Indagato amministratore per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio

PORDENONE – La Guardia di Finanza di Venezia ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura di Pordenone nei confronti dell’amministratore unico di una società responsabile dei reati bancarotta fraudolenta e auto-riciclaggio.

Il provvedimento scaturisce dall’esito delle investigazioni condotte dai militari della Tenenza di Caorle, sotto la direzione della Procura pordenonese, in merito al fallimento di un’azienda edile del comune litoraneo.

Gli accertamenti dei finanzieri hanno permesso di verificare che il dissesto aziendale non era stato determinato dalla crisi economica ma dal comportamento tenuto dall’amministratore che, a più riprese, ha sottratto beni e risorse finanziarie dalla società.

Nonostante l’amministratore avesse consegnato al curatore fallimentare le scritture contabili solo un anno dopo la dichiarazione del fallimento, rendendo così oltremodo difficoltosa la ricostruzione dell’attivo patrimoniale, l’esame dei conti correnti bancari della società e personali dell’amministratore ha permesso di rilevare che, anche durante il periodo della procedura fallimentare, erano state concluse diverse operazioni di prelievo dalle casse aziendali – tra emissione di assegni, prelievi di cassa, bonifici bancari – per un importo complessivo di 186.000 euro, che avevano comportato, di fatto, la distrazione di somme di denaro che avrebbero dovuto essere destinate a soddisfare i creditori.

Ipotesi di autoriciclaggio sono altresì emerse in relazione ad altre condotte distrattive dal patrimonio della società poste in essere dall’amministratore.

La prima è relativa ai proventi delle pigioni derivanti dall’affitto di immobili intestati alla società che, anziché confluire nell’attivo patrimoniale, sono stati canalizzati sul conto corrente personale dell’amministratore con la causale “rimborsi”, in realtà non dovuti né giustificati.

La seconda riguarda, invece, un’auto di grossa cilindrata parimenti intestata alla ditta fallita, di cui è stata simulata la cessione a un’altra azienda riconducibile all’amministratore a un prezzo irrisorio, giustificato da una falsa dichiarazione di stato incidentale.




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