Giornate cinema muto, torna il Golem perduto

PORDENONE – Alle Giornate del Cinema Muto, in corso a Pordenone fino al 7 ottobre, giovedì 5 ottobre è la giornata dei grandi maestri.

Alle 15.45 al Teatro Verdi uno degli appuntamenti più attesi, con Der Golem, di Paul Wegener e Heinrich Galeen. L’eccezionalità dell’evento è che si tratta del primo Golem del 1914, considerato perduto e di cui non esistevano che pochi frammenti. Solo recentemente è stato trovato al Museo del Cine Pablo C. Ducros Hicken di Buenos Aires un rullo intero del film che ci consente di avere un’idea di quello che è considerato un capolavoro del cinema di tutti i tempi.

La versione che tutti conosciamo, del 1920 sempre con la regia di Wegener, è in realtà un prequel, il titolo completo infatti è Golem, come venne al mondo, girato con possibilità economiche maggiori rispetto al primo, realizzato mentre era appena iniziata la prima guerra mondiale e che, pur essendo stato distribuito con successo in tutto il mondo, in quanto produzione tedesca, non suscitava certo le simpatie dei paesi che erano in guerra con la Germania e l’impero austroungarico.

A seguire, e a comporre un formidabile dittico espressionista del pomeriggio, il più antico film superstite di Fredrich Wilhelm Murnau, Der Gang in Die Nacht, il cammino nella notte, del 1920, nel quale troviamo già i temi che saranno sviluppati nei capolavori successivi quali Aurora.

In Der Gang in Die Nacht, tra i protagonisti c’è l’attore feticcio di Murnau, Conrad Veidt, che negli anni ’30 andò in America dove, paradossalmente, a lui che era antinazista vennero spesso e volentieri affibbiate le parti del tedesco cattivo, come in Casablanca.

Chiude la giornata, alle 22.45, Carl Th. Dreyer con Glomdalsbruden, La fidanzata di Glomdal, 1926. Basato sull’omonimo romanzo dello scrittore norvegese Jacob Breda Bull, è l’ultimo film realizzato da Dreyer nei paesi scandinavi prima del suo trasferimento in Francia e del suo exploit con Giovanna d’Arco.

Per la prima e ultima volta nella sua carriera Dreyer procede con totale libertà nella lavorazione del film, improvvisando giorno per giorno durante le riprese e senza seguire una sceneggiatura. Ma lo spirito di Dreyer c’è tutto, nella condanna dell’oppressione femminile e nella promozione di un umanesimo conciliatorio.

Il primo maestro del programma di oggi, al Teatro Verdi alle 9.00, è Yasujiro Ozu con Tokyo No Yado, Una locanda di Tokyo, del 1935. A quell’epoca il sonoro si era già affermato ma Ozu rimaneva ostinatamente fedele al muto, non per motivi estetici ma perché aveva promesso al suo operatore che avrebbe aspettato fino a quando lui avrebbe messo a punto il proprio sistema di registrazione sonora.

Tokyo No Yado rappresenta un compromesso, possiamo definirlo un tardo muto perché alle immagini viene aggiunta una partitura musicale preregistrata, secondo la tecnica Saundo-Ban. E’ un’opera intrisa di pessimismo che fa un crudo ritratto della povertà che affliggeva la capitale nel periodo della Grande Depressione.

Molti critici hanno avanzato paragoni con il neorealismo italiano, nondimeno è anche evidente quel formalismo che diventerà la cifra stilistica identificativa di Ozu, che si evidenzia soprattutto nelle riprese iniziali di camini, pali del telegrafo e grandi rocchi di legno.

Non possiamo considerarlo un maestro, ma certamente un protagonista delle Giornate di quest’anno è il francese Jean Durand.

Di lui abbiamo visto tanti western nella sezione dedicata al western europeo e giustamente stasera gli viene riservato l’onore della prima serata, alle 20.30, con la sua opera più ambiziosa, La femme revée, La donna sognata, del 1929, con tante scene spettacolari e un cast con i migliori attori francesi del periodo.

È quasi commovente aver inserito fra i grandi del cinema un autore che, dopo l’avvento del sonoro, era svanito nell’oblio e nella miseria.




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