Nella Patria del Friuli – Palmanova, i bastioni dell’utopia (IL VIDEO)

DI PIERGIORGIO GRIZZO – L’utopia della città ideale aveva affascinato tutti gli intellettuali del Rinascimento, dai filosofi agli architetti. Doveva essere l’ambiente fisico in cui l’uomo trovava le condizioni perfette per esprimere i suoi talenti.

Se Urbino era una città in forma di palazzo, Ferrara la città a scacchiera, Palma doveva rappresentare l’ideale di città fortezza, un baluardo inespugnabile, una perfetta macchina da guerra.

Per difendere i confini orientali dalle scorribande dei turchi, i veneziani avevano consultato per decenni tutti i più grandi cervelli dell’epoca, compreso Leonardo da Vinci.

Nel 1593 la Serenissima inizia la costruzione di una grande città fortezza nella pianura tra i villaggi di Palmada, Ronchis e San Lorenzo, in una data simbolica, il 7 ottobre, giorno di Santa Giustina e anniversario della vittoria di Lepanto. Quest’opera visionaria, immane, costosissima nasce per essere un deterrente alle invasioni turchesche, che per un secolo hanno flagellato il Friuli. Ma soprattutto una spina nel fianco nei territori degli Asburgo. A guidare la squadra degli ingegneri è il nobile friulano Giulio Savorgnan, che ha già costruito la fortezza di Nicosìa nell’isola di Cipro. Il suo progetto si è rivelato un autentico fallimento, visto che la fortezza è stata facilmente conquistata e distrutta dai turchi, ma la Repubblica gli affida lo stesso la realizzazione della nuova opera. Evidentemente, allora come oggi, protezioni e referenze valgono più dei meriti.

Città degli enigmi e della cabala, Palma è costruita sul 3 e i suoi multipli. Ha la forma di una perfetta stella a 9 punte. 9 sono i bastioni, 3 le porte d’ingresso e le cerchie difensive. La piazza grande è un esagono, collegata da 6 strade radiali alla prima cerchia, che dista 300 passi veneti.

Tutto il complesso fortificato è ribassato rispetto al piano campagna per non dare riferimenti alle artiglierie nemiche. E’ praticamente invisibile fino a poche centinaia di metri, ma a quel punto anche gli assalitori sono esposti al tiro dei cannoni che sparano dalla città.

Chilometri di gallerie sotterranee uniscono le cinte, i bastioni e le casematte.

I soldati di stanza, secondo gli usi della Repubblica veneta, sono mercenari greci, albanesi, dalmati, schiavoni, tedeschi, francesi, fiamminghi. Una legione straniera che rendeva la città una autentica babele.

Palma prospera inoperosa ed inviolata per 200 anni, protetta dalla sua fama più che dai suoi cannoni. I turchi non si fanno più vivi e anche gli imperiali si tengono alla larga. Nella guerra di Gradisca del 1616 le truppe degli Asburgo non osano neppure avvicinarsi ai suoi bastioni.

Ma il tramonto della Repubblica di Venezia segna anche il declino della fortezza. Nel 1797 gli austriaci, che si stanno ritirando davanti a Napoleone, la prendono con l’inganno. Subito dopo sarà lo stesso Buonaparte ad impadronirsene. Il generale corso, che di guerre se ne intende, potenzia ancora la fortezza e la ribattezza Palma Nuova.

Nel 1848 in pieno Risorgimento i patrioti italiani cacciano la guarnigione austriaca e si asserragliano in città. Palmanova subisce così il suo primo vero assedio, che dura da fine aprile a fine giugno e si conclude con la resa italiana.

Evidentemente, i piani infallibili, le navi inaffondabili, le fortezze inespugnabili esistono solo nel mondo delle utopie.




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