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mercoledì , 11 Dicembre 2024

Il Covid alla Casa Bianca; Calo finale a Wall Street, di nuovo giù il petrolio

MERCATI AZIONARI
L’ottava di borsa appena conclusa ha visto una prima parte della settimana con un andamento decisamente positivo per le borse americane con netti segni più sia per l’S&P 500, sia per il Nasdaq 100. Il buon tono dell’apertura di lunedì ha infatti dato continuità alla chiusura della precedente settimana, in cui l’indice guida S&P 500 aveva preso forza allontanandosi da area 3.200 punti.
Un movimento tecnico che ha cercato di ripristinare una tendenza positiva di breve termine, migliorando un saldo di settembre che in alcuni frangenti per l’S&P ha sfiorato il -11% (-14% invece per il Nasdaq). Il recupero delle borse USA si è alimentato certamente per l’attività dei ‘bargain hunters’, attratti da quella che si è rivelata come una delle poche finestre di storno nel movimento rialzista degli indici iniziato a metà marzo. L’attenzione degli investitori, in particolare, si è concentrata sul settore tech, quello maggiormente colpito dalla correzione di settembre e ancora dotato di una certa attrattività per gli investitori.
In secondo luogo, Wall Street auspica un accordo tra democratici e repubblicani per approvare un nuovo piano di aiuti per l’economia americana. In tal senso, pur non avendo ancora trovato un punto di equilibrio tra le proposte, tra le due parti politiche è emerso uno spirito un po’ più collaborativo. La problematica riguarda entità e composizione del piano da 2,2 miliardi proposto dai democratici (e approvato dalla Camera) che, però, non è condiviso dai Repubblicani (che controllano il Senato e hanno ipotizzato aiuti per 1,5 miliardi). Una Wall Street fiduciosa che ha premiato in particolare i titoli della tecnologia ‘in senso allargato’ ma il clima è stato generalizzato, con l’unica eccezione dei titoli del settore energetico, penalizzato dalla discesa del prezzo del petrolio.
Il buon andamento degli indici è stato però interrotto bruscamente nella notte tra giovedì e venerdì, con i futures che, alla notizia della positività al Covid-19, da parte del presidente americano Donald Trump, hanno rapidamente svoltato al ribasso. Reazione emotiva o no, resta il fatto che è un elemento che aggiunge incertezza al contesto complessivo, soprattutto dall’angolatura relativa alle presidenziali USA. Su questo tema, il dibattito tra Trump e Biden non ha dato particolari indicazioni, se non di un confronto politico aspro e poco legato ai contenuti.
Con la chiusura in ribasso di venerdì, il saldo settimanale delle borse USA resta comunque positivo (S&P 500 +1,5%, Nasdaq+1%), al pari, anche se con tono minore di quelle europee (Dax +1,8%, FTSE Mib +2,0%). Tra gli emergenti paga pegno soprattutto il Brasile, per il legame al prezzo del petrolio, e gli indici cinesi (-2%).
MATERIE PRIME
In ambito commodities, nuovo scivolone del prezzo del petrolio, a conferma di un periodo ad alta volatilità. I prezzi scendono con forza sotto quota 40 Dollari (close a 37, -8%) e guidati dai timori di nuovi effetti negativi (calo domanda) legati alla Pandemia. In recupero l’oro (+2%) dopo le sedute poco brillanti della settimana scorsa, accompagnato dai rialzi anche degli altri metalli preziosi.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
In ambito reddito fisso, le variazioni più significative sono state per i comparti più legati all’equity, come quello High Yield, che hanno tratto vantaggio dal ritrovato tono positivo dei mercati azionari. Molto meno movimentato l’ambito governativo, sia lato US che zona Euro, anche se per quest’ultima il newsflow settimanale non è stato avaro di elementi da valutare.
E’ stata la presidente della Banca Centrale europea, Christine Lagarde, a delineare quello che potrebbe essere un nuovo indirizzo per l’autorità monetaria della zona Euro, con una sempre minore enfasi sul controllo dell’inflazione e un focus maggiormente incentrato su crescita e occupazione. In quest’ottica, appare quindi praticabile la scelta di alimentare ulteriormente la spinta monetaria a favore dell’economia, ignorando possibili impatti inflattivi anche oltre quel 2%considerato come target ideale.
In sostanza, si tratterebbe di replicare quanto già proposto da Powell per la FED nella sede di Jackson Hole e che farebbe cambiare la preferenza negli obiettivi della Banca Centrale europea, da sempre attenta a controllare il livello dei prezzi e solo in subordine proiettata a massimizzare il livello di occupazione. Probabile che, visto il peso ‘tedesco’ in seno all’Europa che non vi sia un ribaltamento che allinei la BCE alla Fed ma che, nel medio termine e in modo flessibile, il controllo dei prezzi possa essere accompagnato da altri obiettivi. Un margine di manovra, quindi, più elevato che non stizzisca troppo la componente tedesca la quale, tramite il presidente della Bundesbank Weidmann, ha già rilevato come l’uscita da un protocollo preciso potrebbe minare la stessa indipendenza della banca centrale.
In ogni caso, appare improbabile, tanto per la BCE, tanto per la FED, che vi siano problematiche legate all’inflazione a breve o medio termine mentre persiste l’assenza in Europa della componente di stimolo fiscale dei singoli stati. L’attuazione ‘ritardata’ del Recovery Fund, infatti, se mette una toppa al rischio sistemico, dall’altra parte ancora appare di incerta efficacia. Da qui, sul mercato, la sostanziale stasi dei tassi a lungo nella zona Euro, con il Bund decennale ancora persistentemente sotto quota -0,50%. Segni più invece per i titoli di stato della componente periferica dell’Euro zona: il debito italiano (nuovi minimi del BTP decennale a 0,79%) si conferma tra i principali beneficiari dell’effetto combinato tra PEPP e aspettative sul Recovery Fund.
Oltreoceano, i rendimenti del governativo americano non ha visto particolare variazioni (qualche basis point verso l’alto), con i valori rimasti in area 0,65-0,70. Detto già del buon piglio dell’high yield, variazioni modeste sull’investment grade e sul debito emergente.
MERCATO VALUTARIO
In ambito valutario, settimana mista per l’Euro che guadagna qualche posizione rispetto al Dollaro USA, rimbalzando leggermente (dopo il downtrend della scorsa ottava) e posizionandosi a quota 1,17.
L’Euro però si è deprezzato sia verso valute ‘safe’ come CHF e GBP, sia verso le divise nordiche. Poco direzionale il Bitcoin che rimane tra 10.000 e 11.000, in laterale nel breve termine.

Dott. Alessandro Pazzaglia

Consulente Finanziario Indipendente – www.pazzagliapartners.it

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