Industrie, aumenti di gas ed energia: occorrono azioni strutturali

PORDENONE – «Azioni congiunturali e strutturali per contrastare l’aumento dei prezzi del mercato energetico italiano che mettano in sicurezza, nel medio e lungo termine il nostro Paese proprio come avrebbe voluto Enrico Mattei»: così Aurelio Regina, delegato di Confindustria per l’Energia, che in serata è intervenuto all’incontro organizzato da Confindustria Alto Adriatico dal titolo Aumento dei prezzi e delle commodities: cause impatti e prospettive, cui ha partecipato anche Alessandro Fontana, direttore del Centro Studi di Confindustria e al quale si sono collegati oltre cinquecento imprenditori.

Una tempesta quasi perfetta, come l’ha definita il Presidente di Confindustria AA, Michelangelo Agrusti, «contro la quale stiamo intraprendendo da tempo delle azioni poiché tra i nostri imprenditori vi è il timore che il processo di crescita del nostro sistema economico, così vigorosamente manifestatosi al termine della precedente ondata di pandemia, possa in qualche modo subire un rallentamento se non addirittura un arresto».

Drammatici i numeri elencati proprio da Regina: «Nel 2019 il sistema industriale ha pagato in commodities poco più di 8 miliardi di euro; nel 2020 questo ammontare, per effetto della pandemia, è diminuito a 5,7 mld. Nel 2021, a parità di produzione, abbiamo previsto un ammontare del costo della bolletta di circa 21 mld di euro con una previsione stimata a 37 per il 2022. Questo significa – ha aggiunto – che sul sistema industriale sono stati scaricati circa 30 miliardi in più, l’equivalente di un’intera finanziaria. Una questione che andrebbe affrontata con minore superficialità, che richiederebbe un’attenzione che va ben oltre le semplici dichiarazioni: di condivisione e attenzione, volte a costruire una politica industriale strutturale e concertata. Quello dell’energia – ha detto ancora – è il tema centrale dell’industria italiana che va ben oltre la congiuntura e che diventerà strutturale, ci auguriamo non a questi livelli».

In ordine alle soluzioni, Regina ha spiegato che Confindustria ritiene «importante e centrale non solo il rinnovo del servizio di interrompibilità di sicurezza per i consumi di gas, ma anche l’aumento del corrispettivo fisso di remunerazione che potrebbe portare sollievo alle aziende che stanno pensando al fermare la produzione. Stiamo aspettando la pubblicazione del decreto relativo alla cosiddetta finalizzazione del provvedimento di agevolazione delle componenti parafiscali che dovrebbe essere approvato dopo circa un anno e mezzo di lavoro. Apporterà benefici per il sistema industriale per circa 800 milioni di euro e ci permetterà di chiudere un gap storico di competitività rispetto ad altri Paesi.

L’altro aspetto sul quale il stiamo lavorando dove, almeno a parole, il Governo ci sta seguendo, è l’aumento dello sfruttamento dei nostri giacimenti di gas. Producevamo 20 miliardi di metri cubi contro i 70 di consumo interno; a causa di politiche scellerate abbiamo ridotto questa capacità di estrazione a 4. Stiamo perciò chiedendo al Governo, senza nuove trivelle, senza nuovi investimenti, di utilizzare giacimenti già accertati per raddoppiare la produzione nazionale per arrivare a 7/8 miliardi di metri cubi, è tecnicamente fattibile, lo abbiamo concordato col maggior operatore italiano.

Un investimento stimato di circa 2 miliardi consentirebbe nel giro di 12/15 mesi di disporre di una programmazione di 4 miliardi di gas che potremmo stoccare a beneficio del mercato italiano a prezzi agevolati con contratti di lungo termine dando stabilità e sicurezza. E svincolandoci dalla fonte russa, dalla quale dipendiamo per quasi il 50%. Accanto a ciò è necessario attivare politiche di sicurezza strutturale degli approvvigionamenti. Il Tap – che importa circa 6 mld di metri cubi di gas – va in questo senso potenziato».

Regina ha detto anche che Confindustria sta operando per la modifica strutturale del sistema del gas europeo nell’ambito del procedimento di approvazione del pacchetto sull’idrogeno e sulla decarbonizzazione del gas, «sosteniamo una proposta per la definizione di un meccanismo di interventi sistemici – ha precisato – come nuova modalità da applicarsi agli scambi cross-border tra stati membri per la creazione di un vero mercato unico dell’energia.

Per quanto concerne l’energia elettrica, Regina ha spiegato che degli interventi del Governo posti in essere a oggi con lo stanziamento complessivo di circa 8 miliardi hanno beneficiato principalmente famiglie e microimprese, «il sistema delle PMI secondo le nostre stime è rimasto scoperto per il 70% circa. Un altro elemento sul quale abbiamo chiesto al governo di intervenire – ha aggiunto Regina – è l’incremento delle agevolazioni per i settori energivori con riferimento alle componenti parafiscali. Le linee guida della Commissione prevedono un contributo minimo del 15% ai sussidi della produzione; occorre quindi ipotizzare un intervento straordinario anche su questo aspetto che Confindustria ha richiesto per il 2022 (sulle componenti parafiscali della in bolletta elettrica connesse ai sussidi pagati alle fonti rinnovabili)».

Per il Direttore del Centro Studi di Confindustria, Alessandro Fontana, nel corso del 2022 parte dei rialzi temporanei (alimentari) dovrebbero rientrare e consentire un miglioramento dei margini nei settori utilizzatori. I più penalizzati sarebbero quelli che utilizzano commodity con rincari più persistenti; tutti – ha aggiunto – potrebbero giovarsi del forte rimbalzo in corso dell’economia italiana, che significa maggiore domanda e quindi qualche spazio in più per un ritocco al rialzo dei listini industriali, mirato a recuperare parte dell’erosione del mark-up subita nel 2021.

Anche laddove i rincari delle commodity saranno di breve termine – ha spiegato ancora Fontana – lo shock si andrà a sommare a fatturati e cash flow compressi nel 2020 a causa della crisi e ai conseguenti problemi affrontati dalle imprese sul fronte della liquidità generata internamente Infatti, l’assottigliarsi del mark-up per ogni unità di prodotto venduto, va a comprimere il cash flow generato dalle imprese anche nel 2021 aggravando una situazione già difficile».




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