PORDENONE – Partendo dal principio che non esistono immunità fiscali per i guadagni derivanti dalle condotte criminali, anche quando consistono nei proventi del racket della prostituzione, la Guardia di Finanza di Pordenone ha indagato sulle attività di due centri benessere gestiti da cittadini cinesi, sospettati di essere delle vere e proprie “case di appuntamento”.
I finanzieri hanno avuto ben chiaro, sin da subito, quali fossero le reali attività nascoste dietro le facciate apparentemente lecite dei due centri benessere, dato che sul web e su alcuni giornali locali di annunci comparivano le fotografie delle giovani donne orientali che vi lavoravano, riprese in vesti decisamente succinte e accompagnate da espliciti riferimenti sessuali, nonché i numeri telefonici per contattarle.
Investigando sui numeri telefonici delle inserzioni pubblicitarie, i finanzieri sono giunti non solo a individuare con precisione i due centri benessere, ma anche ad identificarne buona parte della clientela che, come quella fermata nel corso degli appostamenti effettuati nelle vicinanze degli stessi, ha confermato lo svolgimento delle attività di prostituzione e contribuito a identificarne i reali responsabili.
I due centri benessere, infatti, erano formalmente intestati a prestanome, anch’essi cinesi, che cambiavano in continuazione per aggirare eventuali controlli. Proprio al fine di eludere gli accertamenti sulla regolarità fiscale, i passaggi di gestione dei due centri benessere venivano formalizzati in ritardo continuando il gestore subentrante ad utilizzare, ad oltranza, la partita iva e i documenti fiscali del predecessore.
Dalle indagini dei finanzieri è emerso che l’attività di prostituzione era svolta da due o tre donne con turni della durata giornaliera di 16 ore, durante i quali le stesse mangiavano nei locali dove si prostituivano e dai quali si assentavano solamente per raggiungere gli attigui appartamenti dove riposavano, senza avere mai contatti con l’esterno.
Gli stessi finanzieri hanno anche accertato che l’attività di prostituzione, offerta in concomitanza o direttamente in sostituzione dei massaggi, aveva un costo oscillante tra i 50 e i 120 euro per prestazione. A prostituirsi erano giovani donne cinesi, di norma provenienti da “centri benessere” di altre città italiane, che apparivano e svanivano secondo turn over mensili/bimestrali.
Accanto alle “professioniste” del mestiere c’erano anche ex operaie che avendo perso il posto di lavoro erano state inghiottite dal mondo della prostituzione. Ultimate le indagini, i finanzieri hanno denunciato quattro cittadini cinesi, due donne e due uomini tra loro legati da vincoli di parentela, ritenuti i titolari effettivi dei due centri benessere, per i reati di sfruttamento della prostituzione e sequestrato, su disposizione del GIP di Pordenone per come richiesto della Procura della Repubblica, i locali ove tali attività venivano svolte.
Saranno anche quantificati e tassati gli ingenti profitti illeciti derivanti dall’attività di sfruttamento della prostituzione ricorrendo, se del caso, al sequestro dei patrimoni dei responsabili.