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lunedì , 23 Dicembre 2024

L’ANALISI – Loperfido, accusare gli altri delle proprie disgrazie

“Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza.
Accusare se stessi significa cominciare a capire.
Non accusare né se stessi, né gli altri, questa è vera saggezza! ”
– Epitteto –

In Psicologia, con l’espressione locus of control, si intende, letteralmente, “luogo attraverso cui si esercita il controllo”, un concetto sviluppato dallo psicologo statunitense Julian B. Rotter, nel 1954. Praticamente si tratta di una disposizione mentale o un atteggiamento attraverso cui si possono influenzare le proprie azioni e i risultati che ne derivano. Le persone che credono di avere pieno controllo della propria vita, sostenendo che sono le proprie azioni a modificare il corso degli eventi, hanno un locus of control interno.

Al contrario, le persone che attribuiscono il loro successo o il fallimento a cause esterne, poco controllabili e imprevedibili, hanno un locus of control esterno, credono che gli eventi della vita, come premi o punizioni, non siano il risultato dell’esercizio diretto di capacità personali, quanto piuttosto il frutto di fattori esterni quali il caso, la fortuna, Dio, i politici, la madre, il padre, gli insegnanti, ecc.. Il risultato? ansia, depressione, bassa autostima e incapacità a far fronte alle situazioni difficili.

Da quando la pandemia da Covid-19 si è diffusa in tutto il mondo sembra che, insieme a lei, si sia diffusa la disposizione mentale di molti soggetti di incolpare gli altri di quanto sta accadendo. Gli stati si accusano l’un l’altro circa l’origine e la diffusione dell’epidemia, come pure i vari comitati scientifici, di varie parti del mondo, si rimproverano di non aver avvisato in tempo la popolazione o di non aver detto tutta la verità sulla gravità del virus.

I politici accusano i cittadini di non mettere in pratica le indicazioni fornite dagli scienziati, i cittadini accusano i politici di non dire la verità sulle cause della pandemia e sulle sue reali conseguenze. Dopo nove mesi difficilissimi alle prese con il Coronavirus è sempre più evidente nelle persone questa necessità di attribuire ad altri colpe e responsabilità. Per esempio, si accusano i negozianti, i nuclei familiari, i trasporti, gli stadi, le scuole, i mercati, le palestre, i luoghi di culto, quali luoghi e situazioni dove può avvenire il contagio maggiore.

La colpa viene data anche a quanti dovevano provvedere a creare nuovi posti sia in terapia intensiva sia nei reparti normali, a quanti dovevano provvedere all’ arruolamento del personale sanitario per far funzionare il sistema; o ancora a quanti dovevano individuare le strutture destinate a ospitare i soggetti positivi, ma che non necessitano di ricovero ospedaliero. Per molte persone incolpare gli altri è una modalità pervasiva utilizzata in più occasioni quotidiane per allontanare da sé le responsabilità. Insomma, incolpare gli altri è l’opposto di essere responsabili.

E’ cosa risaputa che essere responsabili significa prendersi carico di ciò che si è fatto e di ciò che non si è fatto, di ciò che abbiamo sbagliato e di ciò che dovremmo correggere. E, tutto questo, comporta un po’ di fatica, essere bersagliati, mettersi davanti alle proprie colpe, alle delusioni e ai fallimenti. Incolpare sempre gli altri significa perdere molte opportunità di crescita, che qualsiasi capro espiatorio è valido per evitare di assumere la nostra quota di responsabilità.

Pensare che sconfiggere la pandemia da Covid-19 sia unicamente questione di vaccino, di fortuna o che dipenda da variabili esterne a ogni individuo rende quell’obiettivo in balia degli eventi e non dà la possibilità di avere il senso del controllo su quello che possiamo e non possiamo fare per raggiungere la meta. Questo di certo non aiuta il senso di autoefficacia e di responsabilità di ogni cittadino. Avere la consapevolezza di poter gestire i fattori che portano all’esito di un evento implica una maggior fiducia in se stessi e, perché no, anche la possibilità di cambiamento. In questo periodo in cui molti comportamenti della popolazione mondiale sono dettati dal diffondersi del Covid-19, è normale sentirsi tristi, stressati, confusi, spaventati, delusi, amareggiati, disorientati e arrabbiati, non è normale pensare che tutto questo che stiamo vivendo sarà per sempre.

Le minacce alla salute scatenano la paura che sta alla base di tutte le paure: la paura della morte. Di fronte ad eventi come la pandemia in atto, ogni persona rischia di essere consumato/a dall’ansia a causa di un’attenzione ossessiva nei confronti di qualsiasi segno possibile di malattia. Convincerci che questa crisi finirà, come sono finite tutte le crisi che hanno flagellato in diverse epoche la storia dell’uomo, permetterà ad ogni persona di costruire un proprio profilo psicologico resiliente allo stress, basato sulla fiducia in se stessi e negli altri, su nuove competenze comportamentali, creative, affettive e relazionali.

Antonio Loperfido, psicoterapeuta

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