ESCLUSIVO – Maurizio Bailot, città protesa in avanti “La me bela vecia Pordenon”

PORDENONE – Vive con la moglie e i suoi tre figli da quasi 17 anni in North Carolina, dove si è trasferito al seguito di una famosa azienda friulana che opera nel settore del legno.

Maurizio Bailot, da sempre appassionato di pittura e profondamente legato alla nostra terra, ama riprodurre luoghi caratteristici ed immortali di Pordenone, di cui porta sempre nel cuore il ricordo, anche dall’altra parte dell’oceano. In questi giorni è in riva al Noncello per una breve vacanza e lo abbiamo intervistato in esclusiva su pordenoneoggi.it

Ci racconta com’è nata la sua carriera, com’è nata l’ispirazione che lo ha guidato nell’intraprendere questa attività?

“L’orientamento artistico in me è stato presente fin dalla tenera età. Io disegnavo di continuo ancor prima di andare a scuola e ricordo gli apprezzamenti di mia madre ed altri amici e visitatori che vedevano i miei scarabocchi. Crescendo ho esteso il mio amore per l’arte e durante gli anni scolastici mi sono applicato diligentemente al disegno tecnico ed artistico. Finiti gli anni della scuola ho continuato a studiare libri di scuola d’arte, facevo per conto mio gli esercizi per padroneggiare le tecniche, in particolare le prospettive.

In seguito ho avuto due tutori che mi hanno aiutato ad esplorare altre tecniche di disegno, pittura, grafica e belle arti. Uno di loro era un amico (Vittorio Sartor, divenuto in seguito un affermato fotografo a New York) e l’altro era un mio datore di lavoro, presso il colorificio dove appunto lavoravo.

All’età di 17 anni, lungo il bordo di una stradina a Bibione stavo disegnando il municipio di Pordenone su un cartoncino. Un signore che passava si soffermò a lungo a parlare e volle a tutti i costi acquistare il disegno. Mi disse che lo voleva perchè voleva incoraggiarmi a perseguire la carriera artistica in quanto mi definì come un ‘artista in erba’.

Quell’episodio ha di sicuro segnato il mio futuro, in quanto da allora cominciai a crederci, sebbene non mi sia mai considerato un artista col potenziale di diventare famoso. Ho sempre tenuto l’arte come un hobby o secondo lavoro, dando la priorità al mio lavoro principale, cioè la meccanica.

Nel tempo, ovvero dall’età di 20 anni ho aggiunto la fotografia tra i miei hobby. Ho accomunato foto, pittura e disegno per molti anni in una grande quantità di lavori che ho prodotto e venduto in varie regioni d’Italia. Nel frattempo ho anche prodotto opere che ho tenuto per la mia collezione privata.

Durante tutti questi anni ho continuato a studiare storia dell’arte e le tecniche dei grandi maestri di varie epoche e scuole, attraverso molti libri e professionisti del settore e continuo a produrre nuovi lavori cercando di padroneggiarne gli stili e le tecniche. A molti è risultato evidente, guardando i miei lavori, che non mi sono fermato in maniera stagnante su un soggetto o stile ma ho spaziato e ricercato stili e soggetti diversi tra di loro, pur mantenendo un mio modo di interpretarli.

Nell’ultimo anno e mezzo mi sono dedicato principalmente al progetto del calendario 2023 per la proloco APS di Pordenone, creando 13 lavori che potessero narrare la storia passata e presente della nostra città, esaltandone alcune caratteristiche dominanti, genio creativo industriale e tecnologico, architettura ed arte, pensiero critico creativo ed intellettuale”.

Può mettere in luce un episodio (o qualche episodio) legato all’importante figura della madre?

“Ricordo i racconti di mia madre di un suo fratello morto in guerra nel ’44 circa, diceva che era un bravo ritrattista. Ho cominciato così il desiderio di emulare questo mio zio mai conosciuto.

Mi raccontava anche che durante quegli anni lei, adolescente, aiutava suo padre nell’officina di casa. Riparavano radio ed altri apparecchi per conto di negozi ed officine locali. Allora abitavano in ‘campiello’, cioè la piazza della Motta in centro a Pordenone. Mia madre faceva da corriere andando a consegnare gli apparecchi riparati ed a ritirare quelli guasti. Mio nonno era pure inventore e costruiva congegni di vario tipo, tra cui un prototipo di una macchina fotografica, che aveva fatto per le officine Gatto, dove l’obiettivo era fatto con le lenti Galileo di Firenze, la quale aveva portato la produzione a Pordenone per paura dei bombardamenti da parte dei tedeschi. Poco dopo, nel ’46, Gatto avviò con successo la produzione della macchina fotografica Sonne IV, concorrente della tedesca Leika III.

Ho così cominciato in tenera età ad apprezzare questo lato creativo presente nella famiglia. Mia madre nel dopoguerra cominciò a lavorare al cotonificio come molte donne allora.
Lei aveva una spiccata attitudine verso la meccanica ed aveva una buona manualità, faceva anche la sarta e sapeva riparare di tutto.

A motivo di questa sua predisposizione, in cotonificio divenne presto ‘maestra’, così chiamavano le donne che allora dirigevano un reparto ed un gruppo di operaie.

