Wall Street in recupero; Borse su prima del meeting della Fed

MERCATO AZIONARIO

Borse in netta ripresa dopo un paio di ottave caratterizzate da performance deboli e con gli indici in ritracciamento dai precedenti top. Il recupero è stato piuttosto rapido: l’indice S&P 500, dopo aver ‘testato’ la tenuta di area 4.500, è scattato al rialzo, coprendo gran parte della discesa dai massimi subita (in totale un 5% dai massimi a quota 4.740 punti). Particolarmente tonica la seduta degli indici americani di martedì, con progressi molto forti e con il sentimenti degli investitori migliorato in particolare dopo le rassicurazione sull’impatto della variante Omicron.

Lo ‘spauracchio’ delle borse delle ultime settimane era di ritrovarsi di fronte una situazione più grave rispetto alla variante Delta, costringendo l’attività economica a nuove chiusure e determinando altre problematiche nella gestione dell’equilibrio tra offerta e domanda globale. Un equilibrio che si lega a sua volta a doppio filo alle questioni legate all’inflazione e all’atteggiamento che la Federal Reserve (in riunione proprio nella prossima ottava) intende tenere nei prossimi trimestri in materia di politica monetaria.

C’è anche da dire che Wall Street, periodicamente, ha bisogno di due cose: scaricare situazioni di ipercomprato per forza di cosa legate alla scarsità di alternative di investimento e tenere allineate le quotazioni ai fondamentali. Anthony Fauci, capo consigliere medico del presidente USA ha escluso quindi una maggiore gravità della nuova variante, che risulta comunque particolarmente contagiosa, elemento che suggerisce una continua posizione di prudenza. In Europa (ma in realtà anche stessi Stati Uniti), infatti, i casi sono ancora in netto aumento, non si escludono misure di contenimento e si cerca di spingere al massimo sulle terze dosi del vaccino.

Borse quindi che assimilano il nuovo contesto e riportano le quotazioni più vicine ai top di metà novembre: l’S&P (+3,8%) torna sopra ai 4.700 punti mentre il Nasdaq 100 (+3,9%) chiude ben sopra i 16.000 punti. Da segnalare che verso fine ottave, le borse hanno consolidato sui livelli recuperati, in attesa di nuovi input, primo tra i quali la già citata riunione della Federal Reserve prevista tra qualche giorno. I mercati non hanno ceduto posizioni neppure dopo l’uscita del dato di inflazione (il più alto a 40 anni, al 6,8%), in linea con le attese e ritenuto un possibile picco congiunturale.

Accodate ai rialzi anche le borse europee, con segni più medi attorno al +3%, con i valori che si riavvicinano ai top di periodo. Nel complesso le borse sviluppate hanno chiuso l’ottava con un progresso del 3,2% mentre quelle emergenti si sono fermate, pur in un contesto generalmente positivo, ad un +1,2%. Tra i comparti tematici e settoriali, buon rimbalzo per tutti i segmenti alla tecnologia e lo stile growth globale più premiato rispetto al value (+3,9% vs +2,8%) o ai difensivi. Molto ‘mobile’ l’indicatore Vix (la volatilità sull’S&P 500): dopo lo spyke a quota 35 di inizio dicembre, è seguita una discesa verso valori più contenuti (sotto area 20), in accompagnamento ad una maggiore distensione dei mercati.

MERCATO DELLE MATERIE PRIME

Un ritrovato buonumore degli investitori ha portato ad un buon recupero del petrolio, tornato sopra i 70 Dollari al barile (con un corporso +8,2%) e a qualche segno più anche sulle materie prime industriali (zinco, rame). E’ stata comunque la componente energia ad essere favorita dagli investitori. Stabile l’oro, ancora sotto quota 1.800. Il saldo totale per l’asset class è di punto percentuale di progresso.

MERCATO OBBLIGAZIONARIO

Il 14 e 15 dicembre la Federal Reserve sarà impegnata nel suo ultimo meeting dell’anno: un 2021 vissuto in simbiosi con l’evoluzione della pandemia globale e con la gestione delle risorse necessarie per superare l’emergenza e riavviare in modo compiuto il motore economico degli USA.

Si arriva a questo meeting finale dell’anno, quindi, con da una parte la volontà, ben presente, della Fed, di restare coerenti con la comunicazione data al mercato di iniziare a normalizzare la propria politica monetaria e, dall’altra la necessità di mantenere un profilo equilibrato per non anticipare troppo i tempi o provocare letture disarmoniche da parte degli investitori. I quali, negli scorsi mesi, hanno digerito a giugno i primi annunci del tapering, poi l’inizio effettivo e, nelle ultime settimane, una posizione più aggressiva nella riduzione negli acquisti mensili dei titoli di stato.

Da vedere invece l’altro piano rilevante ossia quello relativo all’aumento dei tassi di interesse, su cui però Powell, presidente della Fed, è rimasto sempre abbastanza vago o comunque meno perentorio nel dare tempistiche certe. L’avanzata della variante Omicron resta certamente di valutazione per la banca centrale americana che però, contemporaneamente non deve perdere di vista le tensioni relative all’inflazione, ben presente, come visto nei dati usciti in settimana, in termini di beni e servizi ma ora segnalata anche nell’ambito dei salari.

In questo contesto la curva dei rendimenti americana continua il suo processo di ‘flattening’: il differenziale tra gli yield a 10y e 2y hanno ‘abbattuto’ recentemente il muro dei 100 bps, scendendo ora uno spread di soli 80 bps e confermando il percorso verso il basso. Il decennale americano continua a muoversi in un sostanziale movimento laterale (1,35% – 1,70%), con una risalita nell’ultima settimana (close a 1,48%) sempre in virtù di un atteggiamento degli operatori meno preoccupato dalla variante Omicron.

E’ però il tasso a due anni a mostrare le velleità rialziste più marcata, fissando un nuovo top in area 0,70% (dov’era in sostanza a marzo 2020). Segnali che il mercato prezza un paio di aumenti dei tassi nel 2022 e, guardando al resto della curva, altri due poi nel 2023. La pressione al rialzo sui tassi si è sentita poco invece sul Bund (rendimento del decennale sempre in area -0,35%) e più invece, come avviene da tempo, sui BTP pari scadenza, dove l’yield ha testato in settimana area 1%. Il tutto porta lo spread BTP-Bund in area 130 punti base, in una progressione che comincia probabilmente a prezzare anche l’incertezza politica italiana. Sui mercati, quindi, flessioni per il governativo (in particolare quello delle lunghe scadenze USA) e in parte anche nell’ambito corporate.

Il rimbalzo dell’equity invece ha fatto recuperare posizioni all’High Yield, con una maggiore predisposizione al rischio da parte degli investitori.

MERCATO DELLE VALUTE E BITCOIN

In ambito valutario, poco mosso il cross Euro Dollaro rimasto in area 1,12-1,13, in attesa di maggiore direzionalità e di notizie dal fronte delle banche centrali. Tra le altre valute, bei rimbalzi per le valute commodity-related, come Aud e Cad. Ancora debole la Lira turca. Il Bitcoin, dopo il flash crash dello scorso weekend, chiude l’ottava sotto area 50.000.

 

Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Indipendente, iscritto all’Albo delibera. 1081 del 18/04/2019. Info mail [email protected]

 

 

 

 

 

 




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