Appena un mese fa i mercati finanziari hanno dato seguito ai dati sull’inflazione dei prezzi al consumo negli Stati Uniti, e ad inizio agosto hanno dovuto affrontare la più grande correzione dai tempi della pandemia. Come un mese fa anche i dati sull’inflazione di mercoledì scorso sono stati un importante banco di prova per i mercati per capire le prossime mosse della Fed.
Riprendendo gli ultimi eventi di agosto; è passata un po’ più di una settimana da quando si è diffuso sui mercati un mini-panico a livello globale che di fatto li ha fatti letteralmente crollare nel giro di pochi giorni. Una volta che il polverone si è calmato e i titoli dei giornali hanno tirato un “respiro di sollievo”, le azioni hanno sostanzialmente recuperato ciò che avevano perso. Lo sconvolgimento è stato attribuito in parte a un piccolo cambiamento di politica da parte della Banca del Giappone e degli operatori statunitensi che hanno interpretato in modo eccessivamente negativo i dati sull’occupazione Usa. Il modo così rapido in cui si è accentuata la correzione – e altrettanto rapidamente è svanito – ha messo in luce quanto siano sensibili i mercati in questo periodo. Si fanno sempre più previsioni per quello che riguarda “un soft landing” o un “hard landing ( Il termine “soft landing” atterraggio morbido si riferisce a una situazione in cui un’economia, dopo un periodo di crescita rapida o di surriscaldamento, rallenta in modo controllato e graduale, senza entrare in recessione, hard landing sta per recessione. Ecco perché il dato sull’inflazione di mercoledì era visto come dato molto sensibile.
Nel frattempo, sui mercati finanziari infatti sia la probabilità di una recessione imminente, ne è conferma la correzione rapida del mercato ad inizio mese, sia la percentuale di chi prevede un atterraggio morbido dell’economia si sono alzate contemporaneamente. In una certa misura, gli ultimi dati rilasciati (inclusa una lettura relativamente favorevole dell’inflazione dei prezzi alla produzione negli Stati Uniti per luglio), tendono a confermare che l’economia non è poi così negativa, e che questa non necessita per ora di un alleggerimento monetario da parte della Fed.
Sta di fatto che l’inflazione statunitense è scesa lo scorso mercoledì per il quarto mese su base annua a luglio, aumentando la probabilità della Federal Reserve di abbassare i tassi di interesse il mese prossimo. Il cosiddetto indice principale dei prezzi al consumo – che esclude i costi alimentari ed energetici – è aumentato del 3,2% a luglio rispetto a un anno fa, ancora il ritmo più lento dall’inizio del 2021. mentre la misura mensile è aumentata dello 0,2%, una leggera ripresa rispetto al dato sorprendentemente basso di giugno. Inoltre, anche i dati dell’indice dei prezzi alla produzione sono aumentati meno del previsto. Questo è stato il motivo che ha innescato poi il rally di martedì scorso sugli indici in anticipo rispetto all’uscita del dato di mercoledì grazie ad un altro dato favorevole proveniente della crescita dei prezzi alla produzione, appunto.
I mercati alla ricerca di stabilità hanno avuto quindi ulteriori prove di un raffreddamento dell’inflazione; la lettura inferiore alle attese è stata dati alla mano accolta con favore dal mercato azionario che tenta ancora di riprendersi dal più grande pullback “arretramento” dell’anno. Effetti anche su oro e dollaro.
MERCATO AZIONARIO
Il rimbalzo dell’S&P 500 dai minimi recenti dimostra che i timori sulla crescita potrebbero essere stati esagerati. È vero che correzioni superiori al 5% sono salutari in un mercato rialzista in corso. Ma gli investitori hanno dimostrato una sensibilità alle tendenze dell’occupazione fuori misura. Nell’ultima settimana, l’indice S&P 500 ha registrato la sua migliore performance del 2024, chiudendo con un guadagno del 3,9%. Questo recupero significativo ha cancellato le perdite accumulate nelle settimane precedenti, grazie come si diceva poc’anzi a una serie di dati economici positivi, tra cui un’inflazione più contenuta del previsto, un aumento sorprendente delle vendite al dettaglio e una diminuzione delle richieste di sussidi di disoccupazione. Questi fattori hanno alimentato l’ottimismo degli investitori e rafforzato l’idea di un possibile “soft landing” per l’economia statunitense. Al momento, l’S&P 500 è in crescita del 16.45% dall’inizio dell’anno e si trova appena sotto il suo massimo storico raggiunto a metà luglio 2024. Nell’ultima settimana, anche il Nasdaq 100 ha registrato una forte crescita, chiudendo con un aumento del 5,4%. Questo risultato riflette il ritorno in primo piano dei titoli tecnologici, che hanno guidato il rally del mercato 2024. La performance del Nasdaq è stata alimentata come per l’S&P 500 da dati economici positivi, che hanno migliorato il sentiment degli investitori. Inoltre, diversi rapporti trimestrali di grandi aziende tecnologiche hanno superato le aspettative, contribuendo ulteriormente al rialzo dell’indice. Recuperano anche sulla scia di Wall Street l’Europa con l’indice Eurostoxx50 a + 3,3% e il Ftsemib a +4%. Il Vix corregge dopo l’impennata dei primi di agosto con un meno 26.90%.
