Giornate Cinema Muto, il film che lanció Joan Crawford

PORDENONE – Alle Giornate del Cinema Muto, in corso al Teatro Verdi di Pordenone, il film della serata di venerdì 11 ottobre (ore 20.30) è Sally, Irene and Mary (Le Tre Grazie, 1925), restaurato dal George Eastman Museum di Rochester e accompagnato al pianoforte da Donald Sosin.

Tre bellissime giovani attrici, Constance Bennet (Sally), Joan Crawford (Irene), Sally O’Neil (Mary) sono tre ballerine amiche che diventano stelle di Broadway. Il lato luccicante di lustrini e quello nascosto fatto di tenacia e di duro lavoro e talvolta anche di personali sofferenze sono descritti con grande maestria dal regista Edmund Goulding in questo meraviglioso film.

In realtà Sally, Irene and Mary era la sua seconda regia, ma già mostra di sapere maneggiare bene un genere tra la commedia e il melodramma e soprattutto il suo formidabile istinto di talent scout.

È Goulding infatti il primo a puntare sulla pressoché sconosciuta Lucille Le Sueur – questo il vero nome di Joan Crawford – e a predirle un grande futuro. L’attrice gliene fu sempre grata e anche molti anni dopo in un’intervista dichiarò che se non fosse stato per Eddie (Goulding) sarebbe stata ancora lì a ballare il charleston sui tavoli.

A dire il vero, il charleston lo balla anche e meravigliosamente in una delle sequenze più belle di Sally, Irene and Mary. Già nei primi minuti del film vengono delineate chiaramente le caratteristiche principali delle tre protagoniste. Sally (Constance Bennet) è elegante, esperta di mondo, si fa mantenere da un uomo ricco e molto più grande di lei. Irene (Joan Crawford) è ingenua, romantica, sempre in bolletta, alla ricerca del grande amore Mary (Sally O’Neil) è la vivace ragazza irlandese dei quartieri operai che mantiene il giusto distacco da un ambiente dal quale è comunque affascinata.

È lei, piccola e scoppiettante forza della natura con un innato senso dell’umorismo, l’autentica dominatrice del film (assieme agli incredibile e magnifici occhi di Joan Crawford). È interessante osservare come nella vita reale le cose siano andate diversamente per le tre attrici. Sally O’Neil in pratica finì la carriera dopo il muto.

Constance Bennet sposò un milionario ma il suo ritiro dalle scene durò poco perché ritornò al cinema nel 1929 e fu una delle protagonista più amate da George Cukor e una delle attrici più pagate dell’epoca. In quanto a Joan Crawford, anche lei fra le più amate da Cukor, c’è poco da dire: è una leggenda del cinema, vincitrice del premio Oscar per la migliore interpretazione nel film di Michael Curtiz del 1945 Il romanzo di Mildred.

Sally, Irene and Mary è un film meraviglioso anche per l’apporto, pur non accreditato, alle scene e ai costumi di Erté, uno degli artisti più geniale dell’art déco. Erté, il cui vero nome era Roman Petrovič Tyrtov, era nato a San Pietroburgo nel 1892 ma sin dal 1912 si era trasferito a Parigi dove morì nel 1990. Famoso per le copertine di Harper’s Bazaar, la Bibbia della moda, per i disegni delle figure femminili eleganti e longilinee, disegnò molti costumi di scena per le dive del music hall tra le quali anche Mistinguett e Marion Davies, che sono fra le protagoniste di questa edizione delle Giornate del Cinema Muto.

Un’altra stella del programma di oggi (ore 10) è senz’altro l’attrice e soprano statunitense Geraldine Farrar, la Giovanna d’Arco del film di Cecil B. DeMille Joan The Woman, del 1916. La storia della pulzella d’Orleans ha un prologo e un epilogo nelle trincee della prima guerra mondiale e il film, come nello stile di tutto il cinema di DeMille, è un’impressionante occasione di spettacolo, in questo caso lo spettacolo della guerra nel tempo presente così come nelle epoche passate.

La partecipazione della Farrar, che aveva studiato canto a Berlino dove aveva anche avuto una relazione nei prima anni del ’900 con il principe Guglielmo di Prussia, costituisce per l’attrice un’eloquente dimostrazione di patriottismo. Geraldine Farrar è stata tra le più affermate e ammirate cantanti liriche del primo Novecento, stella assoluta del Metropolitan, molto chiacchierata per la sua relazione con il direttore d’orchestra Arturo Toscanini e con il tenore Enrico Caruso.

La Farrar interpretò anche una quindicina di film tra la fine e l’inizio delle annuali stagioni d’opera e questo surmenage artistico la costrinse ad abbandonare le scene in età ancora giovane.

Da non mancare, anche se in tarda serata (ore 22.45), il film francese Gardiens de phare di Jean Grémillon, qui alle sue prime prove al lungometraggio dopo molte esperienze come documentarista. Un film importante soprattutto per la sua straordinaria architettura luministica, l’audace costruzione narrativa e i tanti simbolismi: da una lato il mare, elemento perturbante, sempre agitato, violento; dall’altro il faro, elemento stabile, fisso, dai contorni ben definiti.

Nello scontro titanico tra questi due elementi l’uomo è la vittima anche sacrificale, come nel caso del figlio. Oltre al grande tema dell’ostilità della natura, in Gardiens de phare c’è anche quello della separazione tra uomini e donne: gli uni e le altre non sono uniti che dal ricordo, dal sogno e dai loro fantasmi. In virtù di questa messa in scena cosmica Grémillon ha trasformato il melodramma in tragedia. Considerato perduto, le Giornate presentano una splendida copia che mette in risalto le qualità della fotografia appartenente alla collezione Komiya e depositata presso il National Film Archive del Giappone.

Segnaliamo infine nella sezione William Hart, alle 17.30, The Return of Draw Egan (La banda del lupo 1916) con l’accompagnamento musicale degli alunni del Conservatorio di musica Giuseppe Tartini di Trieste diretti da Petar Matošević per la partitura di Ari Fisher. Siamo curiosi di vedere come tutte le sparatorie e il frastuono delle armi da fuoco sarà reso in musica. All’epoca il film ebbe una enorme successo e le cronache registrano molti pienoni anche in sale di millecinquecento posti.




Condividi