Marco Michelin, Pn Calcio “Per i nostri social ci ispiriamo alla Bundesliga”
PORDENONE – “E’ nato tutto su una lavagnetta”. Marco Michelin, responsabile comunicazione del Pordenone, in una intervista a Social Media Soccer, racconta come è venuta alla luce la campagna social in vista della storica gara di Coppa Italia con Inter che li ha resi famosi. Michelin ci ha descritto come lavora lo staff digital dei “Ramarri”, a chi si ispirano nella loro attività social ed ha commentato il caso Nainggolan.
Abbiamo il piacere di intervistare, dicono a Social Media Soccer, il responsabile comunicazione di una delle squadre del momento: il Pordenone Calcio.
Che studi ha fatto e dove ha lavorato prima di approdare nel mondo del calcio?
Ho studiato Scienze della Comunicazione a Verona e poi ho fatto un Master a Trieste in Gestione e analisi della comunicazione, indirizzo giuridico. Scrivo di calcio da sempre sul Gazzettino, ma ho scritto anche di cronaca locale, di motori, di calcio femminile, calcio a 5.
Come nasce la passione per i social media?
Io lavoro al Pordenone da 20 anni. La pagina Facebook del Pordenone l’ho aperta io nel 2009, i quasi 35.000 iscritti li ho visti crescere uno per volta.
La campagna social con la quale avete accompagnato la squadra e i tifosi agli ottavi di Coppa Italia con l’Inter e la gara con cui avete costretto i nerazzurri ad arrivare ai calci di rigore rimarrà nella storia. Ce la può raccontare?
Dopo la vittoria sul Cagliari in Coppa Italia abbiamo iniziato ad avere una grande evidenza nazionale. Prima di affrontare l’Inter avevamo un turno di riposo e questo ci ha facilitato a livello organizzativo. Con l’avvicinamento a questa partita, sono iniziate ad arrivare delle idee.
Il 4 dicembre è il primo giorno in cui abbiamo fatto partire il countdown: ci siamo scambiati delle idee con il mio collega Sebastiano Orgnacco che abbiamo iniziato a buttar giù su una lavagnetta. Il countdown doveva scandire l’avvicinamento al match.
Che si sarebbe giocata Inter-Pordenone lo sapevo in tanti, ma noi volevamo che lo sapessero tutti e prima. Da qui a riuscirci ce ne passa, ma la sensazione era già dall’inizio che sarebbe venuto fuori qualcosa di molto carino, poi però tutto quello che è successo non era prevedibile.
Il presidente Lovisa vi ha promesso l’aumento, è arrivato?
Quelle sono cose nostre, si è spettacolarizzata troppo questa cosa.
Come funziona il vostro staff digital: quanti siete, come vi dividete i compiti?
Fino a qualche mese fa ero da solo, curavo io tutti i social e il sito. Poi si è aggiunto Sebastiano che ci ha permesso di fare un notevole salto di qualità a livello grafico. Lui segue più Twitter e io Facebook e Instagram. In questo periodo abbiamo condiviso tutto. Durante il countdown non abbiamo differenziato tra un social e l’altro. Ogni social però alla sua peculiarità e dopo l’Inter ci siamo adattati al linguaggio di ciascuna piattaforma: quello che è stato pubblicato su Twitter, non è detto che sia sta pubblicato anche su Instagram. Ogni social ha il suo pubblico e bisogna adattarsi nel modo migliore.
Siete presenti su Facebook, Twitter, Youtube e Instagram?
Youtube è un canale su cui dobbiamo tornare a lavorare.
E’ un obiettivo per il 2018?
Esatto.
In ogni caso essere su tre social è un impegno e un investimento importante per una club di Serie C. Come nasce il fenomeno Pordenone sui social media? Chi ci ha creduto per primo?
