La crisi bancaria arriva in Europa, Credit Suisse affossa i listini, tassi in caduta libera e oro in salita.

MERCATO AZIONARIO

La settimana appena conclusa è stata così piena di eventi da essere anche difficile da sintetizzare, visto che si mischiano insieme eventi di mercato, notizie di macroeconomia e decisioni da parte delle banche centrali. E sì che gli ultimi tre anni di eventi importanti ce ne sono stati parecchi ma sembra che i mercati abbiano deciso di far ‘ballare’ gli investitori anche nel 2023, quando già l’anno scorso era apparso particolarmente ostico. Il problema nato la settimana scorsa con il caso SVB ha rapidamente oltrepassato i confini USA, con il ‘salto’ dall’altra parte dell’Atlantico, approdando in Europa e più precisamente in Svizzera, dove il bubbone Credit Suisse aspettava solo un innesco per tornare alla ribalta. Negli USA le banche travolte dalle problematiche del “bank run” sono state oggetto di intervento da parte delle autorità governative e della FED, con il rilascio di garanzie di liquidità praticamente illimitate sui depositi (ma con un costo). SVB è stata la vittima sacrificale, poi le autorità, nel weekend, hanno messo in campo una prima parte di artiglieria pesante per evitare problematiche peggiori prima della riapertura dei mercati asiatici. Ma intanto il problema si era già trasferito in Europa, con gli azionisti arabi di Credit Suisse non intenzionati ad investire nella banca per sostenerla: di fatto condannandola a ricercare aiuti, visto che la crisi di fiducia polverizza i depositi e le possibilità di far fronte alle obbligazioni di breve. La banca svizzera da anni è un esempio di mala gestione ma ha masse e relazioni di business che la rendono sistemica: inevitabile che l’ondata di vendite sul settore bancario non si riversasse anche sull’Europa, dove era stato uno dei settori più performanti. Se le borse USA hanno tentato di resistere (con il Nasdaq nuovo “rifugio”, quelle europee non hanno avuto scampo (Credit Suisse ha perso il 25%). La riunione della BCE è stato l’altro grande appuntamento della settimana: Christine Lagarde ha confermato il rialzo atteso da 0,500/o senza cedere ad altre opzioni e lasciando ora la palla alla Fed la prossima settimana.

Come scritto qualche riga più su, alle tematiche già impattanti sopra descritte si aggiunge anche la situazione macro che rimane ovviamente in primo piano nelle tematiche attuali, dopo esserlo stato già nel 2022. La problematica dell’inflazione (alla base dell’attuale situazione di stress sui tassi) solo momentaneamente perde lo scettro di nemico numero uno, anche se i dati in settimana hanno portato qualche elemento moderatamente positivo. Il CPI americano ( +0,4% mensile, +6% su base annua) ha confermato le attese pur evidenziando che il rientro dell’inflazione dei servizi è lento e intermittente, con valori di stima ancora alti per essere soddisfacenti. I prezzi alla produzione (sia con che ex Energy) evidenziano l’effetto calmierante dell’azione della Fed, così come i dati inferiori alle attese sulle richieste dei mutui. Ma la view su altri aspetti economici resta mista, con un quadro generale nel complesso positivo. Vero che, come molti sottolineano, il ritardo con cui la politica monetaria agisce (e lo abbiamo visto per le banche) va a inficiare anche quello attestano ora i valori macro.

C’è da aspettarsi che il tendenziale dei prossimi mesi possa mostrare gli effetti completi della più rapida politica restrittiva della storia. In questo contesto le borse hanno vissuto una situazione di passione, condizionate inevitabilmente dalla discesa dei titoli finanziari, con il mercato intento a vivisezionare ogni singolo istituto per valutarne le debolezze intrinseche. Non che l’esercizio sia così ‘oscuro’: il rialzo dei tassi ha chiaramente un impatto sistemico dopo anni di denaro facile e soprattutto dopo l’emissione di una mole di debito gigante a tassi vicino allo zero per fronteggiare l’emergenza Covid, ora arriva semplicemente il conto. Lo si era visto con i fondi pensione inglesi, in piccola parte con la questione delle gestioni separate di Eurovita e con la deflagrazione di tutti quei business incapaci di creare flussi di cassa costanti e solidi (mondo cripto e varie nicchie tecnologiche): ora la crisi lambisce il mondo bancario. Se però altri settori normalmente vivono in maniera isolata momenti di stress, quello finanziario è nevralgico per l’ecosistema finanziario ormai globalizzato.

con un movimento del tutto inverso a quello dell’anno scorso. In caduta libera l’Europa (-4%), un risultato che deriva dall’affossamento dell1ndice settoriale delle banche (-11,5%) ma anche di assicurativi ed

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

L’Inversione a “V” rovesciata dei rendimenti vista nella settimana scorsa è continuata anche nella settimana appena finita e ha ancora più rafforzato il messaggio che i mercati stanno dando alle banche centrali: fermatevi o le conseguenze sul sistema finanziario possono essere gravi, sia in termini sistemici che economici. Non sfugge che il mese di febbraio aveva visto un allineamento tra previsioni delle banche centrali e mercati, con questi ultimi che avevano ingoiato l’amaro boccone dei tassi “higher far longer”. Ma è bastata poco più di una settimana (in cui la tempesta si è abbattuta sulle banche) per mutare tutto. Il crollo sulle attese dei tassi US in settimana è stato del tutto verticale. Il mercato, ora,  stima appena un altro 0,25% nei prossimi due meeting (marzo/maggio) e poi una sequenza di riduzioni … non l’anno prossimo e nemmeno a fine 2023 ma già a patire da giugno/luglio. Altri due elementi sono da rimarcare: il primo è che il nuovo programma di prestiti della Fed assomiglia ad un nuovo Quantitative Easing con la fase restrittiva ormai sepolta sotto le macerie di SVB, il secondo che non sono da escludere per i prossimi mesi anche Emergency Cut (tagli di emergenza) se la situazione dovesse tornare critica. I mercati stanno mandando un messaggio molto chiaro quindi, anche se BCE ha preferito, per ora, fare il rialzo programmato ( +0,50%, l’ultimo?) forse anche per salvare le apparenze.

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, ancora negatività per l’asset class nonostante i forti guadagni di oro ( +5% a 1.967) e argento ( +8,6%). Crollo invece per il petrolio (-13% a 67 dollari) con timori di recessione (o confusione) globale causata dalla crisi finanziaria, lo stesso motivo per cui l’oro è decollato e vede i massimi storici.

MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS

Per quanto riguarda le valute, settimana di alti e bassi per il cambio Euro/USD, che chiude a quota 1,067. Diversi i fattori di condizionamento: la crisi delle banche USA ed europee ma anche tutte le incertezze presenti sulle mosse delle banche centrali. Il dollaro non sfonda quota 1,05, segno che ci si aspetta una Fed che sarà la prima a fermarsi. Tra le altre valute deboli le emergenti, forti quelle safe come lo Yen. Upside per il Bitcoin che vola sopra quota 26.000 ( +33% ).

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it




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