MERCATI AZIONARI
L’ottava di borsa ha portato nuovi rialzi per gli indici azionari internazionali, con saldi positivi per la generalità dei listini. Il tono rialzista non era così scontato visto che il precedente weekend era stato vissuto con una netta chiusura in ritracciamento da parte di Wall Street, preoccupata dalle condizioni di salute del presidente Trump, ricoverato in ospedale a seguito del contagio da Covid.
Il mercato aveva iniziato a scontare infatti scenari di incertezza ad meno di un mese ormai dalle elezioni, portando l’S&P a perdere diverse posizioni. Da tenere inoltre conto che una buona parte di mercato ha nelle preferenze altri quattro anni di presidenza Trump, in continuazione con delle politiche che, nel complesso, hanno dato slancio a Wall Street.
In realtà, già in prossimità dell’apertura settimanale dei mercati, l’evento del contagio di Trump aveva perso parte della propria carica negativa, con il Presidente in rapido recupero tanto da tornare in pochi giorni alla Casa Bianca. Un ‘no-effect’ seguito però dall’altra tematica (oltre a quella più squisitamente di natura sanitaria) che i mercatI stanno maggiormente prezzando sul breve termine, ossia il pacchetto di stimoli fiscali che gli operatori si aspettano dal Congresso americano.
La diatriba tra repubblicani e democratici è condizionata ovviamente in modo pesante dall’avvicinarsi delle elezioni: i dem si sono posizionati su una richiesta di forti stimoli mentre Trump sa che assecondare questa richiesta non gli porterebbe particolare vantaggio. Su questo punto, nel corso della settimana, il presidente ha accentuato i toni, dichiarando che fino alle elezioni non vi sarebbe stato margine di trattative, provocando una rapida caduta di Wall Street (-1,5% mercoledì), che in realtà ha sempre prezzato un accordo bipartisan ragionevole e invocato anche dal capo della Fed Powell.
Il presidente USA, come suo solito uso, non ha chiuso completamente la porta, con le consuete giravolte di dichiarazioni che shiftano tra un ‘accordo globale’ e un pacchetto ‘di compromesso’ (1.800 miliardi di Dollari).
Il ritorno di forza degli indici, comunque, ha superato anche questo scoglio, portando l’S&P (+3,9% nell’ottava) sopra i 3.450 punti, riducendo quindi ancora l’impatto della debolezza vissuta a settembre. Il movimento settimanale ha visto un buon di denaro sui comparti ciclici, come banche, Oil & Gas, Auto, Costruzioni e Utilities mentre tra i tecnologici le big five in alcuni frangenti hanno rallentato la loro corsa, tendenza già presente da inizio settembre. Il Nasdaq chiude comunque a +4,2%.
Una parziale rotazione che prelude ad attese di maggiore momentum economico (magari grazie anche al raggiungimento di un vaccino ‘stabile’ contro il Covid) ma probabilmente anche conseguenza degli esiti della commissione Antitrust sulle big della tecnologia. Le conclusioni ipotizzano infatti interventi regolatori per ridurre l’effettivo monopolio di mercato (in particolare di Alphabet, Amazon, Facebook e Apple). La settimana è stata positiva sia per l’Europa (+2,5%), sia per gli emergenti (+3,8%), trainate da Wall Street.
MERCATI MATERIE PRIME
Settimana positiva per il comparto materie prime, con il nuovo apporto positivo del prezzo di quelle energetiche (+9,5% il petrolio) ma anche del segmento agricole e industriali. Movimento corale che fa salire l’indice generale di quasi il 5%, segnale che va di pari passo con il buon andamento dell’equity. Protagonista, come detto, il petrolio, che rimbalza da area 37 Dollari e si ripropone a quota 41 grazie alle stime di crescita futura della domanda da parte dell’Opec. Positivo anche l’oro, in chiusura attorno ai 1.940 Dollari l’oncia (+1,6%).
MERCATI OBBLIGAZIONARI
La settimana del reddito fisso ha mostrato due tendenze di segno opposto: da una parte il rialzo dei rendimenti dei titoli governativi in alcune aree geografiche e, dall’altra, un buon appetito per il rischio sui segmenti più remunerativi (corporate high yield).
Il movimento segue, in logica intermarket, la positività vista sull’equity e ha sullo sfondo il newsflow legato alle dichiarazioni delle banche centrali. Sorprendentemente esplicito Jerome Powell, governatore della FED, che ha esortato la politica a fare di più per contrastare la crisi economica indotta dalla pandemia. Una presa di posizione che ha un certo peso alla luce dell’attuale confronto tra democratici e repubblicani e ad un mese dalle elezioni presidenziali.
Powell ha evidenziato l’importanza dell’uso combinato di politica monetaria e politica fiscale, affermando che il deficit non può essere in questo momento motivo di preoccupazione, sebbene il bugdet federale non sia propriamente su un sentiero virtuoso. Chiara l’intenzione della ‘spinta gentile’ alla politica, lasciando da parte altri strumenti di supporto monetario che verrebbero probabilmente usati solo in caso di estrema necessità, come ad esempio il portare i tassi in territorio negativo. Un pensiero ribadito anche dal FMI, tramite la direttrice generale Georgieva: i governi hanno speso qualcosa come 12mila miliardi di Dollari ma l’input è di rimanere, almeno per i paesi sviluppati, in una modalità “Whatever it takes”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Christine Lagard: in settimana sono stati rese note le minute relative all’ultimo meeting BCE, dove sostanzialmente si è confermata la volontà di non far mancare in alcun modo il supporto monetario all’economia, visti anche i rischi di involuzione dei prezzi (l’inflazione è scesa sotto lo zero, attestandosi a -0,3%), indotti anche dal recente rafforzamento dell’Euro verso le altre valute.
Come per la Fed, la sensazione è che BCE possa ampliare l’attuale programma (PEPP) ma solo in casi di particolari turbolenze di mercato. Per tutte le banche centrali resta ovviamente il tema delle possibili misure di contenimento da parte delle autorità politiche, in un autunno/inverno che dovrà fronteggiare il tema delle seconde ondate di contagio.
In tema di tassi, da rimarcare l’avanzamento di quelli USA, che paiono aver costruito una base negli ultimi mesi e che in settimana hanno toccato un massimo a due mesi (area 0,80%). Il movimento al rialzo è avvenuto anche per altre aree regionali (UK, Svizzera, Canada) ad esclusione dell’Europa, dove il Bund 10Y resta schiacciato a -0,54% e il BTP 10Y ha toccato nuovi minimi (quota 0,72%). Tra le altre asset class: bene High Yield (sia zona Euro che zona Dollaro) ma anche i bond emergenti in hard currency.
MERCATO VALUTARIO
In ambito forex, settimana di sostanziale lateralità per il cross Euro Dollaro che in chiusura si posiziona sopra 1,18 in concomitanza con la risalita di Wall Street, probabilmente per una logica di posizionamento su valute meno ‘safe’, vista la contemporanea discesa dello Yen. In recupero anche le valute emergenti e il Bitcoin, tornato sopra quota 11.000.
Dott. Alessandro Pazzaglia
www.pazzagliapartners.it