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sabato , 23 Novembre 2024

Wall Street avanza ancora; l’inflazione raggiunge l’Europa, borse nervose

MERCATO AZIONARIO

Il tono degli indici azionari internazionali è stato all’insegna della continuità rispetto all’ottava precedente, con un progresso dell’indice MSCI World di circa un punto percentuale. Il rendimento da inizio anno lambisce il 20%, un risultato molto lusinghiero e diretta conseguenza che, nel corso del 2021, sono nettamente aumentate le stime sugli utili globali. Ad inizio anno, si stimava infatti un incremento degli eps aziendali (tra 2021 e 2020) del 30%, ora invece lo stesso dato si attesta ad un ben più corposo+63%. Un relazione diretta tra andamento dell’indice e fondamentali che è stato accompagnato da una riduzione dei price earnings: il P/E stimato 2021 di MSCI World è sceso da quasi 22 ad inizio 2021 agli attuali 20,3.

L’andamento positivo nella settimana dell’azionario globale è frutto di un movimento sempre parzialmente corale, un po’ come le ottave precedenti, dove Europa, Giappone ed Emergenti non avevano tenuto il passo di Wall Street. L’indice americano S&P 500 (+0,6%), dopo aver messo ‘la bandierina’ sopra i 4.500, ha continuato la propria regolare salita aggiornando i propri record storici. Più tonico l’indice Nasdaq (+1,5%) che già in realtà nell’ultima fase aveva mostrato di avere nelle corde un buon slancio, grazie soprattutto alla continuità di risultati dei propri campioni di capitalizzazione, Apple in primis. La stessa tonicità è stata mostrata anche dai comparti legati all’innovazione tecnologica (robotica, health care tech, gaming, blockchain), confermando la buona forza dei settori Growth rispetto a quelli Value.

La forza relativa in apprezzamento dell’indice tecnologico americano è legato all’onda lunga delle parole del presidente Jerome Powell che, nel simposio di Jackson Hole, aveva eliminato una parte delle spigolature scomode per i mercati finanziari (data di inizio del tapering e tempistiche per un successivo ritocco del costo del denaro). Una presa di posizione che è servita per una distensione generale, rinviando di fatto ulteriori considerazioni alla successiva riunione della Federal Reserve il 21/22 settembre. Intanto il mercato del lavoro ha mostrato dati misti: bene i sussidi di disoccupazione ma anche molti meno posti di lavoro creati e aumento dei salari più di quanto stimato.

In questo contesto l’Europa non è riuscita a seguire gli indici USA (best performer FTSE Mib con un risicato +0,2%) ma un netto recupero, decisamente più significativo, è arrivato dal mercato giapponese (+5,4%), in rimbalzo tecnico ma anche supportato dalla decisione di non ricandidarsi dell’attuale premier Suga, in un trend di calo di gradimento costante per la gestione dell’emergenza Covid. Tono decisamente positivo invece per tutta l’area asiatica: l’India mantiene un trend invidiabile (+23% da inizio anno) mentre gli indici cinesi hanno concluso l’ottava con progressi tra il 3% – 4%. Il mercato cinese resta comunque ancora ‘convalescente’, con rimbalzi provvisori e un contesto macroeconomico che non fa da sfondo felice ai movimenti borsistici (basta vedere il pesante tonfo del settore dei servizi, entrato ufficialmente in fase di contrazione). La volatilità dei mercati si mantiene contenuta, tornando sulla parte bassa dei valori degli ultimi mesi (area 16/17).

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Settimana di positività per le materie prime, sospinte soprattutto nella componente energy: il prezzo di petrolio, con un +0,8%, ha tentato di riagguantatare i 70 Dollari al barile, continuando quindi la reazione dai minimi delle scorse settimane. L’Opec pare infatti restio a modificare il programma di aumento della produzione. In risalita l’oro (1.828, +0,6%) e, sempre tra i preziosi, l’argento.

 

 

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Nell’ambito del reddito fisso, andamenti poco allineati all’interno del segmento ‘govies’, vista la discesa dei prezzi dei titoli di stato della zona Euro e il la sostanziale stazionarietà invece di quelli targati US. Nell’ambito delll’andamento dei tassi negli Stati Uniti, da notare la particolare configurazione tecnica assunta dal rendimento del decennale, sostanzialmente ‘bloccato’ tra il doppio minimo in area 1,15-1,20 fatto registrare nella seconda metà di giugno ed il più recente doppio massimo di agosto appena sotto quota 1,40.

Una fase di incertezza figlia delle forze opposte che si sono confrontate negli ultimi mesi: da un lato la consapevolezza che la spinta del rimbalzo economico inevitabilmente potrebbe aver toccato un picco negli scorsi mesi, anche a causa dell’emergere delle varianti Covid, dall’altro, il programma di normalizzazione, in tema di politica monetaria, che la Federal Reserve ha presentato agli operatori nello scorso mese di giugno. Un programma (di intenzioni) che certamente tiene conto di alcune necessità e di elementi di memoria storica (come il tapering ‘finito male’ nel 2013).

Un equilibrismo che si confronta in modo costante con l’altra faccia della medaglia della ripresa economica, ossia l’inflazione. Il dato sui salari uscito venerdì evidenzia un primo segnale di ‘strozzatura’ nelle dinamiche di domanda e offerta del mercato del lavoro, in allineamento a quanto è avvenuto nelle materie prime e che è ancora in corso in alcuni frangenti della catena di valore mondiale (ad esempio per i chip). Sarà la Fed, nel meeting di settembre, di soppesare i vari dati a disposizione, tenendo conto che, come detto da Powell, la condizione per procedere al tapering (e ad altri step) è il miglioramento sostanziale del mercato del lavoro (i dati misti di questa settimana pongono degli interrogativi e complicano certamente il lavoro di Powell).

Se i titoli di stato americani hanno quindi tutto sommato mantenuto le posizioni di fronte alle pressioni sui tassi, in Europa alcune dinamiche hanno modificato uno status quo perdurante in tema di politica monetaria. Nel corso della settimana il presidente della Bundesbank, Weidmann, ha cominciato a porre la questione di un allentamento dello stimolo monetario, viste le dinamiche di inflazione osservate anche in Europa (dati Eurostat con un +3% ad agosto). Dai vertici BCE (vicepresidente Guindos) sono arrivate considerazioni relative alla possibilità, verso fine anno, di ridurre il PEPP se l’ottimismo sul recupero dell’economia globale dovesse continuare in maniera sostanziale. Ecco quindi che il Bund ha continuato il proprio percorso di risalita dai valori glaciali di metà agosto (-0,50%) per arrampicarsi fino in area -0,35%. Identico, nello stesso periodo, l’incremento per il rendimento dei BTP, attestatisi in chiusura d’ottava a quota 0,70%, dopo aver avvicinato ad agosto i minimi di inizio anno.

Negli altri segmenti obbligazionari: in declino gli inflation linked e i corporate investment grade mentre hanno ben performato i segmenti high yield (sia US che Europa). Positivi anche i mercati emergenti.

MERCATO DELLE VALUTE

Nel mercato dei cambi, l’Euro ha mostrato i muscoli nei confronti del Dollaro USA: elementi di potenziale inflazione danno respiro alla valuta europea, spinta anche dalle ipotesi di riduzione del PEPP nel IV trimestre dell’anno. L’Euro è stato comunque forte anche verso altre valuta sviluppate come Yen e Sterlina. Tonico il Bitcoin che cerca il breakout di area 50.000 $.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, mail [email protected]

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