Settimana volatile per i Mercati: saliscendi delle Borse, tassi in salita
MERCATO AZIONARIO
Settimana di volatilità per le borse in un’ottava dove si sono addensate notizie provenienti da diverse aree geografiche: da un lato il continente asiatico con l’affaire China Evergrande, dall’altra il newsflow legato alla riunione periodica della banca centrale americana. E’ stato soprattutto il primo tema a portare della volatilità sui mercati azionari, con l’indice S&P 500 che, dal top di quota 4.550, in circa tre settimane, ha stornato di circa il 5% (minimo a 4.306).
La sollecitazione dei supporti classifica quindi, per il momento, lo storno sulla falsariga di quanto avvenuto nei mesi scorsi, andando a correggere una parte di quanto realizzato con il recente andamento positivo. Dalla Cina le notizie arrivate via via sui mercati hanno effettivamente avuto un impatto che era già stato anticipato nelle chiusure deboli del venerdì precedente a Wall Street. Nella prima seduta della settimana, infatti, gli operatori si sono resi conto del rischio concreto di una implosione del colosso immobiliare Evergrande e dei suoi 300 miliardi di debiti da onorare.
Le flessioni del mercato azionario sono diventate più marcate soprattutto per i timori di riflessi ad effetto “domino”, con un disordinato dispiegarsi degli eventi (in Cina ma anche in Europa e negli USA). Pechino, da parte sua, ha fatto capire che non vi sarà un salvataggio totale della società in difficoltà, ma ha deciso comunque di intervenire, iniettando nel sistema ingenti tranche di liquidità. La sorte di Evergrande non è decisa: saltata la cedola su una esposizione di debito (offshore), vi sono altri 30 giorni per evitare l’ufficiale dichiarazione di default. Il comportamento di Pechino è coerente con quello degli ultimi mesi: far capire che il progetto di sviluppo capitalistico Made in China non prevede fonti di potenziali crisi finanziarie future, a costo di sacrificare la crescita di breve termine. Da rimarcare che Pechino cercherà di tutelare al massimo il retail (i compratori di case) ma con un atteggiamento invece molto più severo verso speculatori e investitori esteri.
Le altre dinamiche che hanno interessato i mercati sono invece di tipo più finanziario e guardano all’atteggiamento tanto atteso da parte della Federal Reserve. Il momentaneo smorzarsi degli scenari più negativi relativi alla Cina e le conclusioni della Fed che hanno delineato un atteggiamento ‘hawkish-ma-non-troppo’ hanno permesso un rimbalzo dai minimi settimanali, portando il saldo finale a marginali rialzi per i paesi sviluppati (MSCI World +0,24%). L’S&P 500 chiude l’ottava infatti con un progresso dello 0,5%, restando tutto sommato non troppo distante dai massimi assoluti. Simili gli andamenti per l’Europa (ma con un FTSE Mib più tonico grazie alla propria composizione settoriale) mentre i paesi emergenti hanno mostrato diverse facce: molto bene ancora l’India, positivo il Brasile grazie al petrolio, male invece gli indici cinesi che nel 2021 arrivano a toccare il -17%. Tra i settori, migliore impostazione per quelli value come l’energia, ma anche per i finanziari, sostenuti dal tono crescente dei tassi di interesse. Il Vix, dopo uno spyke a quasi quota 30, ritraccia su valori finali più contenuti.
MERCATO MATERIE PRIME
Settimana positiva per il paniere generale delle commodities (+1,5%): il contributo principale arriva ancora dal segmento energetico con i rialzi di petrolio Wti e Brent (+3% e +3,6%). Deboli i metalli preziosi, con l’oro (-0,2%) che riscende verso la parte bassa del range degli ultimi mesi (1.750) a causa dell’aumento dei tassi reali. Generalmente positivi i metalli industriali, con l’alluminio ancora ben intonato.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
In ambito obbligazionario, evento clou della settimana di borsa ovviamente la riunione periodica della Federal Reserve, dalla quale gli investitori si attendevano qualche dettaglio in più circa le prospettive della politica monetaria americana. La riunione è ‘caduta’ in un momento particolare delle borse, con le tensioni provenienti dalla Cina ma anche da qualche percezione più prudente sulle prospettive della crescita economica globale.
Forse per questo motivo o perché effettivamente manca un set di dati completo e coerente per giungere ad una decisione d’impatto significativo, il Presidente della Fed Powell ha forse deluso chi si aspettava un annuncio ‘netto’ in termini di date e numeri. La posizione del FOMC resta quella di prevedere, per il momento, uno stand by in merito al livello dei tassi di interesse (0%-0,25%), tuttavia è aumentato il numero degli esponenti che prevedono un rialzo del costo del denaro già l’anno prossimo (e nel complesso 6/7 volte entro la fine del 2024) . Gli interventi sui tassi comunque avverrà dopo il tapering, ossia dopo che la fase di sostegno offerta ai mercati post Covid, andrà in soffitta.
Su questo la banca centrale americana non è stata particolarmente chiara, mettendo, come sempre, la solita premessa “se si continueranno a fare progressi in modo ampio come atteso’’ ma poi non indicando un inizio preciso (‘’presto’’). Powell, però, poi ha detto che un processo di tapering ‘graduale’ avrebbe come possibile termine la metà del prossimo anno. La conclusione implicita, secondo la Fed, è che l’emergenza pandemica sarà superata e che l’economia potrà camminare con le proprie gambe. Su queste basi, la banca centrale americana mostra comunque una view positiva che poi viene tradotto sui mercati obbligazionari con un movimento verso l’alto dei tassi a medio lungo termine: il decennale tocca infatti i massimi dallo scorso luglio (top a 1,45%nella settimana), rompendo il trading range degli ultimi due mesi e rendendo la curva un po’ più ripida (116 punti base sul 10Y-2Y). L’impatto della variante Delta del Covid ha portato infine la Fed a tagliare le stime di crescita del PIL per il 2021 (+5,9% vs+7%) mentre in tema di inflazione la banca centrale americana si attende un livello del 3,7% (vs 3% precedente).
Anche nel Vecchio Continente vi è stato un medesimo aumento dei tassi di interesse, con il Bund tedesco in risalita, in termini di rendimento, fino a quota -0,20%/-0,25%, riassorbendo tutto il downside avvenuto da luglio. In forte aumento anche la resa del BTP decennale che arriva a sfiorare lo 0,80% e confermando anche in questo caso la pressione verso l’alto anche nel segmento del debito periferico zona Euro. A contribuire anche i valori macroeconomici relativi alla zona Euro, con i buoni dati nel secondo trimestre e una altrettanto confortante progressione nel terzo. Per quanto riguarda le dinamiche degli altri segmenti obbligazionari, l’aumento del free risk ha penalizzato le esposizioni di tipo investment grade mentre l’high yield ha limato i guadagni delle scorse settimane. Deboli anche debito dei paesi emergenti e governativi legati all’inflazione.
MERCATO DELLE VALUTE
In ambito forex, il cambio Euro Dollaro ha chiuso la settimana a 1,17, ma con alti e bassi a cavallo di questa quota. Non così significativo, quindi, l’impatto da parte del meeting Fed. Il Dollaro USA resta comunque forte nei confronti dell’Euro grazie agli step che la FED si propone di attuare nei prossimi mesi. Deboli Bitcoin ed Ethereum (quasi -10% per entrambe), dopo la notizia degli drastici interventi sulle autorità cinesi su critpovalute e mining.
Dott. Alessandro Pazzaglia, Consulente Finanziario Autonomo, iscritto all’Albo dei consulenti indipendenti