La società ci ha dato tutta la libertà organizzativa e di espressione, cosa rara questa. Come responsabile comunicazione sono più sensibile alla materia e sono io a proporre le azioni. In questo periodo il presidente ha avuto un ruolo importante perché non ha frenato questo impeto quasi incontrollabile. Invece ci ha incoraggiati, quando vedeva in anteprima quello che avremmo pubblicato rideva con noi, ci diceva che era molto bello. In queste iniziative sono stati coinvolti tutti, dai colleghi d’ufficio ai giocatori, allo staff tecnico. Ogni giorno c’era l’attesa di cosa avremmo pubblicato e tutti venivano a sbirciare nel nostro ufficio. E’ stato un mese di condivisione molto bello, e nel nostro modo di lavorare non è stata neanche una novità. Abbiamo un bell’affiatamento generale e questo è uno dei segreti di quello che il Pordenone sta facendo in questi anni a tutti i livelli.
Qual è il club a cui vi ispirate per la gestione social?
Be’, in Italia abbiamo fatto qualcosa che non ha fatto nessuno. Questo non lo dico io, ma l’ho letto in tante analisi. In Bundesliga sicuramente sono anni luce avanti a noi e sono capaci di ironizzare nel modo giusto. Sono molto abili nell’autoironia che secondo me, sui social, è uno dei segreti vincenti. Serve a stemperare le tensioni del calcio.
Il vostro racconto, più che il classico storytelling, ha le caratteristiche di un emotiontelling. Idee semplici, ma brillanti e autentiche. I vostri contenuti diventano virali perché sembrano confezionati da un tifoso più che da uno staff digital. E’ questo il segreto del vostro successo?
Quello che mi rende particolarmente orgoglioso è che quello che abbiamo fatto sia stato un successo sia per la massa che per la critica, un connubio difficile in genere da abbinare. Tra i migliaia di tifosi che hanno messo Mi piace sui vari post, c’erano tantissimi interisti. Il nostro successo infatti è stato più esterno che interno, perché i nostri tifosi erano quelli numericamente. E poi l’apprezzamento di media sportivi e siti come il vostro che si interessano dei social.
Queste sono le cose che ci hanno dato più soddisfazione. Ogni post è chiaro che deve essere facilmente comprensibile. L’incubo più grande è quello di fare un tweet simpatico ma che magari capisci solo tu. Deve essere immediatamente comprensibile. Ad esempio quando abbiamo messo il primo video, quello di Maza, il mio terrore – e non scherzo – era che l’utente lo guardasse 2 secondi e lo chiudesse, perché fino a quel momento avevamo utilizzato solo immagini. Invece si era creata una attesa talmente grande che i tifosi ci davano fiducia. Per cui se nei primi secondi vedevano un filmato normale in cui Maza calciava in rete a Cagliari, già sapevano che dopo sarebbe successo qualcosa di figo. Per cui anche il video ha avuto un successo enorme.
Il vostro impegno sul web come si traduce sul fronte commerciale attuate, ad esempio, sinergie di co-marketing con i vostri sponsor?
È un campo in cui siamo ancora in fase di studio. Quando ci sono le occasioni promuoviamo le varie iniziative che facciamo sul territorio insieme allo sponsor. Qualche giorno dopo l’Inter siamo stati ospiti alla Fiera di Pordenone e abbiamo cercato di raccontare sui social questa visita in modo simpatico con un post e una foto di Colucci sul trattore di un nostro sponsor.
Abbiamo cercato di tradurre l’accoglienza che ci hanno riservato nel linguaggio che avevamo usato nei giorni precedenti. Ha avuto un buon riscontro e questo ci dà fiducia nel fatto che, passata l’Inter, possiamo continuare a utilizzare quel linguaggio riadattato alle varie situazioni. Chiaramente ci saranno periodi in cui si potrà ironizzare di meno. E non è neanche obbligatorio far ridere, ci accontentiamo del sorriso.
Il successo social sta portando risultati dal punto di vista dell’attenzione da parte di possibili nuovi sponsor?