Anche questo esempio mi è stato di stimolo per voler eccellere nel campo della meccanica, il mio lavoro principale.
Grazie a questo modello che ho voluto seguire, ho ricevuto l’offerta di trasferirmi negli Stati Uniti, a Charlotte in Nord Carolina da parte della ditta di Pordenone per cui lavoravo, la Delle Vedove Levigatrici. Trasferitomi con la famiglia nel 2006, ho il piacere di dirigere il reparto produttivo dove costruiamo macchine per la rifinitura nel campo del legno”.

Com’è cambiata Pordenone negli ultimi trent’anni?

“Pordenone ha trainato il Nordest per parecchi decenni essendo un importante polo tecnologico. La Zanussi era seconda a livello nazionale solo alla Fiat. Altri nomi importanti in città hanno fatto crescere la ricchezza del territorio e la qualità di vita tra cui Cimolai, Savio, ed una miriade di altre aziende minori locali.

Ricordo da bambino e fino alla fine degli anni ’70 le famose corriere blu che trasportavano le migliaia di pendolari ogni giorno. Ho visto nel tempo sgretolarsi questo tessuto ed ho visto aziende importanti ridurre il personale e chiudere una dopo l’altra.

Sebbene io sia contento di essere in un posto ‘sicuro’, ho una profonda tristezza nel cuore nel vedere che oggi aumenta la precarietà e si vedono sparire delle realtà che erano consolidate ed erano un punto di riferimento per l’intera società della città e dintorni grazie a tutto l’indotto attorno a queste grandi aziende.

Tuttavia ammetto con piacere che c’è un rinnovamento nel tessuto dell’imprenditoria nonostante le oggettive difficoltà degli ultimi anni trascorsi. Ho notato nuovi modi di fare business con giovani imprenditori. Ho visto migliorare e diversificare la qualità dei servizi offerti con una generale preparazione professionale di alto livello.

Ho visto un’amministrazione cittadina più attenta alla qualità della vita e della città stessa. Fiumi di danaro pubblico sono stati sapientemente usati per rendere più moderni ed efficienti la città, le infrastrutture ed i suoi servizi essenziali come scuole e sevizi socio-sanitari. Nell’insieme, ogni volta che ritorno dall’America dopo uno o due anni vedo una città protesa in avanti”.

Lei vive negli Stati Uniti: ci dà qualche cenno su dove vive, quante volte torna nella sua città e, in vista del futuro, c’è la possibilità che torni in riva al Noncello?

“Io vivo a Charlotte nel Nord Carolina con la famiglia dal 2006. Qui, la ditta per cui lavoravo a Pordenone aveva aperto una filiale nel 1986 e mi hanno offerto un’opportunità di lavoro che ho accettato con piacere. La città conta circa 1.5 milioni di abitanti su una zona racchiusa in un grande raccordo anulare di circa 110 km di circonferenza. La zona è lussureggiante con molto verde e la città è seminascosta sotto gli alberi.

I colori in primavera ed autunno sono a dir poco unici. Un grande fiume che lambisce la città (Catawba river) ed i laghi formati dalle dighe (lake Norman, lake Wylie, lake Mountain) hanno creato uno spettacolo affascinante. Lungo le coste frastagliate dei laghi vi si trovano innumerevoli case di pregiata fattura e stile. Noi siamo partiti con biglietto di sola andata, cioè i figli si sarebbero fatti una nuova vita e saremmo rimasti tutti assieme come famiglia. Ora abbiamo anche due nipotine ed è nostro desiderio stare assieme e vederle crescere.

La nostalgia per la propria terra c’è sempre. Mancano i sapori dei cibi locali, le risate con gli amici, gli affetti, la bellezza del nostro territorio, Pordenone, il Fiuli, l’Italia, dal mare ai monti, i paesetti.

È sempre un piacere ritornare, ogni anno circa, per riassaporare tutto questo. Ritorneremmo ad abitare lungo le sponde del Noncello? Il cuore è dibattuto ma per ora abbiamo in programma di rimanere negli USA. Forse in seguito si potrebbe pensare di trascorrere qui a Pordenone un periodo all’anno più lungo. Vedremo cosa riserva la provvidenza. Mai dire mai”.

Cosa le piacerebbe ancora fotografare? Come dire, una foto che ancora non ha fatto.

“Posso dire di avere una mente curiosa ed un occhio avido.
Mi è stato insegnato ad osservare ciò che sfugge ad altri. Mi sono applicato ad osservare la luce e le ombre ed a comporre l’inquadratura rispettando o trasgredendo le regole della fotografia in modo creativo, insolito. La foto che non ho ancora fatto è e sarà sempre quella che racconta da un punto di vista diverso ciò che ad altri era sfuggito.

Ci sono sicuramente molti angoli della mia città che devo ancora raccontare a modo mio, in fotografia o con pittura o disegno, dipende dall’emozione interna che mi trasmette quel particolare soggetto. Come ho detto spesso, sono alla ricerca dell’attimo che suscita emozioni e con la mia forma artistica lo immortalo per la gioia di altri”.

Maurizio Pertegato




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