Nell’ottava appena terminata sono state ancora le borse americane a performare meglio tra i listini azionari internazionali.
L’indice S&P 500, con il bottino settimanale del +3%, ha portato il guadagno da inizio anno al +10%, facendo registrare al contempo nuovi massimi storici. Il nuovo record ha toccato quota 3.500 punti, un livello impensabile solo pochi mesi fa quando l’indice USA aveva toccato area 2.200 durante la correzione dello scorso marzo.
Nel bilancio d’ottava premiati ancora i comparti della tecnologia ma il movimento dell’indice è stato più corale, coinvolgendo anche settori meno performanti negli ultimi mesi come banche e assicurazioni.
La conferma del momentum ancora forte per i tech arriva dal risultato del Nasdaq 100, anch’esso capace di toccare nuovi record (area 12.000) grazie al +3,8% settimanale e di raggiungere lo stratosferico risultato di +38% year to date. L’unico indice americano che non ha ancora una performance positiva da inizio dell’anno è il Russell 2000, il paniere che raggruppa i titoli a media capitalizzazione del mercato USA e quello che, probabilmente rappresenta l’immagine più vicina alla realtà economica.
I grandi indici, infatti, mostrano quelle realtà tecnologiche che sono ormai ampiamente globalizzate e che sono quelle meno legate alle dinamiche dell’economia reale.
La spinta al distanziamento sociale e all’uso di devices di collegamento alla rete ha spinto, come è noto, all’insù i prezzi dei comparti tech ed il crollo contestuale dei tassi di interesse prospettici ha avviato una espansione dei multipli molto significativa. I principali indici USA, infatti, quotano su valorizzazioni decisamente più elevate rispetto al passato: con l’anno che si avvicina al termine i valori stanno convergendo verso quota 27 per l’S&P 500 e 34 per il Nasdaq 100.
La spinta rialzista si è vista anche sull’Europa, meno performante però rispetto a Wall Street, con i migliori risultati per Dax e Cac.
Il peso ‘leggero’ della tecnologia negli indici del Vecchio Continente è una delle motivazioni principali del minor risultato, così come, per alcuni comparti, la quota rilevante del settore bancario e finanziario. Buono invece l’andamento dei mercati emergenti, in particolari per i listini indiano e coreano. Nella parte asiatica, comunque, da segnalare il momentum particolare per il settore tech, alimentato dalla crescita del business del commercio e dei consumi online così come dei pagamenti digitali.
Il trend dell’equity risulta quindi ancora sostenuto (in considerazione anche delle scarse alternative di rendimento nelle altre asset class), portandosi dietro però qualche elemento di eccesso nel breve: indicatori sono ormai in netto ipercomprato.
MATERIE PRIME
Movimento rialzista per il basket di materie prime: tutti i sotto segmenti dell’indice principali si sono infatti mossi al rialzo, a partire dai metalli industriali e da quelle agricole. Marginalmente positivo anche l’oro che esce complessivamente rafforzato dalle decisione della Fed e si attesta poco sotto area 2.000. Progressi anche per l’argento e per il petrolio (giunto in area 43).
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
In ambito reddito fisso, settimana molto importante in materie di tassi e politica monetaria, visto l’appuntamento (virtuale) di Jackson Hole, dove l’intervento più atteso era quello di Jerome Powell, capo della Federal Reserve. Le attese, per una volta, sono state rispettate, almeno in termini di significatività delle dichiarazioni: Powell, infatti, ha dato il via ad una revisione della strategia della Fed, un passo dettato soprattutto dall’eccezionalità del momento che vivono mercati ed economia causa Covid-19.
Viene meno l’obiettivo categorico di centrare un’inflazione al 2%, da sempre la preoccupazione principale delle autorità di politica monetaria. Viene preferito un approccio più flessibile, con la Fed che valuterà un target ‘medio’ del 2%, calcolato su un periodo però non reso noto. Dato l’attuale livello a 0 dei tassi ufficiali, la decisione, quindi, permette di mantenerli su tale valore anche in presenza di improvvise fiammate inflazionistiche.
Da un lato, quindi, Powell sceglie di avere mano libera in futuro su scenari ovviamente molto diversi da quelli attuali, dall’altro però niente è stato detto sul contenimento dei tassi a lungo termine (Yield Control Curve).
Probabilmente il 16 settembre, data del prossimo meeting della Fed, arriveranno altre informazioni aggiuntive.
Di certo, l’atteggiamento di politica monetaria accomodante diventa ancora più marcato, vista l’assenza di margini di manovra delle altre banche centrali, come BCE e Bank of Japan.
Il tutto per raggiungere il primo obiettivo assoluto, ossia la recovery economica e il riassorbimento della disoccupazione causata dal Covid. Le dichiarazioni della Federal Reserve hanno portato di riflesso ad un aumento dei rendimenti sulla parte lunga della curva: il Treasury decennale è passato da 0,66% ad un top dello 0,78% e similare è stato lo shift verso l’alto del trentennale. In close i valori si sono leggermente ridimensionati.
Per effetto di trascinamento sono saliti anche gli yield nella zona Euro: il Bund tedesco (sempre per la scadenza decennale) ha chiuso l’ottava in area -0,40% (dal -0,50% della settimana precedente) mentre il BTP è tornato sopra l’1%. Ci sarà ora da vedere se, visti i cambiamenti messi in moto dalla Fed, se anche in ambito BCE vi sarà qualche revisione della strategia, riprendendo quei temi che Lagarde aveva posto come altrettanto importanti oltre alla stabilità dei prezzi.
MERCATO VALUTARIO
In ambito valutario, settimana positiva per l’Euro nei confronti del Dollaro USA, con la valuta europea che trae vantaggio dalle dichiarazioni del capo della Fed Powell. Il cross, che ondeggia da qualche settimana tra 1,17 e 1,195, si è riproposto al rialzo sul fine dell’ottava. Debole invece lo Yen giapponese, dopo le dimissioni del premier Abe mentre hanno guadagnato terreno la Sterlina e le valute nordiche.
Dott. Alessandro Pazzaglia
Pazzaglia & Partners Consulente Finanziario Indipendente