La settimana appena conclusa ha offerto segnali misti, tra dati macroeconomici resilienti, tensioni geopolitiche e un mercato che sembra muoversi in equilibrio tra cautela e ottimismo.
Negli Stati Uniti il Pil del secondo trimestre è stato rivisto al rialzo, mostrando che l’economia continua a crescere più del previsto. Anche il mercato del lavoro conferma la sua solidità, con nuove richieste di sussidi di disoccupazione in calo. Non mancano però i campanelli d’allarme: la Fed resta attenta ai rischi di inflazione, e i dati PCE in uscita saranno cruciali per capire le prossime mosse sui tassi.
In Europa il quadro è sfaccettato. La Germania mostra segnali di ripresa nell’attività dei servizi, ma allo stesso tempo la fiducia delle imprese è calata più del previsto. In Francia, l’attività economica continua a contrarsi, mentre nell’insieme l’Eurozona ha registrato la crescita più forte degli ultimi 16 mesi. In Italia, l’Istat ha rivisto al ribasso il rapporto debito/Pil per il 2024, ma ha confermato le previsioni su crescita e deficit.
I mercati azionari hanno reagito senza scossoni. L’MSCI World è rimasto praticamente invariato (-0,05%), mentre l’S&P 500 (+0,09%) e il Nasdaq 100 (+0,20%) hanno consolidato i loro guadagni da inizio anno, che restano a doppia cifra. In Europa, l’Eurostoxx 50 è salito dello 0,14% e il Ftse Mib ha fatto meglio con +1,12% settimanale, portando il rialzo da inizio anno vicino al 29%. L’attenzione ora si sposta sulla stagione delle trimestrali, che dirà se il rally potrà continuare.
Sul fronte obbligazionario, i rendimenti si sono stabilizzati: Treasury decennale al 4,15%, Bund al 2,75% e BTP al 3,59%. I mercati scommettono che la Fed si avvicini a un ciclo di tagli dei tassi, anche se la pressione politica sull’istituto centrale, con la Casa Bianca che chiede un atteggiamento più accomodante, resta un fattore da monitorare.
La vera star della settimana è stata l’oro. Il metallo prezioso ha superato i 3.735 dollari l’oncia, segnando un balzo del 42% da inizio anno e il miglior mese dal 2020. La corsa all’oro è alimentata sia dalle aspettative di tagli ai tassi negli Stati Uniti, che rendono più attraenti gli asset non fruttiferi, sia dalla domanda di beni rifugio in un contesto geopolitico sempre più incerto. Anche la Cina ha dato impulso al rally, muovendosi per rafforzare il proprio ruolo nel mercato globale dei lingotti.
Il petrolio, al contrario, ha vissuto una settimana più prudente. Si è mantenuto intorno ai 65 dollari al barile (+2,3% settimanale), sostenuto dal calo delle scorte Usa ma frenato dalle incertezze legate ai nuovi possibili dazi e alle tensioni geopolitiche. Il rame invece è salito, sostenuto dalle preoccupazioni sull’offerta e dalla forte domanda cinese.
Sul mercato valutario, il dollaro resta forte, sostenuto dal discorso di Powell e da una Fed che non abbassa la guardia. L’euro è sceso a 1,17, penalizzato dalla divergenza delle politiche monetarie. Le valute asiatiche hanno chiuso la settimana con perdite pesanti, complici le attese per i dati sull’inflazione di Tokyo e il rafforzamento del biglietto verde.
Dott. Alessandro Pazzaglia, consulente finanziario autonomo, www.pazzagliapartners.it
