PORDENONE – La ricchezza e la varietà del programma della 36a edizione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone – che si chiuderanno definitivamente oggi con la replica al Teatro Comunale Giuseppe Verdi del film di Ernst Lubitsch Il principe studente accompagnato dall’orchestra – hanno confermato l’idea che il cinema muto abbia ancora molto da dire.
È la linea del direttore Jay Weissberg, per il secondo anno al timone del festival che, fin dall’inizio, ha inteso sviluppare e approfondire in questo senso la missione fondativa delle Giornate.
Sullo schermo del Verdi sono passate, accanto alle immagini dei divi più famosi e dei film immortali, opere meno conosciute se non addirittura finora ignorate e documenti importanti anche da un punto di vista storico.
Un esempio per tutti, il sorprendente Una campagna senza precedenti di Mikhail Kaufman, magistrale per il montaggio ma anche fondamentale per mettere in luce un lato ancora oscuro della giovane URSS.
Ed è stato anche un modo del tutto anticonvenzionale, assieme alle rassegne sui viaggiatori sovietici e ai due film americani sul “pericolo rosso”, di ricordare il centenario della Rivoluzione d’Ottobre. Il festival non si è tuttavia limitato a rievocare il passato ma, con la sezione sugli effetti della guerra (il riferimento è ovviamente alla prima guerra mondiale, un altro centenario) ha fornito ampi spunti per una riflessione più ampia anche pensando a quanto sta avvenendo oggi in tante parti del mondo.
Particolare apprezzamento ha avuto quest’anno la programmazione delle prime serate, testimoniata ogni giorno dal formarsi di lunghe file in attesa dell’apertura della sala. Probabilmente a questo successo ha contribuito il favorevolissimo riscontro avuto dal film d’apertura, The Crowd, La folla, di King Vidor, accompagnato dall’Orchestra San Marco di Pordenone diretta da Carl Davis, che ha entusiasmato tutti e che è stato il miglior lancio possibile per il festival, anticipato dalla preapertura di Sacile con The Wind di Victor Sjöström accompagnato dalla Zerorchestra con l’Accademia d’Archi Arrigoni dirette da Günter Buchwald.
Anche quest’anno la musica è stata valorizzata al massimo sia dagli artisti che sono di casa a Pordenone, sia da musicisti ospiti come la violinista klezmer newyorkese Alicia Svigals o l’Anton Baibakov Collective da Kiev.
Il bilancio dunque non può che essere estremamente positivo, anche guardando i numeri. Oltre un migliaio gli accreditati, come sempre provenienti da tutto il mondo, inglesi (145) e americani (129) in prevalenza fra gli stranieri (ma quelli che arrivano da più lontano sono i 5 australiani).
Consistenti sono state anche le presenze dal Giappone e dal Centro e Sud America, mentre fra gli europei primeggiano i tedeschi e i francesi, ma significativa è la partecipazione di scandinavi ed est europei, considerando il rilievo che le rispettive cinematografie hanno avuto nel programma.
Agli accreditati, di cui oltre 200 sono donor, cioè sostenitori speciali con una quota aggiuntiva, bisogna aggiungere il numero in crescita dei biglietti venduti. Il picco si è registrato con i sold out nelle serate di apertura e di chiusura ma anche lunedì sera con Louise Brooks, mercoledì con la Carmen di Pola Negri e venerdì con la Vampira Theda Bara.
Una delle maggiori soddisfazioni per gli organizzatori delle Giornate del Cinema Muto è vedere come cresca l’interesse dei giovani verso un cinema che, lungi dall’apparire antiquato e vecchio, si rivela anticipatore non solo di gusti e tendenze ma anche di soluzioni stilistiche e tecniche del cinema dei nostri giorni.
La presenza di tanti giovani alle proiezioni, ai banchetti dei volumi e dei DVD di FilmFair, alle masterclass e agli altri incontri come il Collegium, è indubbiamente una conferma della bontà dell’intuizione che 36 anni fa ha fatto nascere la manifestazione. In questo arco di tempo non pochi sono stati i giovani che, formatisi alla scuola delle Giornate, hanno trovato lavoro nel campo del restauro e delle cineteche. Il premio Haghefilm-Selznick School, quest’anno andato a Samuel B. Lane del New Mexico, e il premio FriulAdria Collegium sponsorizzato da Crédit Agricole FriulAdria, andato al tedesco Sebastian Köthe, hanno proprio lo scopo di valorizzare questi talenti.
