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venerdì , 5 Dicembre 2025

Mercati globali tra tregue commerciali, inflazione e incertezze geopolitiche: il fragile equilibrio dell’economia mondiale

Le ultime settimane hanno offerto un mosaico di segnali contrastanti per i mercati finanziari globali, tra diplomazia commerciale, politica monetaria, tensioni geopolitiche e dati macroeconomici. Le principali piazze restano in attesa, mentre gli investitori cercano di decifrare la traiettoria dell’economia mondiale.

Commercio internazionale: tregua o nuova guerra?

Sul fronte commerciale, l’attenzione è puntata su Washington e Pechino. La possibile estensione della tregua tariffaria tra Stati Uniti e Cina, discussa durante i recenti colloqui a Stoccolma, ha suscitato un cauto ottimismo. Sebbene nessun accordo definitivo sia stato raggiunto, si profila all’orizzonte un nuovo vertice tra Trump e Xi Jinping entro l’autunno. Le due potenze hanno segnalato aperture: la Cina ha ripreso l’export di terre rare, gli USA hanno sbloccato forniture tecnologiche sensibili. Tuttavia, permangono divergenze su temi chiave come dazi su metalli e controlli strategici.

Anche l’accordo commerciale siglato tra Stati Uniti e Unione Europea è stato accolto con riserva. L’UE accetterà dazi del 15% sulle esportazioni verso gli USA, in cambio della riduzione quasi totale delle tariffe sui prodotti americani. La reazione dei mercati è stata tiepida: l’euro è sceso ai minimi da due mesi, mentre i timori per l’impatto sull’industria tedesca e per l’effettiva fattibilità degli impegni europei in materia energetica e di investimenti hanno sollevato dubbi sulla solidità dell’intesa.

Politica monetaria: Fed prudente, aspettative in fase di aggiustamento

La Federal Reserve si prepara a una delle riunioni più delicate dell’anno. Con il tasso di riferimento fermo al 4,25%-4,5% da dicembre, i mercati scrutano ogni segnale per capire se e quando inizieranno i tagli ai tassi. Le valutazioni azionarie elevate, i dati misti su occupazione e inflazione, e le incertezze legate alle politiche tariffarie suggeriscono che la Fed adotterà ancora una volta un approccio prudente. Un sondaggio tra investitori ha mostrato aspettative moderate, con la maggioranza che prevede due tagli nel 2025.

Azioni: volatilità e differenze settoriali

I mercati azionari si muovono in modo altalenante. L’MSCI World ha perso l’1,17%, lo S&P 500 lo 0,38%, mentre il Nasdaq 100 ha chiuso praticamente piatto (-0,01%). In Europa, l’Eurostoxx 50 ha ceduto lo 0,66%, ma il Ftse Mib ha sorprendentemente guadagnato lo 0,96%, sostenuto da titoli bancari e industriali.

Wall Street ha interrotto un rally di sei giorni: alcune trimestrali, come quelle di Visa o JetBlue, hanno superato le attese; altre, come Starbucks, PayPal o Whirlpool, hanno deluso. Le banche d’investimento raccomandano prudenza nel breve, ma mantengono fiducia sul medio termine, specie se i dati macro continueranno a sostenere la narrativa di una crescita moderata.

Obbligazioni: rendimenti stabili, ma le tensioni restano

Sul mercato obbligazionario, i rendimenti restano sostanzialmente stabili: il Treasury decennale USA è sceso lievemente (-0,2 punti base), il Bund tedesco è rimasto invariato, mentre il BTP italiano ha tenuto. Il clima generale resta di attesa, con gli investitori alla finestra in vista delle prossime mosse della Fed e della BCE.

Commodities: il petrolio corre, l’oro frena

Il petrolio è tornato sotto i riflettori, segnando un +4,72% nelle ultime settimane. Le dichiarazioni di Trump su possibili nuove sanzioni alla Russia e la crescente instabilità in Medio Oriente, dopo l’attacco israeliano all’Iran, hanno alimentato la corsa. Un’escalation reale, come il blocco dello Stretto di Hormuz o attacchi a infrastrutture energetiche, potrebbe spingere i prezzi oltre i 100 dollari al barile, con effetti destabilizzanti sull’inflazione e sulla crescita globale.

Al contrario, l’oro ha corretto del 2,31% nonostante resti su livelli elevati, segno che una parte degli investitori sta ribilanciando il portafoglio puntando su asset più rischiosi.

Valute: l’euro debole

Il cambio EUR/USD ha perso il 3,39%, toccando i minimi da due mesi. Il dollaro si è rafforzato sulla scia delle tensioni commerciali e dell’incertezza monetaria globale. Un euro debole riflette anche la percezione che l’economia dell’eurozona sia più vulnerabile agli shock esterni rispetto agli USA.

Consumi: segnale positivo dagli Stati Uniti

In questo contesto complesso, il dato sulla fiducia dei consumatori USA ha sorpreso positivamente. L’indice del Conference Board è salito a 97,2, con aspettative in miglioramento, nonostante le condizioni attuali restino incerte. I consumatori vedono ancora opportunità, ma sono più cauti nei piani di spesa. Il mercato del lavoro mostra segnali misti, ma ancora sufficientemente robusti da sostenere i consumi.

Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, www.pazzagliapartners.it

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