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domenica , 16 Novembre 2025

Confindustria regionale, appello unitario per una nuova Europa industriale

TRIESTE – All’assemblea pubblica di Confindustria Friuli Venezia Giulia, organizzata per la prima volta da Confindustria Alto Adriatico e Confindustria Udine (al Generali Convention Center di TS), i quattro presidenti hanno lanciato un appello corale per una rifondazione del progetto europeo su basi industriali concrete, in un momento storico segnato da incertezza globale e crescente competizione internazionale.

Michelangelo Agrusti, presidente di CAA, ha aperto i lavori (dopo la prolusione del filosofo francese Bernard Henry-Lévy) spiegando che «senza Europa non c’è futuro» invocando il passaggio «da un’Europa che regola a un’Europa che produce». Agrusti ha ricordato l’intuizione fondante della CECA come primo progetto di politica industriale comune e ha ricordato Trieste come città simbolo delle contraddizioni e delle rinascite europee, citando in chiave critica il discorso di Mussolini del 1938 sulle leggi razziali come momento in cui l’Europa smarrì sé stessa. Anche da qui, la proposta di promuovere filiere strategiche pienamente europee nei settori chiave – energia, acciaio, microchip, elettronica e software – per garantire autonomia industriale e sovranità tecnologica, combattendo le distorsioni normative che penalizzano la competitività.

Luigino Pozzo, presidente di Confindustria Udine, ha denunciato l’invisibilità progressiva dell’impresa nel discorso pubblico e tracciato un quadro preoccupante: negli ultimi quarant’anni il peso dell’industria sul PIL italiano è sceso dal 25% a meno del 18%, mentre a livello globale la produzione non è diminuita ma si è semplicemente spostata. Pozzo ha lanciato un appello per un nuovo patto di corresponsabilità: «Oggi il rischio del fare impresa ha raggiunto livelli non più sostenibili se rimane interamente sulle spalle del singolo imprenditore». Il Presidente di Confindustria Udine ha inoltre delineato le priorità – investimenti in competenze, ricerca triplicata, energia accessibile, infrastrutture potenziate – e criticato un Green Deal dalle scadenze impossibili che rischia di causare una deindustrializzazione auto-inflitta invocando un vero Industrial Deal.

Pierluigi Zamò, presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, ha definito l’assemblea unitaria un segnale di coesione attorno ai valori fondanti dell’Europa – liberté, égalité, fraternité – che devono tornare a essere strumenti di azione. Ha ricordato il Friuli Venezia Giulia come terra di emigranti e richiamato le tragedie contemporanee come la guerra in Ucraina. Ha poi posto l’accento sulla responsabilità diretta degli imprenditori: «Se l’Europa non funziona è anche colpa nostra, perché non abbiamo saputo eleggere le persone giuste né incidere sulle leggi». Zamò, infine, ha segnalato il nodo irrisolto dell’acciaio come criticità che penalizza l’intera industria italiana.

Il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha richiamato l’urgenza di una visione industriale europea e nazionale di medio periodo capace di garantire stabilità e competitività in un contesto globale segnato da squilibri valutari, dazi e politiche divergenti sottolineando come il mercato statunitense rappresenti un valore strategico non solo per i volumi di export, ma anche per la qualità della domanda e il contributo diretto alla crescita del welfare nazionale. Orsini ha inoltre denunciato il peso crescente dei dazi, la volatilità dell’euro-dollaro e l’assenza di strumenti comuni come gli Eurobond, che limitano la capacità dell’Europa di sostenere investimenti in settori chiave come transizione ambientale e intelligenza artificiale. Il numero uno di viale dell’Astronomia ha ribadito la necessità di accordi commerciali più rapidi e stabili, citando il caso del Mercosur come opportunità per ampliare i mercati senza penalizzare la manifattura europea.

L’export italiano, ha ricordato, vale oltre 600 miliardi, di cui una parte consistente sostiene direttamente il sistema di welfare: «Il benessere collettivo nasce dall’impresa». In Italia, ha precisato, le 250.000 aziende con più di dieci dipendenti generano quasi l’80% del gettito che sostiene la sanità e i servizi pubblici, motivo per cui vanno tutelate come risorsa strategica. Entrando nel merito della legge di bilancio, Orsini ha ricordato che Confindustria partecipa al confronto con il Governo non come controparte ma come parte del Paese, e che serve una programmazione industriale almeno triennale, in linea con i cicli di investimento tipici delle imprese. Ha riconosciuto l’attenzione riservata all’industria, ma ha chiesto che le misure siano orientate alla crescita, non solo al contenimento del deficit.

Il Presidente di Confindustria ha citato il modello delle ZES come esempio di politica efficace: in due anni, 5,6 miliardi di incentivi hanno generato 28 miliardi di investimenti e 35.000 nuovi posti di lavoro. Inoltre: certezza del diritto e semplificazione amministrativa, secondo Orsini, rappresentano elementi decisivi per attrarre capitali. Il Presidente ha infine segnalato alcune criticità da correggere, tra cui i limiti alla compensazione dei crediti fiscali e la doppia tassazione tra holding e controllate, che ostacolano la liquidità e la competitività delle imprese. «Solo una politica industriale coerente e stabile, sostenuta da istituzioni europee più reattive e coordinate – ha detto – può garantire crescita, occupazione e coesione sociale in una fase di forte incertezza globale».

Al termine dei lavori le testimonianze di Jennifer Tissino, già studentessa ITS Academy Alto Adriatico e Alessandra Olivo, dell’ITS di Udine che hanno messo in luce le opportunità e il bagaglio di competenze offerte dalla loro esperienza. Particolarmente toccante lo speech di Emmanuel Tetteh, lavoratore ghanese ora in Italia grazie al Progetto ideato da CAA e gestito operativamente da Umana Spa. «Essere venuto in Italia a lavorare – ha detto il giovane – è stata l’occasione più importante della mia vita perché mi ha permesso, come a tanti miei connazionali, di dare una svolta decisiva al destino. Tutto è iniziato lo scorso aprile – ha raccontato – con la cerimonia inaugurale alla presenza del Presidente Mattarella nel nostro centro salesiano ad Accra. Il percorso non è stato facile, abbiamo studiato la tecnica di lavoro e l’italiano, molto diverso dalla nostra lingua d’origine. Qui hanno capito le nostre iniziali paure, apprezzando col tempo il nostro lavoro e, soprattutto, la nostra volontà. Noi non vogliamo sprecare l’occasione che stiamo vivendo».

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