PORDENONE – Non si placa la discussione in merito alla vicenda dei sacchetti ultraleggeri per alimenti che dal primo gennaio devo essere ceduti a pagamento e che hanno fatto infuriare esercenti e consumatori.
«Un ennesimo balzello che va a intaccare la credibilità e la professionalità di una categoria più rappresentativa del commercio alimentare» spiega Sergio Bertanza presidente provinciale gruppo Alimentaristi dell’Ascom Confcommercio e titolare di un supermercato di quartiere a Fontanafredda.
E chiama direttamente in causa la pubblica amministrazione che, nel recepire la normativa Ue del 2015 che ha l’obiettivo di ridurre l’uso degli shopper di plastica molto inquinanti per l’ambiente, ha deciso con decreto ministeriale che «il costo del loro utilizzo dovesse essere esplicitato nello scontrino al fine di sensibilizzare tutti nella necessità di doverli ridurre al minimo indispensabile».
Poi sottolinea: «Più volte, in questi mesi la nostra federazione nazionale (Fida) ha cercato di far capire al Ministro che pur condividendo il principio di base, quello di sostituire gradualmente i sacchetti ultraleggeri in uso con altri in materiale biodegradabile, lo strumento imposto dell’Unione Europea ci sembrava sbagliato. Innanzitutto la tempistica per l’adozione di questa norma non era così contingente da obbligarci ad essere tra i primi in Europa e poteva altresì permetterci la ridiscussione dei termini”.
“Ci spieghiamo meglio: se la finalità era quella di preservare l’ambiente non si capisce la necessità di obbligare gli esercenti a far pagare i nuovi sacchetti perché a differenza della norma sugli shopper, vale a dire le borse per il trasporto e le borse riutilizzabili, per i sacchetti trasparenti utilizzati nei reparti self service una vera alternativa di fatto non c’è. Seppur di voler utilizzare quelli di carta, che non sono vietati, e che non li abbiamo mai fatti pagare al cliente».
«Ancor più grave – aggiunge Bertanza – leggere affermazioni di importanti esponenti del Governo che ipotizzano soluzioni fantascientifiche come quelle dell’utilizzo di sacchetti portati da casa dai clienti con l’obbligo da parte degli esercenti di verificarne l’idoneità. Soltanto chi non ha mai lavorato in un punto vendita può pensare che sia una soluzione percorribile e non un modo per creare contenziosi coi clienti e confusione in caso di eventuali controlli”.
“La nostra proposta di prendere quanto meno sei mesi di tempo nei quali non elevare sanzioni, per altro pesanti nei confronti delle nostre attività, per verificare gli effetti pratici di questo provvedimento ci pareva una soluzione praticabile e di buon senso. Prendiamo atto che così non è stato ma almeno evitiamo di applicare cure che sono peggiori della malattia».
Sulla normativa e sui materiali da esporre nei negozi per la clientela (cartelli settore alimentare e non, dichiarazione di conformità, opuscoli informativi) è consultabile il sito dell’associazione www.ascom.pn.it.