Mercato Obbligazionario
Dopo il dato sull’inflazione di mercoledì un taglio dei tassi il prossimo mese è attualmente considerato una certezza. Le voci su un taglio intra-riunione, prevalenti la scorsa settimana, si sono alleggerite, ma un allentamento a settembre è ancora valutato come un sicuro, con addirittura un grosso taglio di 50 punti base visto come una possibilità 50/50. Il riflesso si è avuto sui rendimenti dei titoli di stato americani in settimana; i rendimenti dei Treasury americani hanno mostrato un leggero calo. Il rendimento del Treasury a 10 anni è sceso di 6 punti base, chiudendo la settimana al 3,89%, mentre il rendimento del Treasury a 2 anni è diminuito al 4,06%. Questo calo nei rendimenti riflette appunto una diminuzione delle aspettative di ulteriori rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, alimentata da dati economici che suggeriscono un rallentamento dell’inflazione e una possibile stabilizzazione dell’economia. Nell’ultima settimana, invece i rendimenti del Bund tedesco a 10 anni e del BTP italiano a 10 anni hanno mostrato movimenti contrastanti. Il rendimento del Bund tedesco a 10 anni si è mantenuto relativamente stabile, con un leggero aumento, chiudendo intorno al 2,25%. Dall’altro lato, il rendimento del BTP italiano a 10 anni è sceso, chiudendo la settimana intorno al 3.65%. Questo calo è stato influenzato da un miglioramento della percezione del rischio associato al debito italiano, con una conseguente riduzione dello spread tra BTP e Bund, che si è attestato intorno ai 140 punti base. La diminuzione dello spread indica una maggiore fiducia degli investitori nella stabilità economica dell’Italia rispetto alla Germania.
Mercato delle Materie Prime
La scorsa settimana, il mercato dell’oro ha visto un notevole rialzo, con il prezzo del metallo prezioso che è aumentato di circa il 3%. Questo incremento è stato alimentato da una combinazione di fattori economici e geopolitici che hanno spinto gli investitori a cercare rifugio nell’oro. In particolare, i dati economici che hanno mostrato segnali di rallentamento dell’inflazione negli Stati Uniti e le aspettative di una possibile pausa nei rialzi dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve hanno contribuito a rafforzare l’appeal dell’oro. Inoltre, le tensioni geopolitiche e l’incertezza globale hanno ulteriormente aumentato la domanda di oro come bene rifugio. Il prezzo dell’oro è salito a livelli superiori ai 2.460 dollari l’oncia, segnando una delle migliori settimane per il metallo prezioso nel 2024. La scorsa settimana, il mercato del petrolio ha registrato un calo nei prezzi. Il West Texas Intermediate (WTI), che è il benchmark per il petrolio statunitense, è sceso dell’2.06%, chiudendo intorno ai 75 dollari al barile. Questo calo è stato in parte dovuto a preoccupazioni riguardanti la domanda globale di petrolio, soprattutto in un contesto di dati economici misti provenienti da diverse parti del mondo, tra cui la Cina e l’Europa. Inoltre, la stabilità dei mercati e l’attenuarsi delle preoccupazioni legate all’offerta hanno contribuito a questo ribasso nei prezzi.
Mercato delle valute e Crypto
Il Dollar Index (DXY) è effettivamente sceso dello 0,71% durante la settimana. Questa diminuzione riflette un indebolimento del dollaro statunitense rispetto a un paniere di sei valute principali, dovuto in parte a un rinnovato ottimismo sull’economia globale e alle aspettative che la Federal Reserve possa adottare un approccio più moderato nei prossimi mesi. Così correttamente l’euro, in risposta ai dati economici globali si è rafforzato sul dollaro. Bitcoin che ha chiuso la settimana con una leggera perdita dello 0,48%. Questo calo riflette la volatilità continua nel mercato delle criptovalute, con Bitcoin che ha subito pressioni dovute a un mix di fattori, tra cui l’incertezza macroeconomica globale e le fluttuazioni del sentiment degli investitori verso gli asset digitali. Nonostante alcuni tentativi di recupero, Bitcoin non è riuscito a mantenere un trend rialzista stabile durante la settimana; i movimenti mostrano come il mercato delle criptovalute possa essere estremamente volatile e reattivo alle notizie economiche globali e alle politiche monetarie.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it