MERCATO AZIONARIO
Settimana di borsa dalla doppia faccia quella vista sui mercati azionari internazionali, con la prima seduta del lunedì che non ha certo rappresentato un buon viatico per il resto dell’ottava. Il tonfo ha riguardato sia le borse americane, sia quelle europee, con flessioni che hanno raggiunto anche il 3% (come nel caso di FTSE Mib). In generale le borse del Vecchio Continente hanno mostrato passivi più pesanti rispetto a Wall Street, con l’ombra della diffusione della variante Delta che si è allungata sui listini e ha suggerito riduzioni di rischio nei portafogli degli investitori.
Le decisioni dei governi, che, a macchia d’olio, stanno prevedendo regolamentazioni più severe nei business e nelle libertà di movimento (con l’adozione progressiva dei Green pass nazionali), hanno, di fatto, messo in discussione tutte le speranze di un’uscita definita dal tunnel Covid. Ipotesi che sembrano un po’ venire meno per la questione delle varianti, con le quali appare chiaro sarà necessario confrontarsi anche nella seconda parte dell’anno. A pagare pegno, quindi, i listini borsistici, in particolare quelli dove il peso dei comparti ciclici hanno un peso rilevante, con un movimento a ritroso rispetto a quei ‘reflation trades’ che per diversi mesi invece avevano tenuto banco.
Questa volta la rotazione settoriale è stata meno capace di tenere in equilibrio le borse (i tech hanno comunque sovraperformato) ma al contempo va detto che il movimento di storno si è esaurito in realtà nel giro di poche sedute. Se ricomprendiamo anche la debolezza del venerdì precedente si ha infatti un -3,5% per l’S&P 500 e Nasdaq, -4% / -5% per Dax e FTSE Mib. Nel resto della settimana, infatti, il rebound è stato immediato, con un recupero generalizzato che ha riportato i listini in prossimità dei massimi, mantenendoli all’interno del tracciato rialzista degli ultimi mesi. Anche i settori più tradizionali, come l’Energy (che erano stati condizionati negativamente dalla decisione Opec di aumentare la produzione) hanno poi recuperato almeno parte delle posizioni.
Segno di forza, quindi, per le borse, con l’S&P 500, dal punto di vista tecnico, sollecita i supporti di breve in area 4.250 e rimbalza, chiudendo l’ottava sopra quota 4.400 (+1,9%), mentre il Nasdaq 100 oltrepassa il top di area 15.000 (+2,9%nell’ottava), grazie anche al buon andamento delle trimestrali. La settimana ha visto primeggiare ampiamente i settori di tipo ‘growth’ (+2,6%) rispetto a quelli ‘value’ (+0,5%), grazie al forte upside dei comparti della tecnologia e dell’health care. Qui le dinamiche si uniscono, a livello intermarket, anche al calo dei rendimenti visto sul mercato obbligazionario.
Tra i settori tematici, upside marcato per tutte le nicchie legate ai macrotrend ‘tech’, con segni meno solo per gli auriferi. Tra le altre borse: gli emergenti tornano a sottoperformare (-2%), con i listini cinesi ancora piuttosto deboli (Hong Kong China -3,1%) a causa dell’ostilità del governo cinese verso i listing esteri. Il picco del Vix in area 24/25 registrato lunedì, discendente rispetto ad altri storni del 2021, ha rappresentato un massimo relativo che poi si è riassorbito (close a 17).
MERCATO DELLE MATERIE PRIME
Il mercato delle materie prime registra un movimento generale positivo in termini di basket, sostenuto dal buon andamento del comparto energy (soprattutto gas) e delle commodities agricole (caffè +17%). Il WTI Crude Oil tra alti e bassi chiude a quota 72$ (ma con un minimo settimanale a 66$) mentre l’oro fa ancora fatica a rialzarsi, restando in area 1.800$.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
La settimana del reddito fisso ha visto un movimento molto forte sul governativo americano, scadenza decennale, che ha visto il suo yield fissare un minimo in area 1,13%, giungendo in sostanza alla prima area tecnica di approdo del movimento ribassista partito da area 1,75%-1,80% a fine marzo. Il livello toccato in settimana, se consideriamo i minimi del 2020 in area 0,50% ed il top del 2021, rappresenta esattamente un ritracciamento del 50%.
Ad accentuare l’acquisto di Treasury da parte del mercato il forte peggioramento del sentiment degli investitori, che sono rapidamente diventati più pessimisti, con timori molto accentuati in merito alla crescita economica globale, una view, che, unitamente agli scenari che vedono una Fed interventista sui tassi (a causa dei riverberi elevati in termini di inflazione), ha provocato un corto circuito sui segmenti di mercato più rischiosi. E questo nonostante, dai decisori di politica economica vengano continuamente prese di posizione che fanno supporre la tesi opposta, ossia di una temporaneità dell’aumento dei prezzi registrati negli ultimi dati macro.
Secondo un’altra angolatura, la discesa dei rendimenti dell’ultima fase di mercato, oltre che per un atteggiamento più prudente degli operatori per gli scenari di emergenza sanitaria, sarebbe anche collegata alle difficoltà dell’amministrazione Biden di implementare il piano sulle infrastrutture (mancando una condivisione bipartisan al Congresso). Il decennale in chiusura d’ottava chiude comunque in rimbalzo, appena sotto l’1,30% di rendimento, valori che ora pongono qualche interrogativo circa le strategie di portafoglio. Il 27 e 28 luglio la Fed torna a riunirsi e restano sul tavolo le opzioni circa politica monetaria (con poche probabilità di intervento) e soprattutto sul tapering (discorso avviato a giugno): da vedere se Powell deciderà di dare qualche indicazione in un contesto dove le acque non sono ancora del tutto calme.
L’effetto tassi è visibile anche in Europa: il Bund tedesco è scivolato in area -0,40% (valori dello scorso febbraio) ed il BTP italiano addirittura in area 0,65%. Si sente, insomma, un clima decisamente meno entusiastico circa una fase di espansione economica, confermata anche dalla contrazione che le aspettative di inflazione hanno avuto da maggio in poi (in USA dal 2,56% al 2,30%). In Europa, la settimana è stata ad appannaggio della BCE: l’autorità di politica monetaria europea ha adattato il proprio modo di dare indicazioni alla recente revisione strategica, fissando il target di inflazione al 2% e al contempo specificando che saranno possibili anche sforamenti marginali e temporanei sopra questo livello. La politica espansiva sarà quindi guidata da questi obiettivi, con la conferma degli attuali livelli di acquisti di titoli di stato.
La nuova contrazione del free risk ha portato benefici al corporate investment grade (che ha ormai recupero il drawdown di inizio anno) mentre qualche elemento di debolezza si è visto sull’high yield (generalmente a +3%/+4% ytd). Poco mosso invece il debito dei paesi emergenti.
MERCATO DELLE VALUTE
Tra le valute, il cross Euro Dollaro resta aggrappato ai supporti statico-dinamici in area 1,175-1,18 che stanno delimitando il trend di rivalutazione del biglietto verde. Tra le altre valute, poco mossi Franco svizzero, Yen e Sterlina. Ancora un salvataggio in extremis per il Bitcoin che scende sotto 30.000 e rimbalza successivamente grazie ai tweet di Elon Musk.
Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Autonomo, mail:[email protected]