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domenica , 24 Novembre 2024

Le borse provano a resistere: dopo Credit Suisse tensione su Deutsche Bank, la Fed alza i tassi

MERCATO AZIONARIO

Il clima dei mercati resta teso nonostante gli interventi introdotti dai regolatori e dalla autorità di politica monetaria per gestire un delicato momento per gli equilibri finanziari. Una fase, quella attuale, che ha visto susseguirsi nelle ultime settimane problematiche prima relative alle banche regionali americane ma poi in allargamento verso l’Europa con il coinvolgimento di Credit Suisse. La banca svizzera, nel corso del fine settimana precedente, ha dovuto ricorrere alla protezione della Banca Nazionale Svizzera e ha dovuto anche l’accettare la acquisizione da parte della storica concorrente UBS. Una incorporazione quasi obbligata per evitare la deflagrazione di Credit Suisse, in crisi di fiducia da parte del mercato, con un capitale da rinforzare e masse depositate in fuga. Una soluzione che ha comportato anche l’azzeramento degli obbligazionisti subordinati (di tipo AT1), postergati nei diritti anche rispetto agli azionisti per la particolare legislazione svizzera, altro fattore che ha portato a rendere ancora più marcata la debolezza degli istituti bancari, sia europei che americani. Gli interventi attuati (in USA l’intervento della Fed e del governo USA sulle banche in difficoltà e in Europa su Credit Suisse) non sembrano convincere del tutto gli investitori: la tensione provocata dagli aumenti dei tassi da parte delle banche centrali e il persistente dima di sfiducia sta portando ancora a discese sui prezzi del comparto, fino a poche settimane fa in realtà tra i più comprati dagli investitori per gli utili in forte ascesa. La debolezza di giovedì e venerdì sulla scia delle notizie su Deutsche Bank ( che pur ha rimborsato in anticipo da subordinati) e su altre banche tedesche, è una continuazione di quanto visto la scorsa settimana, con in più la decisione della Fed di procedere ad un rialzo dei tassi dello 0,250/o (atteso dal mercato). In calo quindi tutte le borse sul finire d’ottava quando in realtà un recupero iniziale era stato tentato dopo la problematica apertura di lunedì mattina. Intanto i bond governativi fungono ancora da bene rifugio per gli investitori.

È una fase delicata quella attuale, non solo per le problematiche del mondo bancario che il mercato ora percepisce in modo evidente, ma anche per l’insistere di diversi elementi che ancora creano instabilità. Il comparto delle banche è cruciale nel sistema economico e a questo si aggiunge il progressivo deterioramento di quello dell’immobiliare (USA, tedesco, nordico) dove già alcuni waming erano arrivati negli scorsi mesi. Il rialzo dei tassi comporta maggiore onerosità nei finanziamenti, mette in crisi società indebitate o a leva, dopo anni di crescita esponenziale dei prezzi. Se il rapporto tra questi ultimi ed il reddito disponibile va alle stelle, dopo un po’ arriva il conto da pagare per i disequilibri. La testardaggine delle banche centrali nel rialzare i tassi (per fronteggiare un’inflazione altrettanto testarda nel non voler scendere in modo deciso) crea quasi un vicolo cieco per le sorti macroeconomiche, dove probabilmente si è visto ancora poco o nulla delle conseguenze di quanto in corso e delle misure restrittive. Un gioco di causa-effetto che ora però diventa pericoloso, perché le problematiche del mondo bancario diventano esse stesse trigger di minori concessioni creditizie, con effetti di indebolimento economico. L’inflazione, come spesso detto, è in discesa ma molto più lentamente di quanto desiderato e, talvolta, come in UK, capace ancora di sorprendere al rialzo. I dati USA in uscita restano però ora positivi, in rimbalzo nel IV trimestre 2023.

In questo contesto le borse hanno dapprima aperto in maniera molto negativa dopo la ‘risoluzione’ del problema Credit Suisse per poi recuperare via via posizioni man mano che ci si avvicinava al meeting della Federai Reserve previsto in settimana. Dopo una miriade di ipotesi su quello che avrebbe fatto Powell in una situazione di estremo stress, si è arrivati all’appuntamento di mercoledì con un consensus equilibrato, tanto da consentire alle principali borse di recuperare diversi punti percentuali. Tra giovedì e venerdì nuovi ribassi soprattutto in Europa, amplificati dalla indecisione del governo americano di porre una garanzia su tutti i depositi e dall’aumento dei Credit Default Swap di Deutsche Bank. E non aiuta certamente il tono recrudescente delle ostilità tra Russia e Ucraina.

Il Saldo rimane positivo su tutti gli indici azionari da partire da quelli Americani dove rimbalza con più forza il Nasdaq, ma anche gli Europei e gli Asiatici.

MERCATO OBBLIGAZIONARIP

L’ottovolante ha coinvolto anche l’obbligazionario, reduce da una settimana di gloria in cui Vi era stato un significativo fly to quality verso i governativi, isola di salvataggio in una situazione di estrema vulnerabilità di mercato. L’evento clou della settimana è stato ovviamente la riunione della Federai Reserve, il cui capo, Jerome Powell, non deve aver avuto giorni semplici. Alla fine, tra l’Ipotesi di rinunciare al rialzo dei tassi (dando quindi un implicito segnale di preoccupazione) e quella di azzardare uno 0,50% (che sembrava quasi certo dopo lo speech al Senato), è venuto fuori uno 0,250/o di buon senso che era comunque già sufficientemente scontato dal mercato. Quello però su cui divergono vistosamente Fed e mercato è il resto del 2023, un po’ come era già successo a gennaio prima del riallineamento del mese successivo.

Ed è la crisi in atto sul comparto bancario a creare un gap tra le attese di mercato ed il FOMC che vede tassi a fine 2023 tra il 5-5,25% (ora siamo al 4,75%-5% e mancherebbe quindi ‘solo’ uno 0,25%): secondo i bond vigilantes, la Fed sarà costretta per prima a non fare altri rialzi (solo il 24% di altro aumento a maggio) e poi a tagliare già da giugno per arrivare a fine anno al 3,75%-4,00%. Il pivot ormai è qui (secondo il mercato)!

MATERIE PRIME

In ambito materie prime, il paniere rimbalza di poco ( +0,4%), con un discreto rimbalzo del comparto Energy (petrolio +4% ma gas -5%) e dei metalli industriali.

MERCATO VALUTARIO

Mentre per quanto riguarda le valute, il posizionamento deciso della BCE e l’esitazione della Fed ha premiato l’euro fino a far toccare al cross area 1,095. Poi le debolezze del comparto bancario europeo hanno riportato il cambio in close a quota 1,075.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, www.pazzagliapartners.it

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