E non dimentichiamo i giovanissimi degli istituti comprensivi “Centro Storico” e “P.P. Pasolini” di Pordenone che hanno vissuto il loro momento di gloria domenica 1 ottobre, quando “a colpi di note” hanno accompagnato la proiezione delle comiche mute che hanno scelto loro stessi e sui quali si sono esercitati durante l’anno scolastico.
Diventa sempre più prestigioso, per la sua lunga storia e per il valore dei premiati, anche il Premio Jean Mitry – a riceverlo quest’anno sono stati Richard Abel e John Libbey – quasi un Oscar alla carriera a studiosi che si sono distinti per il contributo dato alla conoscenza del cinema muto. Ancora una volta la gratitudine va alla Fondazione Friuli, che ha avuto l’intelligenza di voler sostenere economicamente questa iniziativa.
Se il rapporto di stretta collaborazione con tutte le cineteche italiane aderenti alla FIAF (Roma, Torino, Milano e Bologna) è un fatto più che consolidato, quest’anno ci sono stati anche delle aperture in altre direzioni: a Pordenone è venuta una delegazione lucana nella prospettiva di organizzare, in collaborazione con le Giornate, nell’ambito di Matera capitale della cultura europea 2019, un evento su Robert Vignola, un regista nato in un paese della Basilicata, emigrato negli USA, diventato poi un importante regista del muto e oggi pressochè dimenticato.
A conferma del rapporto di fiducia e rispetto per le Giornate di Pordenone, hanno contribuito alla realizzazione del programma, per un totale di 219 titoli presentati, oltre 40 istituzioni internazionali. Fra queste, la Library of Congress di Washington e il George Eastman Museum di Rochester, il MoMA di New York, il British Film Institute di Londra, la Cinemathèque française, l’ECPAD e la Lobster Films di Parigi, il Gosfilmofond di Mosca e il RGAKFD di Krasnogorsk il Národni filmový archiv di Praga, la Filmoteka Narodowa di Varsavia, l’Oleksandr Dovzhenko National Film Centre di Kiev, l’EYE Filmmuseum di Amsterdam, il National Film Center di Tokyo.
Ospiti speciali del festival sono stati il famoso fumettista Art Spiegelman e la moglie Françoise Mouly, art editor del New Yorker, arrivati in forma privata alle Giornate motivati da un’antica passione per il cinema muto.
Guardando già al 2018 – la 37a edizione si svolgerà dal 6 al 13 ottobre – il direttore Jay Weissberg anticipa alcune linee del programma futuro, che punterà ancora una volta sulla Scandinavia con la seconda parte della splendida rassegna “La sfida della Svezia” (ci sarà ancora un Carl Th. Dreyer, Prästänkan) e sul Giappone, da cui arriveranno altri quattro film del genere saundo-ban, i film girati muti ma distribuiti con una colonna sonora postsincronizzata.
Fra i protagonisti del 2018 anche due grandi registi: Mario Bonnard, con anche l’ultimo restauro del suo più importante lavoro realizzato in Germania, il film di montagna Der Kampf ums Matterhorn, e John Stahl, al centro di un progetto in collaborazione con il Cinema Ritrovato di Bologna, che a giugno presenterà la produzione sonora mentre a ottobre si vedranno a Pordenone i più rari film muti. Non mancherà il film Captain Salvation di John S. Robertson, con Lars Hanson, già pensato per il programma 2017 e rinviato di un anno.
Un patrimonio legato alle Giornate del Cinema Muto che resterà per sempre a disposizione della città è la donazione che il direttore emerito David Robinson, cittadino onorario di Pordenone, ha fatto alla Mediateca di Cinemazero, che arricchisce così il suo già nutrito patrimonio. Robinson ha donato oltre 1.200 volumi, diverse centinaia di riviste rarissime e autentici oggetti da collezione che ben figurerebbero anche in un museo.
Tra questi, il frutto delle visite in Unione Sovietica in compagnia di pionieri dell’avanguardia russa come Kozintsev, Leonid Trauberg, Sergei Yutkevich, che omaggiarono l’allora giovane studioso di dediche, presenti anche in altri volumi, spesso impreziositi da scritte e annotazioni personali. Di assoluto pregio è anche una delle più grandi collezioni di Film Kurier, la rivista illustrata che documenta tutta l’attività cinematografica in Germania e in Austria tra le due guerre mondiali e oltre.