Sicuramente, anche se ognuno deve mettere il proprio mattoncino. Questo percorso è stata una staffetta con la squadra che dopo la vittoria a Cagliari ha passato a noi il testimone che abbiamo creato l’attesa fino a San Siro. Poi gli abbiamo ripassato il testimone, perché la squadra ha fatto 0-0 con l’Inter e ha perso solo ai rigori. E’ stato un percorso perfetto e siamo stati invitati in fiera proprio perché abbiamo fatto 0-0 a San Siro. Quello che abbiamo fatto sui social nella marca di avvicinamento è stato incredibile, ma se la squadra avesse perso il nostro lavoro sarebbe rimasto fine a se stesso. Siamo una squadra e ognuno deve fare il suo in un contesto di confronto continuo.
Avete in programma lo sbarco su una altre piattaforme social nel medio e lungo periodo?
Sulla luna! (ride, ndr). Vediamo, le piattaforme su cui ora siamo presenti sono già sufficienti, ma siamo sempre attenti a nuove opportunità. Del nostro profilo Instagram siamo particolarmente orgogliosi perché in Serie C solo il Catania ha più follower di noi e curiosando tra i numeri della Serie B con i nostri 24.000 seguaci saremmo sesti. Instagram in questo momento è il social che tira di più. E poi alla vigilia di Inter-Pordenone abbiamo messo online il nuovo sito del club a cui stiamo ancora lavorando per perfezionarlo. Vorremmo che fosse un sito molto social, che offra un’interazione forte con i vari profili.
Cosa ne pensa, invece, del rapporto che hanno i calciatori con i social: spesso assistiamo a incidenti di percorso con gli sportivi che si lasciano andare a commenti fuori luogo con i tifosi o al caso Nainggolan nella notte di Capodanno?
Questo è il bello e il brutto dei social. Fino a qualche tempo fa per provare a interagire con un giocatore il tifoso mandava una lettera o una email alla società, o si presentava al campo per strappare un autografo. Adesso poter dialogare o almeno provare a dialogare con il proprio beniamino in tempo reale è qualcosa di impagabile se mi metto nei panni del tifoso. Quindi vedere il proprio idolo in momenti extra calcio che racconta e mette in video la sua vita è sicuramente bello. Il caso Nainggolan insegna che quando un giocatore sta facendo qualcosa di poco educativo, chiaramente non può metterlo in video. Nainggolan in quel momento faceva quello che stavano facendo milioni di italiani, però attivare una diretta Instagram non ha molto senso. E’ un giocatore che rappresenta una società e deve dare una certa immagine, un certo tipo di educazione.
E’ possibile immaginare che prima o poi si arrivi a un modello di educazione digitale con cui formare i giocatori così come avviene con il match-fixing?
La ritengo una cosa assolutamente giusta e fondamentale. Il caso Nainggolan può essere d’esempio, sono sicuro che in tutte le società quello che è accaduto abbia fatto discutere sia tra i giocatori che tra gli addetti ai lavori. Penso che molti club abbiano parlato ai proprio giocatori citando il caso del belga e dicendo che così non si fa, rivolgendosi sia ai più famosi che ai calciatori meno esperti. I social sono il presente e il futuro, bisogna assolutamente tener conto di questi aspetti. Quando succedono casi di “cronaca” come questi, chiaramente l’attenzione si alza.
In conclusione. Dopo l’attenzione mediatica raccolta in queste settimane, siete chiamati ad alzare l’asticella nella proposta di contenuti sempre più originali. Ci può dare qualche indizio?
Adesso stiamo facendo un po’ riposare le menti. Anche prima dell’Inter abbiamo cercato di fare le cose in un certo modo, chiaro che quella partita ci ha aperto nuovi orizzonti. Ma è stato un percorso di crescita e di sperimentazione.
Continuerete con il filone dell’ironia o ci offrirete anche qualcosa di diverso?
Sicuramente saremo sensibili e attenti a provare cose nuove. La sperimentazione non è una cosa programmabile, è cogliere dei momenti, unire dei puntini, confrontare le nostre idee. Non si può programmare la fantasia.
Foto da tuttopordenone.com