PORDENONE – L’opinione di MAURO CAPOZZELLA (*)
Pordenone sarà la capitale italiana della Cultura 2027: la giuria si è espressa all’unanimità raccomandando al Ministro della Cultura Alessandro Giuli la città capoluogo provinciale del Friuli Occidentale che riceverà un milione di euro come contributo per attuare il programma culturale presentato nel dossier di candidatura. Secondo la giuria il dossier, ’Pordenone 2027.
Città che sorprende’, «propone un modello di valorizzazione culturale innovativo e inclusivo, capace di coniugare tradizione e contemporaneità. L’approccio strategico mira a rafforzare l’identità del territorio attraverso progetti che intrecciano patrimonio storico, arti visive, cinema e partecipazione attiva della comunità.
Particolarmente apprezzata è la capacità di attivare un processo di coinvolgimento diffuso che reinterpreta il legame tra memoria, territorio e creatività».Il progetto – continua – «si distingue per la volontà di rendere la cultura un motore di sviluppo sostenibile, con un programma articolato lungo l’intero anno, capace di attrarre un pubblico ampio e diversificato. La strategia di investimento è solida e coerente con gli obiettivi, con un impatto atteso significativo sul tessuto socio-economico».
Apprezzata, inoltre, «l’integrazione tra istituzioni culturali, sistema museale, universitario e realtà associative, che garantisce una rete solida e partecipativa. La particolare attenzione rivolta ai giovani, non solo come fruitori ma come protagonisti del processo creativo, conferma la visione dinamica e inclusiva del progetto. Il dossier soddisfa gli indicatori del bando, ponendosi come un modello di progettazione culturale innovativa e condivisa.
Il giudizio è eccellente». Parole e fatti ormai noti e che riempiono di orgoglio non solo chi vive e a Pordone ma in tutto il Friuli Venezia Giulia. Soprattutto per un motivo, qui molto sentito e condiviso: la tradizione manufatturiera-industriale-economica che si coniuga con la cultura. Un matrimonio ricco di significati che evidenzia ancora di più una volta ciò che significa cultura, ossia la capacità a 360 gradi di pensare, modificare, modellare, costruire il proprio essere in modo completo che nell’intelletto il suo punto di forza.
Intelletto che costruisce il mondo presente e, soprattutto, del futuro per il bene della collettività. Sapere e conoscere sono il pano quotidiano di noi, oggi, e di chi ci ha preceduto che è stato capace di lasciarci quello che è oggi Pordenone, in questo caso, e la nostra terra in generale.
Ma questa storia, il nostro passato che, grazie alla cultura, ossia al sapere e alla conoscenza, ci ha portato e che ci porterà non ha traccia concreta che si possa vedere e toccare con mano, raccontare. Ecco che allora, proprio a Pordenone, potrebbe nascere e prendere casa un Museo della Nostra Storia che racconti l’evolversi della economia regionale e pordenonese in particolare, partendo da ciò che l’uomo concretizzò lungo le rive del Noncello e territorio vicini. Per arrivare alla rivoluzione industriale delle fabbriche per la lavorazione dei bachi da seta, alla trasformazione post bellica fino alla grandi industrie – prime fra tutte la Zanussi, seconda fabbrica in Italia dopo la Fiat -, ai mobilifici, alle lotte sindacali e al passaggio della gente dalle campagne alle fabbriche, urbanistica e problemi del welfare, e a tutto quello che è manifattura per approdare alle nuove tecnologie, metodi di lavoro, e dare casa ad un rinnovato Polo Tecnologico, spazi per start-up, co-working. In una parola.
Un Museo interattivo – sulla scia di tanti in Italia e all’estero, tipo M9 a Mestre – che sia espressione concreta della nostra “cultura”, tempio del sapere dell’intelletto e della conoscenza. Un “ponte”, insomma, che concretizzi il progetto che ci ha fatto vincere. Sede ideale di tutto questo è senza dubbio la vecchia fabbrica Amman di Pordenone, il Cotonificio, esempio bellissimo di archeologia industriale nel cuore della città, oggi lasciato a un deprecabile abbandono.
Così come a Manchester i vecchi docks sono diventati luoghi di cultura e condivisione, Pordenone che è stata definita la “Manchester del Nord-Est” per via dello sviluppo dell’industria del cotone, della presenza di inglesi e dell’arrivo di macchine tessili da Manchester, darebbe un segno concreto a cosa anche si intende come cultura. Stato, Regione, Confindustria e Città dovrebbero impegnarsi per questo. Se non altro per chi ha percorso in passato questa strada che consente a noi, oggi, di essere la Capitale Italiana della Cultura 2027.
(*) ex consigliere regionale e attuale coordinatore provinciale M5S