Settimana contrastata per le borse; bene i tech, deboli i settori del re-opening

MERCATO AZIONARIO

 

Settimana di borsa altalenante per i principali indici azionari, con diversi listini ancora in fase di consolidamento come nella precedente ottava. Buona parte delle borse sono reduci dal rally partito ad inizio ottobre, un movimento che ha consentito in molti casi di aggiornare i livelli dei massimi storici o quanto meno di periodo. Un upside sostanzioso che per i paesi sviluppati risulta dai minimi dell’8-9% in media, con l’amplificazione particolare per il Nasdaq che dai minimi di inizio ottobre ha incamerato oltre il 14%, seguito (e in alcuni casi anche superato) da molte ‘nicchie’ tematiche di indole tecnologica che hanno ripreso ampio vigore proprio nell’ultimo mese.

Chi manca all’appello nelle performance positive dell’ultimo periodo sono nuovamente i paesi emergenti, che continuano ad evidenziare difficoltà nel seguire il tracciato delineato da Wall Street. Se le borse americane hanno tratto vantaggio da una continuazione del buon tono degli utili aziendali e dai dati macroeconomici usciti anche di recente, altri mercati, come quelli emergenti, hanno avuto meno appigli tecnici, se non quello di quotazioni ancora sacrificate.

L’uscita dei dati di Alibaba nel finale della settimana conferma una situazione ancora poco felice per l’area asiatica ed in particolare per i listini cinesi: la trimestrale del gigante dell’e-commerce è stata infatti assai deludente, con una revisione al ribasso dei ricavi stimati a causa del rallentamento dell’economia e della stretta del governo di Pechino sul settore tecnologico.

Ecco, quindi, che la tendenza generale per alcuni mercati si è indebolita sul finire dell’ottava, portando ad una chiusura in positivo per i principali indici americani (S&P 500 +0,4%, Nasdaq +2,3%) mentre l’Europa ha visto un appesantirsi dei segni meno già presenti. Per il Vecchio Continente va infatti tenuto conto anche dello sviluppo della pandemia che in alcune aree è tornata a mostrarsi più aggressiva, costringendo le autorità politiche e sanitarie a valutare e mettere in pratica nuove restrizioni nella vita sociale.

Da qui i segni meno per Ibex (-3,6%) e FTSE Mib (-1,4%), riflesso anche della composizione di questi indici, visto il calo dei titoli finanziari e legati all’energia. Una tendenza anche globale, dove solo i comparti growth hanno chiuso in positivo, con un ruolo particolarmente chiave delle solite grandi capitalizzazioni. Tornando al principale indice guida, l’S&P 500, la situazione tecnica non evidenzia particolari cambiamenti, con le quotazioni appena sotto i massimi storici e un trend che può lasciar spazio a consolidamenti all’interno della tendenza rialzista. Deboli invece le piccole capitalizzazioni del Russell (-2,8%) sempre per la composizione più vicina al tema del reopening.

 

MERCATO MATERIE PRIME

Ancora debole il contesto delle materie prime, con il basket generale che perde posizioni soprattutto per la discesa del prezzo del petrolio, sceso sotto gli 80 Dollari al barile. Poco mossi i metalli industriali mentre tengono bene invece quelle agricole/alimentari. Oro in leggero calo dopo i rialzi, con un close appena sotto quota 1.850 Dollari l’oncia.

 

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

 

Nell’ambito dell’obbligazionario e delle politiche delle banche centrali restano molti interrogativi per gli investitori. Da un lato, infatti, il tam-tam dell’inflazione ‘galoppante’ e che si attesta su livelli che non si vedevano da decenni, è certamente uno degli elementi che più hanno caratterizzato l’attuale fase di mercato.

Il caro materie prime, le difficoltà nello smaltire gli ordini da parte delle aziende, lo stazionamento di molte merci nei porti in attesa di lavorazione, sono tutti elementi che negli ultimi mesi hanno portato verso l’alto le aspettative strutturali di inflazione. E, in parallelo, hanno anche portato gli investitori a pensare che le banche centrali possano (o debbano) intervenire con tempestività nella gestione dei prezzi (di beni o servizi).

Da qui i movimenti delle curve dei rendimenti verso l’alto, sia nella parte a breve (2y), sia in quella a medio lungo (10y), a riflettere le tendenze sopra riportate, macroeconomiche e di politica monetaria. Sul fronte macroeconomico parte del mercato ritiene che la Federal Reserve non potrà a lungo ignorare quanto rinveniente, in termini di dati, dal miglioramento ad esempio del mercato del lavoro. Vero che, da un lato, rimangono gap ‘reali’ (rispetto al periodo pre-Covid) che attendono di essere coperti (a causa di una bassa partecipazione alla forza lavoro) e che, dall’altro, la Fed sta finalmente iniziando il processo di tapering, tuttavia, l’ottava appena conclusa ci ha mostrato altri aspetti interessanti.

I rendimenti del decennale americano, infatti, hanno prima risolleticato area 1,60%-1,65% (non troppo distante dai massimi annuali), per poi calare sul finire d’ottava (close a 1,54%) in parallelo alla debolezza delle borse. Segno che ogni tensione che si potrà vedere sui tassi deve comunque essere confermata da una crescita economica ancora sostenuta. In questo scenario, la Fed potrà ‘giocarsi’ le proprie carte per una politica monetaria leggermente meno accomodante.

Uno scenario diverso (inflazione ancora persistente e crescita in significativa decelerazione) sarebbe un puzzle non troppo semplice da districare. In modo simmetrico al tasso decennale USA si è mosso quello tedesco: il rendimento del Bund è sceso sotto quota -0,30%, ritracciando buona parte di quello che era stato il movimento rialzista di settembre. Ritraccia anche l’yield del decennale italiano, in scia alla tendenza generale, che torna sotto quota 0,90%. In questi cali di rendimento pesa la delicata situazione epidemiologica in Europa.

Sempre in riferimento all’Eurozona, la presidente della BCE Lagarde ha detto che l’inasprimento della politica monetaria, in questo momento, rappresenterebbe un ‘vento contrario ingiustificato per la ripresa’, stoppando quindi view diverse da parte del mercato. Positivi quindi gli indici governativi mentre sono rimasti stabili quelli del corporate investment grade. Incerti gli high yield e complessivamente debole il debito emergente.

 

MERCATO VALUTARIO

 

In ambito forex, nuovi minimi per l’Euro verso il Dollaro USA, con la nuova discesa in area 1,13. A dare forza al biglietto verde la crescente divaricazione tra le attese di politica monetaria USA rispetto a quella della BCE. Tra le valute emergenti, crolla la Lira turca, ai minimi storici verso le altre divise dopo il nuovo taglio dei tassi. In calo sotto 60.000 il Bitcoin.

 

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]




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