I 90 anni di Danilo Ruffati raccontati dalle figlie

PORDENONE – “Mi chiamo Danilo Ruffati e sono un industriale di Pordenone.”

Si presentava così Danilo Ruffati, classe 1934, come ricordano bene le sue quattro figlie fin da bambine, quando gli chiedevano che lavoro facesse, e si presenta così ancora adesso. Sì, perché il signor Danilo in realtà non ha mai smesso di essere “un industriale”, e soprattutto “un meccanico” nel vero senso del termine.

“Oggi compio 90 anni, e quasi non mi sembra possibile, non ci penso proprio.”

Nato il 17 marzo 1934, Danilo Ruffati ha sempre abitato nel quartiere Torre, dove non manca mai di frequentare la Parrocchia di S. Agostino, e dove tutti lo conoscono. “I miei amici di gioventù abitavano tutti qui a Torre: non sono rimasti in molti ormai, ma sono nato qui vicino, qui è la mia vita.”
Danilo Ruffati e sua moglie Lidia Maschio, che si sono conosciuti a Torre, hanno quattro figlie, numerosi nipoti, e hanno festeggiato i 50 anni di matrimonio nel 2018.

La passione per la meccanica ha portato Danilo fin da ragazzo a immaginare come poter costruire “le cose”, a partire da quando, diciottenne, diplomato alla scuola serale per disegnatori tecnici, smontava e rimontava il suo primo motorino, un “Cucciolo”, nell’officina di casa con i suoi fratelli.
Da lì ai trapani da officina e alle prime macchine controllate da un pc (macchine a controllo numerico, si diceva allora), il passo è stato breve.

“Da bambino, c’era la guerra, e mi ricordo che dopo i bombardamenti aerei andavo a guardare nei crateri lasciati dalle esplosioni, in cerca di granate e munizioni inesplose. Speravo sempre di trovarci munizioni e bombe per poi usarle. Se penso a quel che noi bambini abbiamo trovato e, a volte, fatto esplodere, mi meraviglio che non sia mai successo niente di grave!”
E poi continua “Credo che già da lì sia nata la mia voglia di scoprire come erano fatte le cose, smontando le granate, le spolette, le munizioni, per vedere come erano costruite.”

Il signor Danilo ha iniziato con i suoi fratelli a Pordenone, in via Spin, nella fabbrica di famiglia dietro casa, che lavorava per l’allora Zanussi.

Ma ben presto ha iniziato a seguire gli sviluppi più moderni della tecnica: voleva dare alle officine del dopoguerra e degli anni ’80, ’90 e 2000 delle macchine per lavorare in modo più semplice, più produttivo, più agile.

Voleva costruire nuovi meccanismi, e capire come adattarli alle diverse esigenze: dovevano servire per fare pezzi per automobili, per aerei, per condotte e tubazioni, o per tutto ciò che l’industria italiana ed europea doveva costruire.
Sono nate le aziende Fratelli Ruffati, poi FAMUP, poi SerrMac, e altre costruite con amici e poi lasciate nel corso degli anni a storie diverse. Negli anni, le aziende dei fratelli Ruffati sono cresciute e hanno occupato anche 200 dipendenti nei primi anni 2000.

Quelle fabbriche esistono ancora e producono trapani e macchine spedite in tutto il mondo.

Sebbene abbia dedicato molta parte della sua vita al lavoro, le sue quattro figlie Paola, Monica, Valentina e Gisella, raccontano di un papà sempre presente nelle loro vite: “Da bambine ci portava a vedere come funzionavano le sue macchine, magari dopo una gita o un pic nic. La domenica la passavamo insieme. Poi, da grandi, ci ha sempre dato il suo appoggio. E’ un uomo affettuoso, senza fronzoli, ma ha sempre tempo per ascoltare e quando c’è bisogno ci ha dimostrato cosa significa restare uniti”.

Come ci raccontano anche loro, per Danilo Ruffati lavorare significava soprattutto immaginare nuove soluzioni, abbozzare idee su tovaglioli di carta durante il pranzo, sul retro dei disegni delle sue bambine, sulle agende sparse sulle scrivanie di casa. “Ne saltano fuori ancora, sfogliando qualche volume o rivista di casa!”
Poi le fissava su fogli da disegno tecnico e le spiegava ai tecnici, ai disegnatori di CAD, ai progettisti. Infine andava in fabbrica e le spiegava anche agli operai, ai meccanici, elettrici, a tutti.

Ancora oggi in tutte le aziende e officine d’Italia, grandi o piccole, si trovano i trapani Ruffati che sono stati progettati lungo 50 anni di storia. A volte hanno 30 o 40 anni… e funzionano sempre.

E ancora oggi, clienti vecchi e nuovi, titolari di fabbriche, a volte suoi ex dipendenti, lo chiamano per chiedergli come modificare una macchina, come costruire qualcosa. E lui, come ha fatto tutta la vita, si mette a immaginare: va a trovarli e dà consigli e indicazioni su come lavorare. “Non posso stare fuori tante ore, dopo mezza giornata mia moglie Lidia mi cerca al telefonino perché non vuole che mi stanchi troppo. Ma quando sono in officina e devo risolvere un problema, non sento il passare del tempo, perché devo trovare la soluzione! Per fortuna la Lidia mi richiama all’ordine…”

Allora rientra a casa, e, dopo aver riposato un po’, cosa fa?
“Eh, ci sono i miei nipotini, a volte hanno bisogno di riparare un giocattolo, oppure di un gioco nuovo. Per loro è tutta una scoperta, vengono sempre a cercarmi.
Oppure per mia moglie e le mie figlie riparo tutto quel che serve… mi sono fatto un’officina fuori da casa, in giardino, per quando non posso uscire!”

Il giorno del suo novantesimo compleanno ha deciso di festeggiarlo con tutta la sua famiglia, in un grande pranzo insieme.
“Ho passato molte avversità, ma vorrei dire a tutti che quando si ha una famiglia in cui ci si vuole bene, si superano. Questa è la vita.”

Monica, Paola, Valentina e Gisella Ruffati




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