L’economia USA tira ancora; i dati sul mercato del lavoro spingono Wall Street, tassi in moderato calo

Intermarket

La settimana appena conclusa arride agli investitori che trovano soddisfazione sia sul lato azionario che su quello obbligazionario, con una convergenza che è stata totalmente assente nel 2022 e intermittente negli ultimi mesi. Alcuni driver sono di breve periodo mentre altri hanno un respiro più ampio, visto che l’ambito macroeconomico si mantiene indirizzato verso conferme della buona forma di cui gode ancora l’economia USA, elemento che riassume una visione non pessimistica sull’evoluzione del trittico crescita-occupazione-consumi. Così come avvenuto per le trimestrali del primo trimestre, anche nel contesto macro quando non si concretizzano i leciti timori sull’economia ed ecco che i mercati trovano sbocchi tecnici capaci di recuperare ancora parte di quanto perso nello scorso anno. Soprattutto quando nel breve sul lato tassi ci sono notizie  più distensive, rafforzate anche dall’atteso accordo trovato e approvato sull’innalzamento del tetto sul debito pubblico americano. Non che fosse il primo dei problemi da affrontare per i mercati, ma certamente un tema capace di creare incidenti particolarmente fastidiosi e imprevedibili nelle conseguenze.

In tale ottica, resta un solco ancora evidente tra la narrativa dei commentatori (o di sentiment generale) ed il comportamento in particolare delle borse, che, formalmente, possono annoverare ancora diversi motivi per essere prudenti, dopo il picco di negatività vissuto nell’ottobre scorso, poi quasi bissato come intensità a metà marzo con la crisi delle banche regionali americane. Queste problematiche assieme, soprattutto, a quelle degli effetti dei tassi sul tessuto economico, non sono scomparse ma posticipate secondo alcuni e attenuate secondo altri: questo comunque è sufficiente per tornare ad avere distensione dopo frangenti di tensione solo momentanea. Sul fronte obbligazionario, il calo dei rendimenti (ampio fino a giovedì) riflette il superamento della fase catartica dell’accordo sul debito e uno smorzamento (parziale) di immediati e più aspri propositi bellicosi in ambito tassi dalle banche centrali. Da qui i tentativi di rimbalzo del cambio Euro-Dollaro e, grazie al calo dei tassi reali, anche quello dell’oro, entrambi però soffocati dai dati macro di venerdì, quando le dinamiche di forza dell’economia USA hanno prevalso.

Contesto macro e fondamentali

Chiusa la stagione delle trimestrali del primo trimestre, le borse sono tornate a trovare spunti sui dati macro in uscita. In quest’ottica, la dualità dei valori osservati si conserva, visto che lato manifattura le cose, sia negli USA che in Europa, non sembrano andare troppo bene mentre il lato servizi si mantiene invece in buona salute. I dati relativi al mercato del lavoro hanno direzionato il sentiment verso una percezione più positiva, visto che i dati dei nuovi occupati (maggiori delle attese), dei nuovi assunti (maggiori delle attese) e dei sussidi di disoccupazione (leggermente sotto le attese) indicano come la variabile economica del lavoro non sia ancora forse pronta a inversioni repentine di tendenza, o almeno a livelli tali da impattare sui consumi. L’altra variabile chiave, ossia l’inflazione, ha visto valori in generale contrazione in Europa, ad eccezione dell’Italia, dove dinamiche interne spesso sono capaci di creare divergenze rispetto agli altri paesi. Il 6% di inflazione annua è ancora un livello piuttosto alto (l’Italia viaggia tra il 7,5%-8%) ma la tendenza rimane quella di una diminuzione, se pur con ritmi qualche volta incerti e asimmetrici nei diversi stati. Negli USA, l’incremento dei salari orari sotto le attese giustifica forse un momento di pausa da parte della Fed. L’economia, insomma, tiene e se l’inflazione se pur con moderazione, non è troppo arrembante, allora è uno scenario che ai mercati (soprattutto alle borse) piace.

Obbligazionario: banche centrali e tassi

La forte retorica indirizzata verso nuovi rialzi dei tassi di interesse si è un po’ smorzata negli ultimi giorni, dopo che molti diversi esponenti legati alla Fed avevano sottolineato la necessità di intervenire ancora sul costo del denaro. Quasi a sorpresa, visto che ormai gli investitori hanno fatto il callo alla durezza dei banchieri centrali, sono arrivate a previsioni più distensive verso la riunione di metà giugno, dove si prezza un 30% di intervento restrittivo, in calo rispetto ad una settimana fa. Anche se l’intervento appare solo spostato in avanti (luglio, 82%), elemento che conferma la posizione di interventismo moderato in cui la Fed si è adagiata. L’allineamento Fed-mercati è ora comunque quasi incorporato, visto che per fine anno neanche un taglio dei tassi è ritenuto certo al 100%. Per l’Europa, invece, il consensus di altri due aumenti è ancora confermato, nonostante i dati di inflazione in contrazione visti in settimana. Anche nell’Eurozona si è fatta comunque sentire qualche voce (Panetta) più conciliante.

Le dichiarazioni di alcuni membri del FOMC (Jefferson e Harker), concilianti per l’imminente riunione di giugno, hanno consentito un calo dei rendimenti, sia sulla parte a breve (2y al 4,50%dal 4,60%) sia su quella a lunga (10y al 3,70% dal 3,85%), con due conseguenze: il marginale calo dei tassi reali e la performance positiva di praticamente tutti i segmenti dell’obbligazionario, dai governativi al corporate (sia IG che high yield). Un po’ di recupero per gli investitori che rinforza i saldi da inizio anno dopo le recenti incertezze. Da dire che i guadagni dell’obbligazionario erano più sostanziosi fino alle 14.30 di venerdì, momento in cui sono usciti i dati sul mercato del lavoro americano (con l’aumento delle buste paga non agricole). Anche nella zona Euro la tensione sui tassi si è smorzata dopo i dati di inflazione, con buoni recuperi per BTP e Bund a lunga scadenza (tassi 10y al 4,1% e 2,3%)

Materie prime

In ambito materie prime, il paniere resta ancora un po’ apatico (-0,3%) perché a fronte di un mini recupero dell’oro (+0,1% a 1.948$) e dei metalli industriali è corrisposto un declino soprattutto dell’energy (petrolio -1,3% a 72$). Tra rimbalzi momentanei e preoccupazioni sulla crescita, quindi, il paniere si trova bloccato in un trend poco direzionale e debole ormai da molti mesi. Come per i bond, la risalita dei rendimenti ha tarpato le ali ai guadagni dell’oro, così come la ritrovata forza del Dollaro sul finale di settimana.

 

Valute e cryptos

I dati macro hanno infatti movimentato il cross Euro Dollaro che, prima ha tentato un movimento infrasettimanale a “V”, per poi afflosciarsi e chiudere in una zona di neutralità ma non troppo lontano dai minimi settimanali (1,07 vs 1,064). Tra le altre valute, in caduta libera post elezioni la Lira turca, con l’Euro debole verso GBP e Yen. Bene il Bitocoin in settimana con una chiusura sui 27.184 dollari vicino all’ostica resistenza dei 30.000 dollari con un +1,6%.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario indipendente, www.pazzagliapartners.it




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