MERCATI AZIONARI
Continua ad essere debole la fase di borsa attuale, con i mercati che dopo i top storici di inizio settembre, hanno poi iniziato a ricercare altri driver capaci di dare ulteriore spinta. Per i mercati americani, in realtà, si è trattato di un movimento anche moderatamente correttivo (il 7%-8% per l’S&P 500, il -12%-13% per il Nasdaq 100). Un ‘riposo’ per gli indici americani che è arrivato dopo la lunga corsa rialzista degli ultimi mesi, dove solo a inizio giugno si era verificata una pausa simile.
Sul breve l’indice americano S&P 500 ha tradotto sia l’incertezza degli operatori, sia le prese di beneficio, in una sorta di lateralizzazione tra 3.320 e 3.420 punti. Per il momento, poca capacità di trovare motivi per riavvicinarsi ai top ma anche effettiva mancanza di motivazioni che possano guidare un sell-off più consistente.
Le condizioni di politica monetaria restano infatti molto accomodanti da parte di tutte le banche centrali mondiali, elemento che pone gli investitori nella condizione, da un lato, di trovare scarse alternative di rendimento e, dall’altro, di accettare valutazioni di mercato significativamente più alte rispetto a quelle storiche.
Ciò vale in particolar modo per quel segmento di mercato, ossia i titoli tecnologici, veri vincitori del 2020 caratterizzato dalla pandemia da Covid. Un andamento che si è poi contraddistinto negli ultimi due mesi da veri e propri eccessi di euforia (talvolta enfatizzati da aspetti squisitamente tecnici come gli stock split) che, sul breve, stanno segnalando l’esigenza di rallentare la corsa, nonostante gli utili (attuali e prospettici) appaiano ancora solidi nella loro tendenza generale. Un trend che sovraperforma quello del resto del listino USA, più legato alle dinamiche dell’economia reale.
In settimana la Federal Reserve ha rilasciato le nuove stime sul PIL del 2020, migliorando il -6,5% di giugno ad un più contenuto -3,7%. In due mesi, quindi, il recupero si è fatto significativo, andando ad impattare anche in termini di tasso di disoccupazione (stima dal 9,6% al 7,6%). Questo miglioramento economico non toglie che tanto l’autorità di politica monetaria, tanto il governo non contemplino le possibilità di rafforzare quanto già fatto per contrastare il crollo legato ai lockdown. Il nervovismo di Wall Street nel breve è collegato anche ai negoziati al Congresso tra repubblicani e democratici.
Le tendenze economiche di recupero sono similari in Asia (specie in Cina) mentre sono ancora poco convincenti in Europa. Tornando ai mercati: l’indecisione presente sulle borse ha portato a chiusure contrastate e in genere negative, tanto sull’Europa, tanto sugli Stati Uniti. Migliore la performance degli emergenti, tra i quali spicca il buon risultato di Shanghai e in generale dell’area asiatica.
MATERIE PRIME
In ambito materie prime, tono positivo per tutti i segmenti dell’indice diversificato (unica eccezione le soft commodities). Maggiore brillantezza l’ha avuto il comparto energy, con il petrolio in progresso, dopo la riunione dell’Opec+, di oltre il 10% e in recupero dopo la debacle della scorsa settimana. Di poco positivo l’oro che mantiene la propria impostazione rialzista di medio termine.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Sul mercato obbligazionario gli operatori hanno guardato con estremo interesse a quanto rinveniente dal meeting periodico della Federal Reserve. Sono arrivate in realtà alcune conferme ma anche qualche spunto che ha finito per non convincere del tutto i mercati azionari e consolidare i livelli compressi dei tassi di interesse sul segmento governativo.
Dal punto di vista della politica monetaria, Powell, ha ribadito quando espresso nella sede di Jackson Hole: i tassi saranno lasciati vicino allo zero almeno fino a quanto il tasso di inflazione USA non salirà oltre il target del 2% per un periodo di tempo non specificato e quando le condizioni del mercato del lavoro non avranno raggiunto livelli vicini alla massima occupazione. Un 2% ora obiettivo medio (AIT, average inflation targeting) che non obbliga la Fed ad intervenire in caso di fiammate spot e temporanee. Secondo diversi analisti, si tratta di una sostanziale resa ai tassi bassi per i prossimi anni, almeno fino al 2023/2024 guardando anche alle posizioni dei singoli governatori del FOMC.
Parallelamente la Fed mostra al mercato come sia comunque difficile per una banca centrale riuscire a stimolare efficacemente l’economia, specie in un contesto come quello del 2020 con una pandemia in atto. Alcuni settori, infatti, rimangono molto deboli e vi è necessità, soprattutto in ambito fiscale, di un ulteriore stimolo da parte governativa (o del Congresso).
La Fed, insomma, non crea la domanda ma piuttosto crea le condizioni per una possibile ripresa, attraverso tutti gli strumenti possibili della politica monetaria convenzionale e non, disponendo, secondo le dichiarazioni di Powell, ancora ‘munizioni’ da utilizzare. Nella settimana della Fed i tassi USA (10Y) non si sono mossi molto, restando ancorati in area 0,65%-0,70%, senza trarre particolari spunti direzionali.
Parimenti restano molto sacrificati anche i tassi nella zona Euro: il Bund decennale si è riportato sui minimi dell’ultimo mese a quota -0,50%, riflettendo le modeste prospettive di crescita dell’Eurozona. I progressi hanno accumunato tanto la parte ‘core’ tanto i periferici, con il BTP italiano ai minimi di rendimento degli ultimi sei mesi. Da segnalare anche le conferme di QE per Bank of Japan e Bank of England, con i rumors che danno quest’ultima pronta a testare i tassi negativi.
La contrazione sui tassi free risk ha dato spinta anche al segmento corporate con lievi rialzi sia per l’ambito investment grade che high yield (per quest’ultimo solo quello zona Euro è ancora negativo ytd). Positivi anche i mercati emergenti (soprattutto per le esposizioni in local currency) che beneficiano del tono ultra accomodante della Fed, con minori preoccupazioni su quello che potrebbe essere in tema di sostenibilità del proprio debito.
MERCATO VALUTARIO
Per quanto riguarda il cross Euro-Dollaro, andamento invariato sul breve con i valori che si attestano ancora nello stretto range tra 1,18 e 1,20. Buoni i guadagni delle valute emergenti che si rafforzano in generale. Debolezza della Sterlina dopo la riunione della BoJ. In recuperi il Bitcoin che rimbalza da quota 10.000$.
Dott. Alessandro Pazzaglia
Pazzaglia & Partners Consulente Finanziario Indipendente