MERCATO AZIONARIO
Settimana frizzante sui mercati, con movimenti anche opposti nel corso delle varie sedute e tematiche di diversa natura ad intervenire. La prima parte della settimana si è sviluppata con un tono contrastante rispetto alla positività di quella precedente: a dare un po’ fastidio alle borse la notizia in favore di nuovi rialzi dei tassi di interesse, sia da attori di mercato che istituzionali. Lato BCE e FED, infatti, non accenna a diminuire la propensione ad essere restrittivi sul fronte della politica monetaria, con il preciso intento di lasciare il meno spazio possibile per speranze irrealistica da parte degli investitori. Una cosa non nuova, in realtà, già vista nel mese di febbraio quando il disallineamento tra quanto atteso dai mercati e quanto affermato delle autorità monetarie si era fatto particolarmente ampio. E infatti, poi, le posizioni avevano recuperato una convergenza, persa poi nuovamente con l’incidente, a metà marzo, legato alle banche regionali americani e di Credit Suisse. Uno scenario, quindi, un po’ stressante per gli investitori che speravano di avere un periodo di maggiore relax dopo un 2022 da dimenticare per la quasi totalità delle asset class. Le corse in avanti, per il momento, quindi, sono tenute a bada da un annunci aggressivi sui tassi ma anche da previsioni che fungono da ‘monito’ anche da personaggi del mondo finanziario, come l’AD di JPMorgan, Jamie Dimon, che ha ipotizzato tassi negli Stati Uniti che potrebbero arrivare anche al 6%-7% nei prossimi trimestri.
Un altro elemento che ha dato di cui crucciarsi ai mercati, specie quelli azionari, è stato il tema dell’innalzamento del debito US: più che un evento di mercato, che si ripresenta periodicamente, pare ogni tanto assistere a giochi meramente politici che puntano a guadagnare vantaggi in vista dell’appuntamento elettorale del 2024. Con un parlamento americano diviso, ogni parte cerca di incrementare il proprio interesse: i democratici di arrivare con una economia in slancio nel 2024, i repubblicani di indebolire la posizione del presidente Biden in tema di economia. Nel momento in cui si scrive, l’accordo definitivo ancora non c’è, con davanti però un weekend lungo che potrebbe portare qualche novità, quando mancano ormai pochi giorni alla scadenza prevista. Riaffiorano, in caso di mancata condivisione delle scelte, le dinamiche del 2011/2013, quando le borse ebbero momenti di tensione anche significativi. In questa settimana, tra le tensioni sui tassi (che hanno fatto piegare al ribasso i prezzi dei bond) e quelle sul debt ceiling, i listini avevano accumulato debolezza, con il solo Nasdaq a resistere. A riportare però positività ci ha pensato Nvidia che con i suoi dati di bilancio (utili sopra le attese) e le stime record ha dato uno scossone positivo a tutto il settore tecnologico e, con più difficoltà poi, anche al resto del mercato.
Sul lato macroeconomico, i dati in uscita ricalcano uno schema già intravisto negli ultimi mesi: mentre gli indicatori che riguardano la manifattura mostrano effettivamente un progredire del deterioramento del ciclo economico, quelli relativi ai servizi evidenziano una maggiore tenuta, responsabile, tra l’altro anche delle componenti più ostiche da domare sul piano inflattivo. Così come, sul fronte del mercato del lavoro, qualche segnale di debolezza in avvicinamento ogni tanto compare ma non su livelli tali da far, scattare allarmi per un peggioramento della crescita complessiva dell’economia. Che l’inflazione resti un problema difficile da sradicare lo dimostra quanto uscito in UK (+8,7% annuale e soprattutto +1,2% mensile) e negli USA (PCE a +4,4% annuo). Nel Vecchio Continente, qualche difficoltà per la Germania: l’economia tedesca si è contratta per il secondo trimestre consecutivo (-0,3%), entrando, almeno tecnicamente, in recessione tecnica. Gli avanzamenti del Dax marcano il differenziale tra economia reale e grandi società di borsa.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
In tema di obbligazionario, la settimana ha visto una ulteriore pressione al rialzo, con i rendimenti che nella prima parte della settimana si sono spinti verso massimi di periodo. A dare man forte al movimento le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, che ha espresso il suo sostegno a due ulteriori aumenti dei tassi di interesse nel 2023, una tesi che contrasta con il consensus mercato. Bullard, che però non vota all’interno del FOMC, è una voce che da sempre ha sostenuto la necessità di essere vigorosi nel contrasto all’inflazione, al fine di riportarla il più vicino possibile al target del 2%, attualmente piuttosto lontano. Powell, che nel suo ultimo discorso, aveva parlato di una possibile pausa a giugno per capire l’entità del problema delle banche regionali, dovrà ora valutare cosa fare nella prossima riunione. Attualmente i mercati scontano al 100% tra giugno e luglio un rialzo da 0,25% e hanno compiuto, quindi, almeno parzialmente, un’opera di riavvicinamento alle intenzioni della FED. Per la BCE, i rialzi attesi per i prossimi mesi restano due…o almeno due secondo il presidente della Banca dei Paesi Bassi, Knot, secondo cui le attese di riduzione per il 2023 sono da considerarsi errate, vista la necessità di far penetrare gli effetti sull’economia per stroncare l’inflazione, anche a costo di una bassa crescita fino a fine 2024.
MATERIE PRIME
In ambito materie prime, ancora debolezza per il paniere generale (-1%) che viene ormai da svariate settimane con il segno meno, con tutti i segmenti in realtà poco tonici. Quelle legate all’energia hanno visto un piccolo recupero del WTI (73$, +2%) completamente annullato dal calo del gas (-16%). Male anche i preziosi, con l’oro che torna sotto quota 1.950 (-1,6%), indebolito dal rialzo dei tassi reali, accompagnati dalle discese di materie prime industriali e agricole.
MERCATO DELLE VALUTE E CRYPTOS
Per quanto riguarda i cambi, la fase correttiva del cross EUR-USD ha portato le quotazioni in area 1,07, livello che non si vedeva da metà marzo. È la nuova spinta a nuovi ritocchi all’insù dei tassi negli Stati Uniti a premiare la valuta americana, movimento molto simile a quanto visto nel mese di febbraio. Per il Bitcoin conferma del tono rialzista della cryptos che però si ferma davanti all’ostica resistenza dei 30.000 $.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it