia il problema delle povertà, spesso dovute a crisi economica e a carenze di fondo della cultura dell’uguaglianza e del rispetto reciproco tra persone. Un piano dove si batte da anni l’esponente politica pordenonese, in parallelo a quello contro la violenza e il femminicidio, sui quali è opportuno riflettere con attenzione e rapidità.

L’assessorato lo fa basandosi su dati sempre aggiornati, grazie ai quali indagare soprattutto sulla donna e sulla famiglia, i soggetti più esposti alle conseguenze della crisi economica e dell’incultura nei rapporti di parità uomo-donna.

Un antico problema, ha rilevato Valeria Palumbo, nel quale la vittima predestinata è sempre stata la donna, soggiogata da una cultura patriarcale che ne ha soffocato personalità e capacità con un danno che ha colpito l’intera società e condizionato la vita delle comunità da millenni. Per dimostrare questa sua tesi, la relatrice ha citato un’ampia casistica repressiva nel tempo, riscontrabile nella letteratura. Dagli scritti di Matilde Serao (scrittrice, giornalista, editrice, la prima donna fondatrice e direttrice di un quotidiano) ha tratto la testimonianza della supremazia dell’uomo e della sottomissione della donna come oggetto di proprietà. Della stessa autrice ha citato l’esistenza del concetto di “onestà” fondato sulla “fedeltà” della donna nel matrimonio. Concetto ripreso fino all’ossessione da Luigi Pirandello.

Pagine e pagine di letteratura che evidenziano situazioni di costrizione per la donna: il matrimonio di convenienza; la gravidanza “illegale” che generava il “disonore” per la famiglia e la cacciata di casa; la definizione di “poco di buono” per la donna che lavorava all’esterno della famiglia; la donna considerata colpevole se vittima di stupro.

Una casistica dettagliata che Valeria Palumbo va testimoniando da anni come frutto delle sue intense ricerche di storica delle donne, per dimostrare l’affermarsi e lo stabilizzarsi di una incultura mantenuta e rafforzata dal patriarcato persino con la partecipazione delle stesse donne, come si riscontra negli scritti di Grazia Deledda, premio Nobel della letteratura. Senza dimenticare le citazioni su Primo Levi, Luce D’Eramo, Alba de Céspedes e altri autori attuali e del passato, in una dotta e impressionante carrellata.

Quasi un’enciclopedia della codificazione di stereotipi di genere, molti dei quali caduti soltanto per merito di riforme finalmente lungimiranti, come ha evidenziato Rosanna Rovere.

Conquiste importanti che sembrano tuttavia non decisive, visto che, ha sottolineato la Rovere, persino il nuovo presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera frena, definendo le donne “impazienti” di fronte alle procedura delle riforme che le riguardano.

Progressi indubbi, quelli di questi anni, sul piano legislativo, ma pur sempre ritardati.

Per esempio l’abolizione del delitto d’onore nel 1968; la riforma del diritto di famiglia approvata soltanto nel 1975; il reato di violenza sessuale mutato in reato contro la persona, approvato nel 1996; la trasformazione della patria potestà in responsabilità genitoriale, nel 2012. Molto resta ancora da fare, come il limitato impiego delle donne nel lavoro (il più basso in Europa): le remunerazioni più basse per le donne; la fine dei licenziamenti delle donne in gravidanza; l’aumento della rappresentanza femminile in Parlamento, attualmente solo al 35%. E tanto altro, non soltanto sul piano legislativo.

Indispensabile anche un cambio di cultura nella considerazione della donna, che va compiuto, innanzitutto tra i giovani, considerato che si abbassa sempre più l’età degli autori della violenza sessuale. Così come sono necessarie una migliore preparazione delle forze dell’Ordine e un recupero obbligatorio effettivo per tutti gli uomini colpevoli di maltrattamenti.




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