PADOVA – Il settore dell’agroindustria ha indicatori generalmente positivi e anche se la domanda interna segna una leggera ripresa, si confermano più performanti le imprese maggiormente strutturate e internazionalizzate.
Ad un fatturato e una previsione sugli ordini in crescita non si accompagna però un aumento occupazionale, che rimane tuttavia su livelli stabili.
Un fattore che incide sempre più sulla crescita delle imprese agroindustriali è l’innovazione, di processo o di prodotto.
Community Media Research (CMR) e Crédit Agricole FriulAdria hanno attivato il Monitor sull’industria agroalimentare del Veneto e Friuli Venezia Giulia con l’obiettivo di analizzare come il settore agroindustriale – le cui produzioni costituiscono uno degli assi portanti del Made in Italy -, nonostante la crisi, abbia continuato ad offrire performance positive. L’indagine si è svolta nel mese di luglio e sono state intervistate 557 imprese appartenenti ai comparti della lavorazione delle carni e del pesce, frutta-ortaggi, bevande, oli-grassi, lattiero-caseario, granaglie, prodotti da forno, alimenti animali e altri prodotti alimentari, con sede in Veneto e Friuli Venezia Giulia.
“Da anni, come Crédit Agricole FriulAdria, abbiamo individuato nel settore agroalimentare di Veneto e Friuli Venezia Giulia un asset strategico per la crescita dell’economia locale – ha dichiarato il direttore generale della banca Roberto Ghisellini – Per questo abbiamo sviluppato un modello di servizio specialistico, quasi ‘sartoriale’, per gli operatori della filiera. I numeri ci stanno dando ragione: degli oltre 400 milioni di nuovi finanziamenti erogati alle imprese nell’ultimo anno, più della metà sono stati assorbiti dal comparto agroalimentare, con un aumento del 31% in Veneto e del 23% in Friuli Venezia Giulia”.
INNOVAZIONE ED EVOLUZIONE ORGANIZZATIVA
Nell’ultimo triennio il 70,1% delle imprese agroindustriali ha realizzato una forma di innovazione, di processo o di prodotto: se poco più della metà (51,9%) ha investito su entrambi i versanti, accelerando quindi verso un rinnovamento a tutto tondo, quasi un terzo delle aziende (29,9%) è rimasta al palo, non realizzando alcun tipo di intervento.
Raggruppando l’insieme delle funzioni proposte per costruire i profili organizzativi, emerge che la maggioranza delle industrie agroalimentari ha una discreta organizzazione (56,7%), ma non sono marginali (43,3%) quelle che presentano una strutturazione sottodimensionata. Rispetto al 2013, nel complesso, poco meno di un terzo fra le interpellate (31,4%) ha messo in atto un ampliamento delle proprie funzioni, ma quasi un quinto di esse (il 18,9%) ha definitivamente eliminato le poche funzioni possedute o, se non le aveva, non se n’è dotato.
Il confronto con l’Indice di Performance (che considera gli andamenti del fatturato, dell’occupazione, delle vendite in Italia e di quelle all’estero) realizzato dalle imprese nel primo semestre 2016 rivela come l’essersi dotate di un’organizzazione strutturata abbia ripagato l’azienda: un IPER positivo coinvolge ben il 75,8% della platea imprenditoriale che si è dotata di un’organizzazione elevata e medio-alta, ma solo il 27,5% di quelle con prestazioni negative.
CONSUNTIVO PRIMO SEMESTRE 2016
Le imprese del comparto dell’industria agroalimentare continuano a dimostrare performance economiche generalmente positive, con dimensione d’impresa e apertura sui mercati esteri a costituire le due variabili che discriminano maggiormente il campione d’interesse. Rispetto ai dati precedenti disponibili (che risalgono allo stesso periodo del 2014), nei primi 6 mesi del 2016 il saldo di opinione del fatturato (ovvero la differenza fra le voci “aumento” e “diminuzione”, non una variazione percentuale) rimane positivo per il Veneto (+12,4), mentre migliora ma rimane leggermente negativo per le aziende del Friuli Venezia Giulia (-3,9).
L’occupazione presenta una sostanziale situazione di stabilità (74,7%), con un saldo fra aumenti e diminuzioni di personale che si attesta a +11,3. Mentre si registra una leggera contrazione per le aziende operanti esclusivamente sul mercato domestico (-1,9), il saldo è largamente positivo per le imprese internazionalizzate (+26,5 e +20,3 rispettivamente per le imprese con apertura flebile <20% e apertura sostenuta >20%).
Il costo delle materie prime è aumentato per il 43,0% delle imprese, ma sono in prevalenza le piccole imprese (fino a 9 addetti) ad aver ridotto la marginalità, mantenendo stabili i prezzi finali (70,9%). Il 73,5% degli imprenditori intervistati ritiene la liquidità aziendale normale, nonostante quasi un terzo delle piccole imprese (il 37,3%) ne denunci un’insufficienza.
Il 48,6% delle imprese venete e friulane interpellate operano esclusivamente in Italia, (con punte del 70,8% del lattiero-caseario e del 64,7% dei prodotti da forno), mentre sono particolarmente proiettate verso l’estero il 76,9% delle imprese con oltre 50 dipendenti, a riconferma che la dimensione dell’impresa incide fortemente sulla capacità di esposizione (con livelli di internazionalizzazione del 74,5% per il comparto bevande e del 66,7% per la lavorazione di frutta e ortaggi). Segna una leggera ripresa della domanda interna il saldo sul mercato nazionale che, rispetto al 2014, è leggermente positivo (+7,7), ma balza all’occhio la differenza dei saldi ottenuti dalle vendite all’estero, che risultano 3 o 4 volte superiori.
L’indicatore di performance IPER risulta positivo per poco meno di un terzo delle imprese (29,8%), con una particolare vivacità per il Veneto (+14,5) e segni di leggera vivacità per il Friuli Venezia Giulia (-2,4).
PREVISIONI SECONDO SEMESTRE 2016
Per il secondo semestre 2016, gli imprenditori interpellati complessivamente consegnano una previsione moderatamente positiva sulla chiusura dell’anno, nonostante un contesto ancora incerto. Il fatturato è previsto in crescita, più marcatamente in Veneto (+30,7) rispetto al Friuli Venezia Giulia (+11,6), mentre sui livelli occupazionali la previsione è più cauta, con un +7,6 e un -1,0 rispettivamente per le due regioni. Ha aspettative positive anche l’acquisizione di nuovi ordini, con il 28,2% delle imprese che prevedono un incremento (che aumenta in maniera direttamente proporzionale rispetto alla dimensione aziendale).
Elementi di interesse emergono dalla previsione sugli investimenti per la seconda metà dell’anno: il saldo si attesta a +21,7 e raggiunge il picco di +35,7 fra le imprese con oltre 50 addetti. I rispondenti veneti sono più propensi rispetto ai friulani a realizzare investimenti, con saldi rispettivamente a +24 e +12,2, ed esiste un connubio molto forte fra apertura ai mercati esteri e propensione a realizzare investimenti.
L’indicatore di fiducia IF, costruito sulle previsioni circa il fatturato, i livelli occupazionali, l’acquisizione di nuovi ordini, gli ordinativi dall’estero, gli investimenti, mette in luce come, rispetto allo stesso periodo del 2014, il clima per le imprese dell’industria agroalimentare abbia cambiato segno in senso positivo, con un saldo di opinione pari a +37,7 (+19 nel II semestre 2014), con il 46,3% delle imprese ottimiste e 45,1% stabili.