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mercoledì , 4 Dicembre 2024

Polizia scopre truffa canili. Sottratti all’adozione 400 cani

PORDENONE – Nelle giornate di lunedì 10 febbraio e di ieri martedì 11 personale della Squadra Mobile della Questura ha dato corso all’esecuzione del Decreto di Ispezione Locale presso la sede legale del “Canile di Villotta di Chions”, ubicata nel Comune di Valvasone-Arzene (PN), via Strigelle n. 18 e del reparto ricovero e custodia permanente dello stesso canile, sito nel Comune di Chions (PN), in località Villotta, via Villotta n. 24.

Indagata la 70enne B.A. di Arzene in ordine alle ipotesi delittuose di cui agli artt. 640 c. 2 n. 1 (Truffa ai danni dello Stato) e 314 (Peculato), 81 c. 2 (in concorso).

La complessa attività investigativa ha consentito di riscontrare una serie di comportamenti illeciti che hanno permesso al Canile di Villotta di Chions di sfruttare gli animali d’affezione per garantirsi continuativamente per un lungo periodo introiti illeciti in danno dei 58 Comuni convenzionati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto (48 in provincia di Pordenone e 10 in provincia di Udine e Venezia), in forza della vigente Legge Regionale in materia di affido, emergendo chiari e precisi elementi indizianti in merito alla consumazione di truffe sistematiche ai danni dei citati Enti Locali, concernenti le spese per il mantenimento degli animali in canile.

I successivi approfondimenti investigativi hanno evidenziato come gli animali venissero ricoverati senza l’attuazione delle procedure di riabilitazione previste e in più occasioni addirittura spostati dal Canile di Villotta di Chions, luogo deputato alla degenza e custodia degli stessi, all’abitazione privata della proprietaria della struttura, sottraendo in questo modo gli animali da ogni possibilità di adozione ed in piena violazione delle normative sanitarie regionali, fatti per i quali risulta tuttora pendente un provvedimento di diffida e ordine di sgombero esecutivo, emesso dalla competente Azienda Sanitaria, ad oggi non ottemperato.

Il modus operandi così delineato si estrinsecava in particolare nell’ostacolare e addirittura impedire artatamente l’adozione dei cani, permettendo all’ indagata, sfruttando l’elevatissimo numero di animali ricoverati, almeno 400 solamente negli ultimi due anni, di incamerare un ingente guadagno illecito quantificabile in svariate centinaia di migliaia di euro, peraltro in costante aumento tenendo conto delle assai costose spese veterinarie, necessarie all’acquisto di farmaci per l’accudimento degli animali, naturalmente fatturate ai Comuni vincolati dalla convenzione stipulata con la struttura.

I positivi riscontri sono stati compendiati in più informative inoltrate alla procedente A.G. determinando il P.M. presso la Procura della Repubblica di Pordenone titolare dell’indagine – dott.ssa Maria Grazia ZAINA – nell’ambito del p.p. 2972 R.G.N.R. mod. 21, ad emettere un Decreto di Ispezione Locale da effettuare presso la sede legale del “Canile di Villotta di Chions”, ubicata nel Comune di Valvasone-Arzene (PN), via Strigelle n. 18 e del reparto ricovero e custodia permanente dello stesso canile, sito nel Comune di Chions (PN), in località Villotta, via Villotta n. 24.

Durante le operazioni il personale operante, coadiuvato da 8 veterinari comportamentalisti presenti in qualità di CTU individuati tra Friuli Venezia Giulia e Veneto, ha ulteriormente riscontrato il quadro probatorio oggetto dei richiamati provvedimenti, potendo identificare oltre 400 animali presenti nei due siti oggetto di indagine, esemplari canini riconducibili, attraverso verifica del microchip, agli appalti stipulati con gli Enti Locali committenti, rinvenendo nei locali ispezionati centinaia di confezioni di medicinali veterinari scaduti, acquisendo altresì una ingente mole di documentazione amministrativa, fiscale e sanitaria che sarà oggetto di ulteriori approfondimenti in ordine ai titoli di reato per cui si procede.

In particolare gli investigatori hanno potuto disvelare le condotte delittuose dell’indagata, la quale, lungi dal favorire le procedure di adozione dei cani ricoverati in convenzione, isolava gli esemplari tra di loro in box singoli, perlopiù senza nemmeno farli “sgambare”, affinché non sviluppassero socialità e condizioni di sviluppo idonee alla loro futura adozione, per assicurarsi così il mantenimento della diaria fatturata ai Comuni affidatari; oppure, in alcuni casi collocava più esemplari di taglie diverse in aree comuni, lasciandoli di fatto allo stato selvatico, in condizioni di “branco”, per impedire che questi sviluppassero affezione per l’uomo.

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