Giornate cinema muto, l’urlo di Hitchcock con The lodger
PORDENONE – Un grande film e un grande maestro del cinema per chiudere, sabato 12 ottobre alle ore 20.30, al Teatro Verdi di Pordenone, la 38a edizione del Giornate del Cinema Muto. The Lodger – A Story of the London Fog del 1927, tratto dall’omonimo romanzo di Mrs. Belloc Lowndes, è il terzo film (il secondo tra quelli a noi pervenuti) di Alfred Hitchcock e certamente quello in cui già si manifestano stile e tematiche che saranno presenti in tutta l’opera del regista, di cui quest’anno ricorrere il centoventesimo anniversario della nascita.
L’immagine iniziale è il primo piano di una giovane donna che urla, un urlo ovviamente muto che per questo risulta essere come strozzato e trasmette ancora più terrore e inquietudine. I temi della violenza maschile, della sessualità contorta, della manipolazione dell’opinione pubblica, dell’uomo sbagliato, sono tutti presenti in The Lodger, che a Pordenone viene presentato nel restauro realizzato dal BFI in collaborazione con ITV Studios Global Entertainment e Park Circus Films.
Hitchcock nasce in una famiglia cattolica, i suoi genitori avevano un negozio di frutta e verdura a Londra e la sua educazione fu piuttosto severa.
Molti anni dopo, nella celebre intervista a François Truffaut, racconterà di essere stato mandato dal padre, quando aveva cinque o sei anni, al commissariato di polizia del quartiere con una lettera, e il poliziotto, dopo averla letta, lo mise in cella per cinque o dieci minuti commentando “ecco che cosa si fa ai bambini cattivi”, “ma io, concluse Hitchcock, non ho la mia minima idea di cosa avessi fatto.”
In famiglia fu comunque trasmessa al piccolo Alfred una grande passione per il teatro, il cinema e la lettura.
Inoltre dimostrò una predisposizione per il disegno che, dopo una serie di varie esperienze lavorative, lo aiuta anche a trovare un impiego come disegnatore di titoli e didascalie presso la Famous Players-Lasky Studios, una società anglo americana (la futura Paramount). La fortuna di Hitchcock avviene però con il passaggio alla Gainsborough Pictures di Michael Balcon, il più importante produttore britannico dagli anni Venti agli anni Cinquanta, che dimostrò subito di avere una grande fiducia in lui, assegnandogli diversi ruoli (aiuto regista, sceneggiatore, montatore) e mandandolo anche in Germania sui set de L’ultima risata di Murnau e de I Nibelunghi di Lang, dove Hitchcock assorbì la lezione del cinema espressionista che troviamo anche in The Lodger.
Altre figure importanti del cast del film sono lo sceneggiatore Eliot Stannard, che, da solo o con altri, collaborò con Hitchcock in tutto il periodo del muto, e soprattutto Alma Reville, l’aiuto regista che diventò la moglie di Hitchcock proprio durante la lavorazione di The Lodger.
Da ricordare anche il montatore Ivor Montagu, un intellettuale che ebbe un ruolo notevole nella diffusione della cultura cinematografica in Gran Bretagna. Montagu, di origine aristocratica, era anche un’attivista politico comunista (nel 1959 vinse il premio Lenin per la pace), un documentarista (nel 1936 vinse l’Oscar per il miglior cortometraggio novità) e un collaboratore di Eisenstein e Pudovkin.
Ben più importante per The Lodger è il contributo dell’altro Ivor, il protagonista Ivor Novello. Novello era l’attore britannico più popolare in quegli anni, utilizzato generalmente in ruoli che ne mettevano in risalto la classe, l’eleganza e il bell’aspetto. Merito di Hitchcock è stato anche quello di aver messo in risalto la capacità di Novello di dar vita ad un personaggio così diverso da quelli che finora lo avevano contraddistinto. The Lodger è il film di Hitchcock più legato ai suoi ricordi londinesi, che ritroverà molto più tardi, nel 1972, in Frenzy, il suo penultimo film.
La partitura di Neil Brand originariamente per dodici elementi, per la proiezione delle Giornate è stata allargata a comprendere altri strumenti.
A dirigerla è Ben Palmer alla testa dell’Orchestra San Marco di Pordenone. Palmer è stato assistente di grandi direttori quali Sir Roger Norrington e Bernard Haitink ed è oggi uno tra i migliori musicisti specializzati nell’accompagnamento di musiche da film.
Ultime proiezioni, alle 14, per il ciclo di William S. Hart con la proiezione di Keno Bates, Liar del 1915 e per lo slapstick europeo con focus su Charlie Rivel, il Chaplin spagnolo, e il famosissimo clown Grock.
L’ultima puntata della serie americana The Great Gamble viene proiettata la mattina alle 11 presso Cinemazero (perché il Teatro Verdi è impegnato a quell’ora per le prove musicali di The Lodger), preceduta, alle 9, da Variazioni di “The Blacksmith” di Buster Keaton e Mal St. Clair, un progetto di Francesco Ballo in collaborazione con Federico Frefel, e dall’ultimo titolo della sezione “Film sul cinema”, la commedia Ella Cinders (Cinema Star) del 1926, con Colleen Moore nei panni di una “Cenerentola” che ambisce a diventare attrice a Hollywood (ore 10).
La sorpresa di quest’anno è stato Reginald Denny un “comédien” elegante e raffinato, lontano da ogni grossolanità, simpatico, un grande comico che nella vita è stato anche molto altro (come viene ricordato nel libro Prince of Drones – Principe dei droni – presentato a Pordenone dalla nipote Kimberly Pucci).
Per questo speriamo che l’ultimo film della rassegna di quest’anno Skinner’s Dress Suit (La scalata ai dollari, 1926), alle 17.30 al Teatro Verdi, nel quale ci stupisce ancora una volta inventando un nuovo ballo, il savannah shuffle, non sia un addio, ma un arrivederci alla prossima edizione delle Giornate del Cinema Muto.
Il sipario sulle Giornate 2019 non si chiuderà comunque prima di domenica 13 ottobre. Alle 16.30 sarà riproposta, nell’ambito della stagione musicale del Teatro Verdi, la replica del film di apertura, The Kid (Il monello, 1921) di Charlie Chaplin. La proiezione sarà accompagnata dalla musica di Chaplin restaurata e adattata da Timothy Brock ed eseguita dal vivo dall’Orchestra San Marco di Pordenone diretta da Günter Buchwald.